Storia e sviluppo dei partiti politici in Africa

(ASI) Un partito politico è un'associazione di persone che aspirano alla medesima finalità, con l'obiettivo di conquistare pacificamente il potere e poi di amministrarlo nell'interesse di tutti.

Un partito politico deve cercare il sostegno popolare attraverso le elezioni od altre iniziative di natura politica (Charlot 1971: 22).                                                                                     In Africa, i primi partiti politici si sono creati durante la colonizzazione, soprattutto dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nelle colonie francesi, la costituzione dell'Unione francese aveva favorito nei territori colonizzati, la possibilità di creare movimenti o formazioni politiche per la conquista dei seggi nelle varie Assemblee Territoriali, ma anche degli életti locali all'Assemblea Francese (Seurin 1958: 123). In realtà, il decreto del 11 aprile 1946 aveva permesso la libertà di riunione in tutte le colonie francesi d'oltreoceano, mentre la libertà di associazione fu introdotta con il decreto del 16 aprile 1946. Fu in questo contesto che fu creato le Rassemblement democratique africain (RDA), da Felix Houphouet-Boigny al congresso di Bamako nel 1946, formazione politica che raggruppò una decina di partiti politici africani delle ex colonie francesi . Da sottolineare che i movimenti sindacali hanno contribuito molto alla formazione dei primi partiti africani. Questi movimenti sindacali furono le prime organizzazioni di contestazione al regime coloniale, e non fu un caso se i futuri leader africani acquisirono una formazione in queste strutture prima di entrare successivamente in politica. Solo per elencare alcuni di questi leader sindacali, possiamo citare in Costa D'avorio, Felix Houphouet Boigny (Grah, Houphouet: 579), in Guinea Conakry, Sekou Touré (Lewin 2011: 198), in Camerun, Um Nyobe (Diop 2006: 28).
Nelle colonie inglesi, l'origine delle prime formazioni politiche nascono da storie diverse. In Ghana, il Dr. Danquat creò nel 1947 United Gold Coast Convention (UGCC) il primo partito politico legale (Rouch 1956). La sua creazione fu motivata dal desiderio delle élite locali di richiedere più partecipazione delle popolazioni nel gioco democratico, come le prevedeva la nuova costituzione del paese del 1946; un'altra ragione alla creazione dell'UGCC fu motivata dal desiderio di combattere l'inflazione dei prezzi sui beni di importazione e voluta dall'Association of West Africa Merchants (AWAM), una compagnia commerciale europea. Poi successivamente nel 1949, NKrumah fondò il Convention Peeople's Party (C.P.P), il partito politico che ha condotto il Ghana all'indipendenza nel 1957.

