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Villa Olmo – Pinacoteca Civica  Como 24.03 – 14.07.2013. La città nella città: La città nuova, oltre Sant’Elia”1913, cento anni di visioni urbane 2013

(ASI)Dal 24 marzo al 14 luglio del 2013 Villa Olmo “romperà” con le sue esposizioni più recenti, cioè con quelle “grandi mostre” che sino alla scorsa estate vennero dedicate  a Rubens, Boldrini ed ai Brueghel. A causare questa netta frattura non è però una semplice  ricorrenza, ma un progetto espositivo triennale che guarda al 2015 e che si apre con “la Città Nuova oltre Sant’Elia, cento anni di visioni urbane 19132013”.

Il programma curato dal Professore della IUAV  Marco De Michelis  (coadiuvato da Esther da Costa Meyer, Antonello Negri, Antonio Costa, Anna Rosellini, Jean-Louis Cohen, Aya Lurie, Mark Wigley, Manuel Orazi, Simon Sadler, Roberto Gargiani, Gabriele Mastrigli, Peter Pakesch, Paola Nicolin, Joseph Grima,  cui contributi sono raccolti nel catalogo edito da Silvana Editoriale)   è già di per sé una celebrazione perché prende piede dal centenario per la Città Nuova di Antonio Sant’Elia (Como, 1888  - Mondragone, 1916), cioè di  quello spazio antropizzato cui il famoso architetto futurista destinò moltissime fatiche in prossimità della mostra di Nuove Tendenze del 1914. L’esibizione non può quindi che aprirsi coi molteplici ricordi e con le visioni dirette dei progetti per la Città Nuova, per degli ambienti modernissimi, lineari, luminosi e meccanici, per degli spazi adibiti a torri abitative,  a centrali energetiche ed ad aeroporti  che nel loro essere liberi  dalle  esornazioni e dagli storicismi del  Sommaruga e del Beltrami,  riescono ad essere tuttora attuali, anzi, ad essere più  interessanti dei progetti milanesi di Liebeskind , Hadid e Pelli per Citylife e Corso Garibaldi. Un ambiente -quello della Città Nuova - che non si può soltanto apprezzare nei disegni esposti a Villa Olmo, ma anche nelle chine presenti nelle prime tre sale del secondo piano della di Palazzo Volpi, la prima sede della mostra. A dire il vero, la pinacoteca civica di palazzo Volpi non sarebbe proprio la prima sede della mostra, visto che viene anticipata da un lunghissimo itinerario che guida il visitatore per le eminenze architettoniche della città con lo scopo di fargli capire quanto Sant’Elia vi possa essere   nelle architetture di Gianni Mantero e di Giuseppe Terragni e quanto invece manchi nel resto di Como, o d’una  qualsiasi altra città italiana che deve convivere col suo passato storico - architettonico ed artistico. Quella della  Città nuova, della città realizzata , o semplicemente pensata per l’uomo moderno , non fu soltanto un soggetto trattato dal Sant’Elia, ma anche da diversi artisti ed architetti contemporanei. Di questi e dei loro progetti se ne da conto nelle  ultime dieci sale di Villa Olmo dedicate alla esposizione. La Città nuova può quindi essere la metropoli rappresentata dall’Ungherese Lazlo Moholy Nagy nei suoi 5 minuti del film di fantascienza The shape of the things to come (1936)  dove macchina da presa, la fotografia in movimento,  riporta una realtà autoreferenziale fatta di ritmi, ombre, simmetrie e sovrapposizioni. La Città nuova può essere anche la Beata Solitudo, Sola beatitudo (1910) di Boccioni cioè quel ricovero contemplativo per l’uomo che fugge da quella caotica Milano che fece seguito all’ Expo del 1906. Città nuova è anche quella Metropolis (1927) di Fritz Lang  e del Kettelhut -proiettata per altro integralmente fra le 15 e le 17 in un’apposita sala della mostra- che con le loro torri di Babele , Moloch e macchine fanno da scenario alla contrastata storia d’amore fra il rampollo Freder e l’insegnante Maria. Queste città hanno ben poco a che vedere con le realtà cilindriste e meccaniche di Fernand Léger (The Scaffolding, first state, 1919) , o con quelle delle periferie desolate di Mario Sironi (Sintesi di paesaggio urbano, 1919), o dei Campi Elisi e dei boulevards parigini dipinti da un tardo impressionista come il Raffaelli (1902). Sono di sicuro contrastanti la Broadacre city di Frank Lyod Wright (1932) nella sua espansione e diffusione spaziale di diversi tipi abitativi e la metropoli del Plan Voisin di le Corbusier (1922) che individua nella torre per abitazioni il nucleo principale del progetto.  