(ASI) Non c'è sosta per Xi Jinping. Dopo il rientro dall'Europa, dove la settimana scorsa aveva incontrato l'omologo francese Emmanuel Macron, la presidente uscente della Commissione UE Ursula von der Leyen, il leader serbo Aleksandar Vučić e il primo ministro ungherese Viktor Orbán, nella mattinata di ieri il capo di Stato cinese ha ricevuto Vladimir Putin a Pechino, nella riservatissima cornice dello Zhongnanhai, complesso di edifici governativi posizionato accanto alla Città Proibita.
Il vertice, già programmato da tempo, arriva in un momento decisivo per la Russia sul campo di battaglia ucraino, con l'avanzata delle forze armate di Mosca verso Karkhiv. Proprio la guerra si è inserita, giocoforza, tra gli argomenti di punta dell'agenda bilaterale. Xi ha colto l'occasione per ribadire la posizione ufficiale della Cina, finalizzata a promuovere una soluzione politica al conflitto senza prescindere da una lettura complessiva della situazione, che contempli cioè «sintomi» e «cause profonde» della crisi in corso.
Su questo aspetto, sin qui Pechino ha sempre messo in luce due interessi fondamentali da tenere in considerazione, ovvero quello ucraino per la difesa dell'integrità territoriale e quello russo per gli equilibri strategici regionali, fondati a loro volta su due principi basilari del diritto internazionale distinti ma inseparabili: la sovranità nazionale e l'indivisibilità della sicurezza.
Un combinato disposto, quest'ultimo, fissato anche all'interno dell'Iniziativa di Sicurezza Globale (GSI), presentata da Xi al Forum di Bo'ao dell'aprile 2022. La GSI - una delle tre iniziative globali lanciate dal presidente cinese negli ultimi tre anni insieme a quelle su sviluppo (GDI) e civiltà (GCI) - è stata menzionata dal leader del gigante asiatico durante il faccia a faccia con l'omologo russo, sottolineando come la soluzione sostanziale alla questione ucraina risieda nella promozione di una nuova architettura di sicurezza equilibrata, efficace e sostenibile.
Xi ha spiegato che la Cina, continuando a svolgere un ruolo costruttivo nella vicenda, è pronta a sostenere una conferenza internazionale di pace riconosciuta da entrambe le parti in conflitto, da svolgersi in un momento appropriato con eguale partecipazione e giusta discussione di tutte le opzioni. Putin, da parte sua, ha accolto con favore la posizione cinese dicendosi disponibile a mantenere una stretta linea di comunicazione con Pechino su questo versante. Un passo in avanti, considerando che la prima proposta cinese, presentata il 24 febbraio 2023, ad un anno dall'inizio delle ostilità, era stata apprezzata ma congelata da Mosca.
Il vertice bilaterale di ieri ha poi concentrato la sua attenzione sull'approfondimento di relazioni diplomatiche storiche, di cui in questo 2024 si celebrano i settantacinque anni, ricostruite e consolidate a partire dagli anni Novanta.
«Negli ultimi tre quarti di secolo, le relazioni sino-russe si sono rafforzate tra vento e pioggia, e hanno resistito alla prova di uno scenario internazionale in evoluzione», ha detto Xi al suo interlocutore, aggiungendo che «lo stabile sviluppo dei rapporti bilaterali non soltanto rientra tra gli interessi fondamentali dei due Paesi e dei due popoli ma contribuisce anche alla pace, alla stabilità e alla prosperità della regione e del mondo in generale».
Come spiegato dal presidente cinese, la lezione più importante appresa nella storia delle relazione tra Pechino e Mosca è che «i due grandi vicini devono sempre promuovere i Cinque Principi di Coesistenza Pacifica, rispettarsi su basi paritarie, mantenere fiducia reciproca, accogliere l'uno le preoccupazioni dell'altro e fornire sinceramente reciproca assistenza per lo sviluppo e il rilancio di entrambe le parti».
Sebbene non ci siano mai stati conflitti aperti su larga scala tra le due potenze, non sono mancati in passato i momenti di tensione, soprattutto negli anni più rigidi della Guerra Fredda. Tra la metà degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, infatti, lo scontro ideologico tra il Partito Comunista Cinese e il Partito Comunista Sovietico si tradusse ben presto in una serie di tensioni geopolitiche e schermaglie militari al confine, in particolare lungo il corso del Fiume Ussuri, che vide contrapposti i leader dei due Paesi a quel tempo, cioè Mao Zedong e Leoníd Bréžnev.
Dopo i tentativi di ricomposizione, invero non molto fruttuosi, degli anni Ottanta, la fine dell'URSS portò la Cina a riconsiderare una serie di fattori decisivi per la sua sicurezza nazionale attraverso il completamento del processo di normalizzazione dei confini avviato da Deng Xiaoping, cercando di recuperare lo spirito del Trattato di Nerčinsk del 1689. Con la creazione del Gruppo di Shanghai nel 1996, l'allora presidente Jiang Zemin intese stringere nuove relazioni diplomatiche e militari non solo con Mosca ma anche con le tre confinanti delle cinque neonate repubbliche indipendenti dell'Asia Centrale: Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan.
Nel giugno 2001, con Putin da poco salito al Cremlino, il Gruppo cambiò pelle accogliendo anche l'Uzbekistan ed evolvendosi nell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), una piattaforma multilaterale per il buon vicinato e la sicurezza in Asia Centrale che garantisse la stabilità e lo sviluppo regionali, messi seriamente a repentaglio dai «tre mali», come li definisce la convenzione, riesplosi dopo il crollo dell'URSS: estremismo, terrorismo e separatismo.
La SCO, che oggi coinvolge anche India, Pakistan ed Iran tra i membri a pieno titolo, 2 membri osservatori, 14 partner per il dialogo e 4 ospiti fissi (tra cui ONU e ASEAN), è ormai una realtà consolidata, non più limitata alla dimensione militare ma estesa ad ulteriori sfere di competenza: economia, commercio, energia, infrastrutture, tecnologia, turismo e cultura. Nel 2009, Cina e Russia diedero inoltre ufficialmente il via, assieme ad India e Brasile, anche al summit economico del BRIC, poi diventato BRICS a partire dal 2011 con l'ingresso del Sudafrica.
Pechino e Mosca, insomma, sono sempre più intrecciate tra loro. Come riporta Xinhua, nel 2023 l'interscambio commerciale tra Cina e Russia ha superato i 240 miliardi di dollari, quasi 2,7 volte in più rispetto a dieci anni prima. Malgrado le tensioni internazionali e le forti pressioni esercitate da Stati Uniti e Unione Europea, di fatto "cobelligeranti esterni" nel conflitto russo-ucraino tramite l'invio di armi a Kiev, Xi Jinping non devia di una virgola dalla linea di politica estera di sempre: dialogare con tutti ma senza subire diktat da nessuno.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia