Agnus Dei, 2016 recensione film

agnusdei(ASI) Nella Polonia del 1945, le monache di un monastero subiscono sevizie e violenze da parte dei soldati russi vittoriosi sui tedeschi. Una coltre di silenzio cala sulla comunità religiosa. Il dolore, la vergogna, l’immotivato senso di colpa, prendono il sopravvento.
Fino a quando le conseguenze della brutalità subita si manifestano senza concedere ulteriori rinvii. L’intervento di una dottoressa della Croce Rossa francese, dapprima riluttante, metterà le religiose di fronte a se stesse, fino alla scoperta del lato più oscuro dell’animo umano. Come reagisci quando sei vittima di un’ingiustizia? Con chi te la prendi quando ti viene inflitta una sofferenza che non meritavi? E quando le conseguenze di un gesto tremendo ti segnano tutta la vita e mettono a rischio le persone a te vicino o che ti sono state affidate?

Il film di Anne Fontaine indaga e descrive delicatamente, ma con sicura decisione, il dramma di una comunità sconvolta dal sopruso, barbaro e disumano. Le monache, violentate e brutalizzate per tre giorni di seguito, vivono nascoste per la vergogna di essere rimaste incinta dopo le violenze subite. Vivono il loro essere vittima come una colpa. Ed effettivamente, spesso, è così. Di fronte ad un male sproporzionato, si rimane talmente feriti, talmente umiliati, che ci si vergogna della propria debolezza. Ci si sente, immotivatamente, in colpa per aver attirato il carnefice, per non aver avuto la forza di opporsi al bruto. Si prova terrore al solo pensiero che qualcuno possa pensare che ci fosse anche solo un briciolo di consenso in ciò che ci è accaduto. È assurdo, irrazionale, eppure è così. Il nostro animo è così complesso, articolato, criptico e camaleontico che non distingue, senza un percorso specifico, il male che si compie, dal male che si soffre. I protagonisti del film s’illuminano a vicenda. La dottoressa francese, sceglie una strada professionale diversa da quella che avrebbe desiderato la sua famiglia e ne viene allontanata. Il dottor Lehmann, suo collega di lavoro, decide per una carriera assolutamente conforme ai desideri della sua casa, ma il nazismo cancella dalla faccia della terra la sua intera famiglia. La superiora del monastero, preoccupata della sorte delle sue sorelle, per paura che qualcuno possa intravedere il peccato nella sventurata sorte della comunità, si spinge a commetterne uno ancora peggiore, intriso di assoluta disumanità.

La sincera interazione tra le forze in gioco svelerà la realtà, disvelerà ciò che si nasconde nell’intimo, i buoni diventano cattivi e viceversa. È proprio vero, il Bene ha una sola possibilità per entrare nei nostri cuori, infilarsi tra gli spiragli lasciati aperti tra una paura e l’altra. Un classico slalom. E di neve, nel film, ce n’è davvero tanta.

Ilaria Delicati – Agenzia Stampa Italia

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