Mentre alla Nigeria, la decolonizzazione provocò la crescita di un forte sentimento di nazionalismo (Coleman 1958) e la politica dell'indirect rulle introdotta nel paese dagli inglesi facilitò la formazione delle prime formazioni politiche del dopoguerra. Così i principali partiti furono: il Nigerian people's Congress (L'NPC), formazione politica vicino ai musulmani Hausa e molto radicata nella parte settentrionale del paese, poi L'NCNC (National Convention of Nigeria Citizens ), che fu insediata nella regione orientale e rappresentava gli interessi degli Igbo e dai cristiani, infine l'AG (Action Group, più vicino al popolo Yoruba e più stabilita all'Ovest del paese (Perouse de Montclos 2003). In Sudafrica, fu fondato l'8 gennaio 1912, l'African National Congress (ANC), il partito politico che ebbe come principale scopo, la difesa dei diritti della maggioranza della popolazione nera nel paese contro l'Apartheid, che fu un'ideologia politica di segregazione razziale contro i neri. L'Apartheid fu istituita ufficialmente in Sudafrica nel 1948 dal Partito Nazionale. Questo partito politico razzista fu fondato da un gruppo di nazionalisti afrikaner[2] a Bloemfontein nel 1914. La politica dell'Apartheid venne abolita il 30 giugno 1991, dopo la liberazione di Nelson Mandela[3] l'11 febbraio 1990, dopo ben 27 anni di reclusione. Nello Zimbabwe, fu ugualmente istaurata nel 1964 dal partito politico: Fronte Rhodesiano (RF), una politica d'Apartheid simile a quella esistente in Sudafrica. Il Fronte Rhodesiano fu fondato nel 1962 e i suoi affiliati erano soli bianchi. Il partito rimase alla guida del paese dal 1964 al 1979. Per combattere questa politica razzista in Zimbabwe, i neri crearono due principali formazioni politiche a forte connotazione etnica: l'Unione Nazionale Africana Zimbabwe (ZANU), fondata nel 1963 da Robert Mugabe e dominata dei membri dell'etnia Shona [4] e l'Unione Popolare Africana dello Zimbabwe (ZAPU), fondata da Joshua Nkomo nel 1961 e dominata a sua volta dei membri dell'etnia Ndebele [5] . Fu cosi che alla fine degli anni sessanta, iniziò una sanguinosa guerra civile tra bianchi e neri, guerra che portò alla fine de l'Apartheid nel paese con l'indipendenza dello Zimbabwe il 18 aprile 1980. In Namibia, ex colonia tedesca dal 1884 al 1919, si assisti ugualmente a una politica razziale dopo l'occupazione sudafricana. Infatti, il territorio fu assegnato all'Inghilterra dalla Società delle Nazioni (SDN), dopo la sconfitta delle truppe tedesche alla fine della prima guerra mondiale. L'Inghilterra a sua volta, passò il mandato al Sudafrica. Per combattere la politica segregazionista istaurata nel paese dal Sudafrica, venne creato da Sam Nujoma, il 19 aprile 1960 a New York, l'Organizzazione del Popolo dell'Africa del Sud-Ovest (SWAPO) e costituita in maggioranza dai militanti dell'etnia Ovambo[6]. Nel 1966 la SWAPO di ispirazione marxista leninista, iniziò la guerra di liberazione contro le truppe sudafricane. Fu solo nel 1988, che il Sudafrica cedette al piano di pace delle Nazioni Unite e che portò successivamente all'indipendenza della Namibia il 21 marzo 1990 e Sam Nujoma leader e fondatore della SWAPO divenne il primo Presidente della Repubblica.

