(ASI) «Gli uomini coraggiosi per conquistare il bene che desiderano non temono di affrontare il pericolo; la gente intraprendente non rifiuta la fatica. Invece gli uomini deboli e pressoché storditi non sanno né sopportare il male, né ricercare il bene, limitandosi a desiderarlo.
In una sola cosa, non so come mai, sembra che la natura venga meno così che gli uomini non hanno la forza di desiderarla: si tratta della libertà, un bene così grande e dolce che una volta perduto vengono dietro tutti i mali, mentre tutti i beni che solitamente l'accompagnano, corrotti dalla servitù, non hanno più né gusto né sapore.»
Le immagini di Meloni ossequiente a Biden o alla Von der Leyen fino a sembrare ridicola, inducono spesso ad un fastidio epidermico perché vengono in mente le dichiarazioni che accompagnavano la romana nella sua ascesa. Aveva suscitato speranza l’accento che questa politica faceva all’interesse nazionale italiano, alla identità della nostra comunità e alla nostra specificità nell’ambito del concilio dei popoli.
Dopo anni di declino italiano, accompagnato da governi tecnici non scelti dal popolo, si sperava che il nuovo governo, eletto a grande maggioranza aprisse una nuova stagione ma così non è stato.
Ci sono, in misura sempre minore, i più “preparati” sostenitori della premier che, per addolcire la delusione o il mutamento di pensiero, descrivono questi atteggiamenti come un sottile tatticismo che non ne svela il pensiero reale e attendono, fideisticamente, la svolta, mentre continua la svendita del patrimonio economico nazionale e lentamente, passo a passo, le scelte di questo governo portano il paese verso una guerra possibile e contraria ai nostri interessi contro un potenziale amico, la Russia e i Brics, in ossequio ai reali saccheggiatori del nostro paese e ai distruttori della nostra identità che è alla base di quello che da sempre si chiama “Occidente”.
Per rispondere al perché di questa situazione non ci avventuriamo in questa sede a ciò che si potrebbe fare. Leader come Putin, Orban, Fico e Erdogan sono un esempio sufficiente di politiche attente all’interesse nazionale e al bene dei loro popoli.
Vogliamo andare invece alla radice della questione attraverso la rilettura del pensiero di Etienne De La Boétie, poeta e umanista francese (Sarlat, Dordogna, 1530 - Germignan, Bordeaux, 1563) attraverso un esame del suo noto scritto “Discours de la servitude volontaire ou le Contr'un”.
Il servilismo appare qui come un fenomeno antropologico di cui occorre chiedersi le ragione e i modi per uscirne singolarmente e come comunità.
Il poeta francese afferma: «va considerata una tremenda sventura essere soggetti ad un signore di cui non si può mai dire con certezza se sarà buono poiché è sempre in suo potere essere malvagio secondo il proprio arbitrio». Per ovviare a questa problematica l’occidente, ispirato dal cristianesimo e prima ancora dal diritto romano, ha sempre posto limiti a questo potere. Nel suo piccolo e pregevole trattato il francese non vuole dare risposte su come, tecnicamente, questo mettere limiti possa essere realizzato e con quali forme di governo. Il poeta affronta pertanto la questione di come sia possibile questa servitù. «E’ un fatto davvero sorprendente e nello stesso tempo comune, tanto che c'è più da dolersene che da meravigliarsene, vedere milioni e milioni di uomini asserviti come miserabili, messi a testa bassa sotto ad un giogo vergognoso non per costrizione di forza maggiore ma perché sembra siano affascinati e quasi stregati dal solo nome di uno di fronte al quale non dovrebbero né temerne la forza, dato che si tratta appunto di una persona sola, né amarne le qualità poiché si comporta verso di loro in modo del tutto inumano e selvaggio».
Afferma Boétie «Noi uomini siamo così deboli che sovente dobbiamo ubbidire alla forza; in questo caso è necessario prender tempo, non potendo sempre essere tra i più forti. Dunque se una nazione è costretta dalla forza delle armi a sottomettersi ad uno, come la città d'Atene ai trenta tiranni, non bisogna stupirsi della sua servitù ma compiangerla, o meglio ancora né stupirsi né lamentarsi ma sopportare la disgrazia con rassegnazione e prepararsi per un'occasione migliore nel futuro.» E’ inoltre ragionevole seguire e farsi governare da persone che abbiano a cuore il bene comune della comunità ma non è altrettanto ragionevole obbedire a chi persegua soltanto il proprio interesse, provocando la rovina della grande maggioranza delle persone della propria comunità. E’ quando accade oggi in Italia e nella nazioni europee.
Boétie critica la passività di moltitudine che soggiacciono a pochi che li tiranneggiano, mentre comprende la sconfitta di quelli che combattono per la loro libertà. Ma la sua analisi è più profonda. Afferma che il primo punto è non dare niente a dominatori ingiusti, piuttosto che chiedersi come fare a liberarsene. «Va aggiunto inoltre che non c'è bisogno di combattere questo tiranno, di toglierlo di mezzo; egli viene meno da solo, basta che il popolo non acconsenta più a servirlo. ». Per riavere la libertà il primo atto è la consapevolezza della propria dignità.
«Ma se per avere la libertà è sufficiente desiderarla con un semplice atto di volontà si troverà ancora al mondo un popolo che la ritenga troppo cara, potendola ottenere con un desiderio? Può esistere un popolo che non se la senta di riavere un bene che si dovrebbe riscattare a prezzo del proprio sangue, un bene la cui perdita rende insopportabile la vita e desiderabile la morte, almeno per chi ha un minimo di dignità? ».
In un altro brano si legge « Ma se per avere la libertà è sufficiente desiderarla con un semplice atto di volontà si troverà ancora al mondo un popolo che la ritenga troppo cara, potendola ottenere con un desiderio? Può esistere un popolo che non se la senta di riavere un bene che si dovrebbe riscattare a prezzo del proprio sangue, un bene la cui perdita rende insopportabile la vita e desiderabile la morte, almeno per chi ha un minimo di dignità? Come il fuoco che da una piccola scintilla si fa sempre più grande e più trova legna più ne brucia, ma si consuma da solo, anche senza gettarvi sopra dell'acqua, semplicemente non alimentandolo, così i tiranni più saccheggiano e più esigono, più distruggono e più ottengono mano libera, più li si serve e più diventano potenti, forti e disposti a distruggere tutto; ma se non si cede al loro volere, se non si presta loro obbedienza allora, senza alcuna lotta, senza colpo ferire, rimangono nudi e impotenti, ridotti a un niente proprio come un albero che non ricevendo più la linfa vitale dalle radici subito rinsecchisce e muore.»
Questa domanda se la deve fare in primo luogo chi ha l’officio di governare gli altri. Ci chiediamo perciò perché tanti politici di destra e di sinistra, non solo la Meloni, accettino di servire chi mina la loro dignità e quella di chi rappresenta. Un servizio che si perfezione con la narrazione e la difesa adulatrice del signore nei media. Termini come democrazia, libertà, atlantismo sono oggi le parole maschera della totale sottomissione che sentiamo ripetere all’infinito dalle nostre classi dirigenti, totalmente servili, anche per interesse personale.
Vincenzo Silvestrelli per Agenzia Stampa Italia
Fonte foto Tommy-Boy, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons