Cina. Fisiologico rallentamento a maggio, Pechino taglia i tassi a sostegno della ripresa

139933026 16204839153441n(ASI) Nella giornata di giovedì, la banca centrale cinese (PBoC) ha ridotto di 10 punti base il tasso di interesse ad un anno della sua linea di credito a medio termine, ora al 2,65%: una mossa che ha consentito di aggiungere liquidità al sistema bancario, immettendo nel mercato circa 237 miliardi di yuan, pari a 30,43 miliardi di euro. La decisione fa seguito al taglio del tasso reverse repo a sette giorni e al taglio del tasso di prestito permanente, entrambi annunciati martedì scorso.

Come spiega Xinhua, sintetizzando il parere degli esperti, si tratta di un «chiaro segnale che le autorità stanno compiendo maggiori sforzi per consolidare l'aggiustamento anti-ciclico e sostenere le aspettative del mercato». Secondo Wang Qing, analista di Golden Credit Rating, la domanda di credito tornerà forte, a beneficio dei consumi e degli investimenti.  

Dopo la fine dell'emergenza sanitaria, decretata a novembre dello scorso anno, e la definitiva fuoriuscita, a partire dall'8 gennaio, dall'eccezionalità pandemica, l'economia cinese è tornata velocemente a correre nel primo quadrimestre dell'anno con cifre talmente elevate che maggio ha risentito di un fisiologico rallentamento dovuto all'effetto base nel confronto coi dati del 2022, inevitabilmente segnati dalle restrizioni pandemiche allora in vigore.

Pur nelle incertezze della congiuntura, accentuate dalle conseguenze della guerra russo-ucraina, in particolare per quanto riguarda le sorti del mercato UE, i dati mostrano che «l'economia cinese ha proseguito nella sua traiettoria ascendente, con una costante espansione dell'industria e dei servizi, un'occupazione stabile ed un commercio estero resiliente».

Malgrado i riflettori puntati in questi giorni dalla stampa generalista occidentale sul dato della disoccupazione giovanile (20,8%) ed un andamento al di sotto delle aspettative nel mese di maggio, i numeri relativi al mese scorso restano globalmente positivi: la produzione industriale è infatti cresciuta del 3,5% su base annua, le vendite al dettaglio dei beni di consumo del 12,7% e l'indice del settore dei servizi dell'11,7%, mentre il tasso di disoccupazione nelle aree urbane è rimasto stabile al 5,2%.

Stando a Meng Wei, portavoce della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme, una delle più importanti agenzie del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, «le fluttuazioni sono normali e temporanee». «Con le politiche di supporto che danno i loro frutti, la domanda di mercato si sta gradualmente riprendendo e la struttura dell'offerta sta migliorando, tutti fattori che possono imprimere slancio allo sviluppo economico della Cina», ha aggiunto Meng.

Naturalmente le sfide restano, come sottolinea Fu Linghui, portavoce del Dipartimento Nazionale di Statistica. Oltre all'effetto base, infatti, le fondamenta della ripresa economica non possono dirsi ancora solide. Servirebbero - secondo Fu - sforzi concertati per garantire l'attuazione di una politica efficace, restituire vigore alle imprese e stabilizzare la fiducia del mercato.

A questo proposito, martedì la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme ha diramato una circolare contenente ventidue compiti principali per ridurre i costi delle imprese quest'anno. L'idea rimane sempre quella di intervenire con un mix di strumenti, sia di politica monetaria che di politica fiscale, per rispondere alle esigenze delle aziende.

Il governo lavorerà dunque per: ridurre i costi del credito ed aumentare i prestiti alle micro e alle piccole imprese; garantire maggiori sgravi fiscali e minori oneri alle aziende attive nei settori dell'innovazione tecnologica o nelle catene industriali strategiche; ed esentare dal pagamento dell'IVA i piccoli contribuenti con fatturato mensile inferiore ai 100.000 yuan.

Tipologie provvedimenti già viste, in misure e modalità chiaramente diverse, anche prima della pandemia e durante. Strumenti che hanno già funzionato in passato e che presumibilmente continueranno a farlo. A ben vedere, insomma, non c'è da preoccuparsi eccessivamente. Tanto che mercoledì la Banca Mondiale, nel suo aggiornamento economico sulla Cina, ha confermato le sue stime per il 2023, ribadendo la concreta prospettiva di una crescita al 5,6%.

Dopo la pandemia, il 2023 dovrà rappresentare un primo importante passo per tornare a quella "nuova normalità" che aveva caratterizzato la leadership di Xi Jinping sin dai suoi primi anni, in una fase di passaggio storica dalla vecchia economia ad alta intensità di manodopera trainata dall'export, che fece del gigante asiatico la "fabbrica del mondo" tra gli anni Ottanta e Novanta, alla nuova economia ad alto contenuto tecnologico trainata dai consumi interni, che vede il Paese di mezzo incamminarsi verso gli obiettivi di modernizzazione complessiva fissati per il 2035.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

 
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