Nelle ex colonie lusofone d'Africa, la formazione dei primi partiti politici del dopoguerra fu motivata dal grande desiderio dei colonizzati di riconquistare le loro sovranità nazionali. Il Portogallo non aveva nessun desiderio di concedere le indipendenze nei suoi territori africani che consideravano come le sue province d'oltremare (Calchi Novati, Valsecchi 2005: 311). Da questo rifiuto categorico, Salazar dichiarava che il Portogallo era in Africa da cinquecento anni e non poteva cedere alle 'modalità'[7] a cui si erano piegate le altre potenze coloniali (Calchi Novati , Valsecchi 2005: 311-312). Così, per combattere i coloni portoghesi, furono creati in tutte le colonie portoghesi africane movimenti politici armati: nel 1955 i fratelli Amilcar Cabral e Luis Cabral crearono il Partito Africano per l'Indipendenza della Guinea e del Capo Verde (PAIGC); nel Mozambico nacque nel 1962 il Fronte per la liberazione del Mozambico (FRELIMO), una coalizione costituita dai movimenti indipendentisti mozambicani; in Angola, furono creati tre movimenti politici armati: il Fronte di Liberazione Nazionale dell'Angola (FNLA), il Movimento Popolare Nazionale dell'Angola (MPLA), l'Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (Unita).
Alcune formazioni politiche africane hanno una connotazione più regionale che nazionale. Solo per elencare alcune di esse, posiamo citare il Fronte per la Liberazione dell'Enclave di Cabinda (FLEC), formazione politica armata in lotta da anni per l'indipendenza della regione angolese del Cabina (Makebo 2008: 65-84), oppure del Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo (FLPE), movimento politico armato che lottò per circa 30 anni in una atroce guerra civile contro l'Etiopia (Goy 1993: 21-31). L'Eritrea ottenne la sua indipendenza dall'Etiopia nel 1993. Altri partiti politici africani sono stati creati sulle basi sociali ed etniche come in Burundi (Guichaoua 2010) con il Partito per la Liberazione del popolo Hutu (PALIPEHUTU).
Molti paesi africani hanno ottenuto le loro indipendenze con il regime del pluralismo politico lasciato dai colonizzatori durante la decolonizzazione. Qualche anno dopo, al nome dell'unita nazionale, viene abolito in molti di questi paesi il pluralismo politico e con l'instaurazione successivamente del partito unico. Le ideologie politiche praticate con il monopartitismo furono sia il marxismo-leninismo come per esempio nel 1974 in Benin con il Partito della Rivoluzione Popolare; sia il socialismo, ovvero il socialismo africano che prese nomi diversi in molti paesi africani. In Ghana di Kwame Nkrumah per esempio con il Coscienzismo e il Panafricanismo (Chindji-Kouleu 2011: 721); in Zambia di Kenneth Kaunda con l'Umanesimo (Andreocci 1978); in Tanzania di Julius Nyerere con l'Ujamaa (Nguway Kpalaingu 2007 : 97).
Il Coscienzismo di Kwame Nkrumah fu fondato sulla coscienza umana e soprattutto quella africana e della concezione comunitaria dell'Africa tradizionale. Inoltre non c'era bisogno di una lotta di classe per combattere ogni forma di dipendenza, soprattutto per una società africana pre-tecnica, già di per se comunitaria. Il Coscienzismo doveva sconfiggere il capitalismo, ma anche cancellare soprattutto la mentalità capitalista e garantire a questo punto la sicurezza del popolo. Il grande sogno di Nkrumah fu quello di introdurre in ogni paese africano, un partito unico che diffondesse le sue ideologie, purtroppo nessun altro paese accettò l'idea di un partito unico in tutta l'Africa. Per l'Umanesimo di Kenneth Kaunda, che fu anche il primo presidente della Zambia, la sua ideologia si basava sulla liberta totale dell'uomo africano e richiamava soprattutto il benessere e la dignità dell'essere umano (Nkafu Nkemnkia 1997: 47-48). Infine, l'ideologia dell'Ujamaa di Julius Nyerere, primo presidente della Tanzania, fu quella della solidarietà tra i cittadini. Per Nyerere, l'accumulo di ricchezza personale a fronte di una miseria diffusa nella popolazione fosse da considerare antisociale. Inoltre, Nyerere sottolinea che gli africani dovevano impegnarsi a creare una società basata sull'aiuto reciproco e sull'uguaglianza economica oltre che politica. Poi conclude il suo pensiero chiarendo che questi valori esistenti nella società tradizionale africana prima della colonizzazione (Fitzpatrick, Bewer 2012: 18-19).
