(ASI) Lasciata la confortevole saletta del bar dove l’aveva convocato Diego Fabbri, Marco Ferreri affrontò a testa bassa il lastricato di Via della Conciliazione, scivoloso per i postumi del violento nubifragio che la sera prima aveva flagellato Roma. Per quanto a malincuore, aveva dovuto lasciare a spron battuto il montaggio del suo nuovo film: quella era stata una chiamata ineludibile, perché Fabbri non era soltanto un commediografo di gran successo e lo sceneggiatore candidato agli Oscar del Generale della Rovere di Rossellini, era pure il suo sceneggiatore per L’ape regina, il film che appena due mesi prima aveva guadagnato il passaporto verso le sale di proiezione, sebbene al prezzo di massacranti imposizioni da parte della censura governativa.