Yona Friedman (Città spaziale), Arata Izoaki (Grappoli nel cielo, 1962), Krutikow (Città volante , 1928) e  gli Archigram (Plug in city) fra il 1928 ed il 1968 nelle loro diverse analisi dello spazio passano dai quei più che concretizzabili progetti dei loro predecessori a delle vere e proprie visioni cioè  a delle “macchine- città” pensate per volare, per occupare il meno spazio possibile, per integrare architetture preesistenti, o mutare il proprio profilo in relazione a determinati ritmi. Più radicale e rispettoso del pianeta è   lo spazio disegnato dagli Archizoom fra il 1968 ed i primissimi anni  ‘70 dove il rapporto fra ambiente e architettura tende più a favore della prima entità che della seconda, cioè  d’ una città che si costruisce come un continuum “diagramma abitativo” dove il cielo e la terra entrano hanno un importanza maggiore rispetto alle ampie aperture ed alle strutture architravate di colossali dimensioni. Del tutto opposto e con risvolti assai ironici e beffardi è quell’ambiente che nei medesimi anni sviluppava il gruppo Superstudio col  suo Monumento continuo, cioè con un modulo abitativo “a reticolo” che si auto-genera ed espande accanto a delle famosissime architetture e spazi come la Quba della Mecca, il Taj Mahal, o l’isola di Manhattan. Ancora più fantastiche e senza limitazioni spaziali sono invece le ultime due “visioni di città”  proposte da De Michelis e dai suoi collaboratori, delle realtà che sono prettamente artistiche e che portano il visitatore a riflettere sulla casualità con cui si sviluppano gli agglomerati urbani, sulla globalizzazione e sui nuovi media. Cao Fei nella sua  RMB CITY: a seconda life city planning (2007) sviluppa e pianifica un’altra Cina nel mondo virtuale di Second life dove l’artista è fatto anche lui di bit e byte. La Pizza City di Chris Burden (1991 – 1997) è invece un ampio plastico che porta a riflettere sulla globalizzazione mondiale che grazie ai più recenti mezzi di trasporto e di comunicazione è più simile ad una  caotica  Las Vegas, o Disneyland dove a pochi centimetri di distanza  dal campanile di San Marco si possono trovare dei castelli francesi, o dei vulcani hawaiani. De Michelis ed i “suoi” con dei plastici, dei disegni o dei modellini (provenienti da innumerevoli collezioni pubbliche e private dall’Italia e dall’estero) chiedono un notevole sforzo intellettuale al visitatore, vogliono che  rifletta sui più recenti e contrastanti progetti di città, ma anche su quel fenomeno che interesserà a breve non solo Milano, ma tutta la Lombardia: L’Expo del 2015. Forse la Città nuova sarà quella “marco -  regione a livello europeo” di cui riferisce negli ultimi tempi il governatore lombardo Roberto Maroni,  o forse qualcosa di diverso? L’unico auspicio è che la Città nuova nella sua prossima espansione non perda di vista il proprio soggetto principale ed il proprio scopo: creare ed allestire uno spazio che è proprio dell’Uomo, d’un essere che ha delle proprie esigenze abitative, delle dimensioni, dei tempi ed una particolare “elasticità” lavorativa e mentale. Il rischio che si corre nel perdere di vista i principi dell’architettura, nel voler accorciare le distanze a tutti i costi, nel voler adoperare sempre di più dei programmi, degli automatismi e delle macchine è quello che si possano ripetere dei problemi come quelli occorsi alla rete  Trenord fra il 9 ed il 12  dicembre 2012. Allora fu un guasto sistematico a paralizzare gran parte delle stazioni e delle reti ferroviarie lombarde, facendo arrivare in ritardo migliaia di pendolari. E se ciò accadesse ad una Città nuova con le   dimensioni d’una  “macro regione

 

Victor Rafael Veronesi - Agenzia Stampa Italia

 


MOSTRA: LA CITTA’ NELLA CITTA’: “LA CITTA’ NUOVA, OLTRE SANT’ELIA”/1913 CENTO ANNI DI VISIONI URBANE 2013/ COMO/ 24.03 – 14.07.2013 /VILLA OLMO – PINACOTECA CIVICA/ per informazioni www.lacittànuova.it

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