Da sottolineare che molti leader africani, scelsero il socialismo africano per riconquistare i valori profondi della tradizione africana, basati nella famiglia, nella comunità e il lavoro agricolo. Tutti valori che secondo questi nuovi dirigenti africani furono calpestati con la colonizzazione. Dal canto suo, lo storico Jacques Droz sottolineò come il socialismo africano fu un fallimento in Africa subsahariana. Per Droz, l'insuccesso fu causato dalla mancanza d'unita tra i paesi al livello regionale, ma anche da un'interpretazione diversa sul concetto del socialismo in ogni paese dell'Africa. Ecco perché agli inizi degli anni '70, l'introduzione in Africa subsahariana del socialismo africano fu considerata una sconfitta (Droz 1978: 321-346).
Il partito unico in Africa fu costruito intorno al suo leader. I metodi di insegnamenti per la mobilitazione e la sensibilizzazione della popolazione furono la propaganda e il populismo politico, mezzi che facilitarono l'instaurazione di un "partito di massa", ma dotato di una struttura fragile, perché costruito esclusivamente intorno al culto della personalità del presidente dittatore. Infatti, la durata di vita di queste formazioni politiche coincidevano con la durata al potere del presidente. Ogni volta che il presidente fondatore di un partito unico lasciava il potere o fu semplicemente cacciato con un colpo di Stato, fu ugualmente la fine del suo partito unico. Dai primi anni delle indipendenze fino alla fine degli anni 80, in molti paesi africani, governarono solo i partiti unici con dei presidenti civili o militari. Molte volte, questi dirigenti sbandieravano il sentimento nazionalista per rinforzare i loro poteri. Un caso particolare merita l'attenzione, si tratta del regno del maresciallo-presidente Mobutu Sese Seko, arrivato al potere con un golpe il 24 novembre 1965. Mobutu cambiò nel 1971 il nome del paese dal Congo a Zaire, anche il fiume Congo cambiò ugualmente nome, diventando fiume Zaire, già nel 1967 la moneta si chiamava già Zaire. Si parlò allora dei 3Z (Tambwe Mangala 2010: 60). Inoltre, al nome dell'autenticità, viene vietato la giacca e la cravatta. Fu imposto un costume nazionale e chiamato abacost (Kueno Ndombasi 2007: 239), espressione che significa: fuori il costume occidentale. Parlando sempre del partito unico, lo specialista delle questioni africane Philippe Decraene, menziona che in molti capitali dei paesi africani, l'amministrazione è diventata un semplice organo esecutivo del partito che ormai si è impossessato della gestione degli affari pubblici. Questo intervento si è esteso al processo dello sviluppo economico e della vita della nazione in generale. Tutto questo giustifica lo stato di sotto sviluppo di cui soffrono le nuove nazione africane (Decraen 1983: 79-87). Inoltre Decraene aggiunge che, nonostante l'esistenza del partito unico, fu mantenuto il pluralismo sindacale. Infatti, in molti paesi furono presenti movimenti sindacali come quello della gioventù, delle donne, dei lavoratori, ecc. Nonostante tutto ciò, questi movimenti furono prive di autonomie e per di più rimasero infeudati al regime. Nel sistema del partito unico africano, il sindacato è sempre servito come mezzo intermediario tra il partito unico e i lavoratori come sintetizza. Lo saggista evidenzia un altro aspetto che caratterizza il potere dei dirigenti africani: il contro-potere che esiste lontano dei palazzi presidenziali e che sono detenuti dei capi tribali nei villaggi. Per rinforzare questa osservazione, Decraene mette in rilievo un discorso del presidente Mobuto alla televisione nel 1977, dove il dittatore sottolineò l'influenza e l'importanza che esercitano i capi tradizionali nella cultura africana e dove è necessario collaborare con loro (Decraen 1978: 119-127).
Nonostante il regno assoluto per più di 30 anni del partito unico in molte nazioni africane dopo le indipendenze, a volte compariva per un periodo provvisorio il pluralismo politico in alcuni paesi. Solo per elencare alcuni esempi, possiamo citare il caso della Nigeria dove i militari alla guida del paese instaurarono la democrazia nel 1979 con l'elezione di Alhaji Shehu Shagari, un civile e leader della formazione politica del National Party of Nigeria (NPN). Qualche anno dopo, i militari misero fine al pluralismo politico con un colpo di Stato il 31 dicembre 1983 e che portò alla guida del paese Muhammadu Buhari[8]. Un altro caso merita la nostra attenzione: si tratta del Ghana dove nel 1979, Jerry Rawlings alla guida dell'Armed Forces Revolutionary Council (AFRC), rovesciò il potere del generale Frederick William Kwasi Akuffo ed instaurò la democrazia. Nello stesso anno, i nuovi leader militari alla guida del paese organizzarono le elezioni pluraliste dove non parteciparono. Le elezioni furono vinte da Hilla Limann, un diplomato di carriera e leader del People's National Party (PNP). Lo stesso Jerry Rawlings riconquistò il potere con un altro colpo di Stato nel 1981 e mise fine al regime affarista e corrotto di Hilla Limann. Rawlings creò il Provisional National Defense Committee (PNDC), la nuova struttura istituzionale che guidò il paese. Furono instaurati in tutta la nazione, numerosi comitati del Consiglio Nazionale di Difesa (CND) e formati soprattutto dagli uomini dell'esercito (Verlet 1996: 89-100).
Alla meta degli anni '80, quando il partito unico fu il modello politico nei paesi africani, fu organizzato dall'Associazione Africana di Scienze Politiche (AASP) e dell'Associazione Tedesca di Scienze Politiche (DVPW) ad Arnoldshain vicino Francoforte, un seminario internazionale sul tema "Democrazia e partito unico in Africa." Durante il convegno, furono studiati caso per caso i sistemi politici in molti paesi africani. I conclusioni dei lavori sottolinearono che in nessun Stato africano contemporaneo, non c'era la democrazia. Questi sono infatti i criteri di valutazione che hanno permesso agli studiosi di rendere un tale verdetto: principi di consultazione e di responsabilità con elezioni libere e regolari; protezione dei diritti fondamentali dell'Uomo e dei diritti socio-economici; partecipazione popolare al processo di presa di decisioni politiche e socio-economiche[9]. Confrontando questi criteri con i vari sistemi politici africani studiati, fu evidente che in nessun paese africano c'era la democrazia.
Alla fine degli anni '80 e inizi anni '90, il vento della democrazia soffiò in molti paesi africani e successivamente fu instaurato il pluralismo politico. Alcuni eventi importanti hanno favorito questo processo: la caduta del muro di Berlino; lo smantellamento dell'URSS con la nascita di nuovi Stati democratici dell'ex blocco comunista; la fine della guerra fredda; il discorso di François Mitterrand alla conferenza della Baule in Francia nel 1990[10]. Tutti questi fatti hanno accelerato il ritorno al pluralismo politico in Africa. Fu così che in alcuni paesi africani come Madagascar, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Togo, Burkina-Faso, Repubblica del Congo, ecc, la democrazia venne instaurata con l'organizzazione di una conferenza nazionale sovrana e dove parteciparono tutte le forze vive del paese[11]. Molti altri paesi non adoperarono questo percorso per instaurare la democrazia. In Guinea, per esempio, fu instaurato un organo di gestione della transizione democratica, in Camerun invece fu promulgato il pluralismo politico con la legge del dicembre 1990[12]. Dopo il ritorno alla democrazia in moti paesi, le motivazioni per creare una formazione politica furono di nature giuridiche, psicologiche, socioculturali e politiche (Diop 2006: 201). Fu cosi che dopo la grande euforia, nasceranno in poco tempo decine di parti politici in ogni paese del continente. Per esempio in Benin nel 1990, il paese aveva gia registrato 51 movimenti politici; il Gabon aveva 151, il Congo con 71, il Zaire (oggi Congo) con più di 100 formazioni politiche. Un paio di decenni dopo, il numero dei partiti politici legalizzati aumentarono in maniera vertiginosa in ogni paese, come il caso del Camerun dove nel 2012, c'erano già 282 partiti politici registrati presso il Ministero dell'Interno.
Alcune formazioni politiche africane si identificano esclusivamente nei loro leader. I partiti politici per funzionare hanno bisogno di mezzi umani o finanziari, purtroppo molti di essi esistono solo sulla carta e solo una minoranza dispone dei mezzi necessari per partecipare alle varie competizioni politiche. Molte volte, sono i leader a mettere le proprie risorse finanziere a disposizione del partito. I finanziamenti dei partiti rimangono un problema reale per molte formazioni politiche africane. Ogni paese ha stabilito una normativa in vigore. Lo statuto di molti partiti politici sottolineano che i partiti si auto-finanziano sia con le proprie risorse, sia con le risorse esterne al partito. In Benin, per esempio, la legge determina le risorse di finanziamento ai partiti. Queste risorse sono: i contribuiti dei membri del partito, la contribuzione volontaria delle sottoscrizioni, la vendita delle carta dei membri ed altri simboli del partito (Diop 2006: 243), in Gabon il finanziamento interno dei partiti politici è regolato con la legge 004 / 91 del 2 aprile 1991, dove i partiti possono auto-finanziarsi con i contribuiti dei membri, le offerte, ed altri guadagni relativi alle attività del partito. Altri paesi con in Mali, la Guinea, hanno regolato ugualmente la situazione. In Camerun, la normativa non specifica chiaramente l'origine dei fondi per il finanziamento interno dei partiti. La legge a tale proposito dice che ogni partito legalizzato può stabilire liberamente l'ammontare dei suoi contribuiti e riscuotere i guadagni provenienti dalle sue attività culturali e economiche (Diop 2006: 243).
Per quello che riguarda i finanziamenti esterni ai partiti, le normative sono specifici in ogni paese e ciò per evitare qualche irregolarità. Le leggi sui partiti riconoscono i principi dei finanziamenti esterni al partito. Tuttavia, le disposizioni sono adottate per avere ampi chiarimenti sulla natura di questi finanziamenti, tutto ciò permettono di avere la trasparenza, la sicurezza dello Stato ed evitare eventuali manipolazioni dall'esterno (Braud 1996: 376). Questi fondi possono provenire dai privati, dall'estero o dalle imprese a livello nazionale. In Guinea per esempio, la legge n° 92 / 02 / CTRN sui partiti politici stabilisce nel suo articolo 23 che le offerte esterne ai partiti devono essere comunicate al Ministero dell'Interno con i nomi e la natura dei beni offerti. L'articolo 24 della stessa legge sottolinea che queste offerte esterne non dovrebbero superare la soglia del 20% che corrisponde all'ammontare totale delle risorse proprie del partito e provenienti dai suoi finanziamenti interni. Il Benin riconosce ugualmente il finanziamento esterno ai partiti. Tuttavia l'ammontare non dovrebbe superare 1/3 delle risorse del partito (Diop 2006: 243). Invece in Gabon e Senegal, la legge non stabilisce l'ammontare totale delle offerte esterne ai partiti a livello nazionale, mentre in Camerun, Mali, Guinea, Gabon, Senegal, sono vietate ogni forma di finanziamenti con fondi provenienti dall'estero, addirittura il partito che beneficerà di questi fondi o offerte verrà semplicemente bandito (Diop 2006: 246).
Altri problemi che caratterizzano i partiti politici africani sono la mancanza di una sede del partito, mancanza d'esperienza e di una cultura democratica, inclinazione alla formazione dei partiti a forte connotazione etnica o regionale visto che molti leader politici cercano di prendere la strada più breve per conquistare il potere e nonostante il rischio che ciò può provocare.
Nonostante che il pluralismo democratico esista in molti paesi africani, vi è, ancora, tanta strada da percorrere. Le varie elezioni che si svolgono sono spesso organizzate e controllate esclusivamente dal Ministero dell'interno, dando vita a numerose irregolarità, che vengono denunciate anche dagli osservatori internazionali mandati sul posto. I risultati sono spesso contestati da entrambe le parti. Le conseguenze possono andare dalle proteste popolari fino alle violenze o ai conflitti armati in alcuni casi. L'ultimo caso è il triste fatto avvenuto in Costa D'Avorio, dove il paese è caduto in una sanguinosa guerra civile dopo le elezioni presidenziali del 28 novembre 2010 e vinte dalla coalizione guidata dal candidato dell'opposizione Allassane Ouatara. Purtroppo il presidente uscente Laurent Gbagbo non aveva accettato i risultati, malgrado la proclamazione in diretta televisiva da parte di un membro della Commissione Elettorale Indipendente (CNI) che aveva proclamato il candidato dell'opposizione Ouattara vincitore con 54,10% dei voti. Purtroppo il paese è piombato in una guerra che ha causato migliaia di vittime civili e l'arresto, l'11 aprile 2011, del presidente uscente Laurent Gbagbo. Oggi l'ex capo dello Stato è rinchiuso nella prigione dell'Aja dov'è accusato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) di crimini contro l'umanità.
Nelle società multietniche, come in molti paesi in Africa in cui i cittadini sono divisi da fratture di tipo religioso, economico, razziale o etnico, i partiti politici possono essere elementi fondamentali: permettono di mantenere legami stabili tra le istituzioni e i vari gruppi sociali nel contesto democratico. Tuttavia, la mancanza di una cultura democratica in molti paesi del continente, può facilitare la creazione dei partiti politici a forte connotazione etnica o tribale, come esistono tuttora in molti paesi africani.

Tegno Tagne Honoré - Agenzia Stampa Italia

 

Riferimenti Bibliografici

Braud P.(1996). Sociologie Politique, Paris, Dolloz , 3eme édition
Calchi Novati G, Valsecchi P.(2005). Africa: La storia Ritrovata. Dalle prime forme politiche alle indipendenze nazionali. Carocci. Roma
Charlot J. (1971). Les partis politiques. Paris, A. Collin
Chindji-Kouleu F. (2011). Kwamé Nkrumah. Un pionnier de l'Union africaine, Tome 2 , Paris, L'Harmattan .
Coleman James S. (1958). Nigeria : Bacground to nationalism – Berkely, Los Angels, University of Californian Press.

Decraen P.(1983). Eléments de réflexions sur les pouvoirs politiques africains, in « Pouvoir ». N°25

Decraen P.(1978). La source du consensus dans les Etats africains , in « Pouvoir ». N°5

Diop O.(2006). « Partis politiques et processus de transition démocratique en Afrique ». Publibook.

Droz J.(1978). « Histoire générale du socialisme, tome 4 : de 1945 à nos jours », Presses universitaires de France.

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Guichaoua A.. (2010). Les crises politiques au Burundi et au Rwanda (1993 – 1994 ), Edition Karthala

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Seurin J.L. (1958), « Elies sociales et partis politiques d'AOF », Annales africaines..

Tambwe Mangala M.(2010), République Démocratique du Congo, Paris, Neocity sprl

Verlet M.(1996). «Le Ghana sous Rawlings : Ajustement et pouvoir » in « Politique africaine ».

Note

[1] Ecco i partiti politici che costituirono le Rassemblement democratique africain (RDA): Partito  democratico della Costa - d’ Avorio (Costa – d’avorio) ; Unione Democratica Voltaica ( Burkina-faso); Unione Sudanese (Mali); Unione delle Popolazioni del Camerun (Camerun);  Unione Democratica Senegalese (Senegal);  Partito Democratico della Guinea (Guinea ); Partito Progressista nigeriano (Niger); Partito Progressista del Ciad (Ciad); Unione Democratica  per la Difesa degli Interessi Africani ( Congo); Comitato Misto Gabonese  (Gabon).

[2] Gli afrikaner, chiamati fino al XX secolo Boeri, dall’olandese boer (contadino), sono discendenti dei coloni bianchi, che occuparono dal XVII secolo, il Capo di Buona Speranza. Gli africaner erano di origine neerlandese, francese, tedesca, scandinave. Essi parlano oggi la lingua Afrikaans, che deriva dal dialetto Kaap.-nederlands  e che si sviluppò tra i coloni boeri.

[3] Nelson Mandela (1918 – 2013), fu un uomo politico sudafricano e grande leader del movimento anti-apartheid. Fu con il presidente Frederik Willem de Klerk, i principali protagonisti all’abolizione dell’apartheid in Sudafrica negli anni 90. Vennero eletti entrambi nel 1993, Premio Nobel della Pace. 

 [4] I Shona costituiscono un gruppo etno-linguistico Bantu. Sono presenti in Zimbabwe, Mozambico, Zambia. Essi parlano una varietà di dialetti conosciuta come lingua Shona. Gli Shona sono degli agricoltori e coltivatori.. 

[5] Gli Ndebele appartengono al grande gruppo Ngono che è suddiviso in tre principali sottogruppi : Zulu, Swazi, Ndebele. Gli uomini praticano l’allevamento di buoi, principale ricchezza della comunità, mentre le donne si occupano dei lavori agricoli.

[6] Gli Ovambo o Owambo sono un’etnia del grande gruppo Bantu. Gli Ovambo sono originari della Namibia settentrionale, chiamata anche Ovamboland. Quest’etnia è suddivisa in otto sottogruppi: Ondonga, Ukwanyama, Ukwambi, Ongandjera, Ukualuudhi, Ombalantu, Onkolonkadhi e Eunda. Parlano diverse lingue fra cui ilkwanyama, ndonga.

[7] Il 26 ottobre 1972, con un colpo di Stato, Mathieu Kérékou prese il  potere in Benin (ex Dahomey). Adottò  nel 1974 come ideologia politica il marxismo-leninismo.

[8] L’arrivo di Buhari al potere mise fine alla seconda Repubblica. I militari instaurarono il Consiglio Militare Suprema (SMC) che guidò il paese fino al 1985, anno in cui Buhari fu rovesciato a sua volta da un altro golpe condotto da Ibrahim Babangida. 

[9]Dal  15 al 17 ottobre 1986,  si è  tenuto a Arnoldshain / Francoforte, il simposio sul tema: Democrazia e Partito unico in Africa. I risultati del convegno di Arnoldshain sono disponibili sul sito ufficiale di “Politique Africaine”: http://www.politique-africaine.com/numeros/pdf/024147.pdf

[10]L’integralità del discorso  del presidente Mitterrand è disponibile sulla  pagina  del sito ufficiale della Radio France Internationale (RFI): http://www.rfi.fr/actufr/articles/037/article_20103.asp

La  conferenza  de la Baule si è tenuta  il 20 giugno 1990. Furono presenti 37 capi di Stati africani per la 16 esima conferenza tra i capi di Stati africani e  la Francia.  Nel suo discorso, Mitterrand chiese in sostanza ai dirigenti africani, più democrazia con l’apertura dei paesi africani al pluralismo politico, sottolineando inoltre che d’ora in poi, la Francia attribuirà il suo aiuto economico ai paesi del continente, prendendo in considerazione anche i criteri  democratici..  

[11] 6 Nota estratta dall’atto  finale  presentato a Parigi da El  Hadj Ibrahim Bah, ex ministro e parlamentare della Guinea-Conakry, per la preparazione al congresso di Bamako (2000) sui partiti politici in Africa e sullo stato delle pratiche della democrazia, dei  diritti e delle liberta nei paesi francofoni. Questa è  la pagina del  sito ufficiale dei paesi della Francofonia dove è presente tutto l’atto: http://democratie.francophonie.org/article.php3?id_article=465&id_rubrique=168

[12] la legge N° 90/053 del 19 dicembre 1990

Francofonia dove è presente tutto l’atto: http://democratie.francophonie.org/article.php3?id_article=465&id_rubrique=168

 

 

 

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Vasco Live 2024 - San Siro 19/06/2024. Galleria fotografica di Fabio Petrosino

Decontribuzione Sud, Schiavo (Confesercenti): “in scadenza il 30 giugno bonus Zes non basta, necessaria una proroga per dare certezze alle imprese del Mezzogiorno”

(ASI) “C’è enorme preoccupazione per l’incertezza sulla conferma della Decontribuzione per i datori di lavoro delle regioni del Mezzogiorno, in scadenza il prossimo 30 giugno.

Napoli, passi in avanti per una crescita inclusiva. Gianni Lepre: “più economia del mare e meno turistificazione”

(ASI) Con il grande boom turistico di questi ultimi anni, e il trend confortante per la stagione estiva appena iniziata, Napoli mostra i muscoli, ma non solo, torna ad essere ...

“Ti racconto così” di Goffredo Palmerini, la presentazione a L’Aquila

Venerdì 28 giugno, alle ore 17, il libro sarà presentato presso l’Auditorium ANCE

Cina e Perù: Il Megaporto di Chancay e le sue implicazioni geopolitiche

(ASI) La Cina è pronta a inaugurare un megaporto nella città di Chancay, Perù, un evento che potrebbe trasformare radicalmente gli equilibri geopolitici e commerciali dell'America Latina.

Benvenuti all’Hotel Abisso. L’Europa e il tramonto dell’Occidente

(ASI) Benvenuti all’Hotel Abisso: si chiama Europa. L’Europa è lo specchio del tramonto dell’Occidente. Tema logoro, merita un aggiornamento.

Caporalato, delegazione Pd a Latina domani con Schlein  

(ASI) Il Pd parteciperà oggi a Latina alle 17 alla manifestazione contro il caporalato. La delegazione, guidata dalla segretaria Elly Schlein sarà composta da Marta Bonafoni, Annalisa Corrado, Alfredo D'Attorre, ...

Pubblica Amministrazione, CGIA Mestre: pagamenti lumaca, in particolare al Sud.  A soffrire sono le PMI

(ASI) Tra acquisti, consumi, forniture, manutenzioni, formazione del personale e spese energetiche, nel 2023 lo Stato italiano ha sostenuto un costo complessivo di 122 miliardi di euro[1].

Foad Aodi (Amsi): Negli ultimi 5 anni si assiste ad un pericoloso e drammatico aumento del 42% degli infortuni sul lavoro ai danni di cittadini stranieri. È il fallimento della politica!

Amsi-Uniti per Unire: escalation di morti e incidenti sul lavoro tra i cittadini stranieri. La triste e drammatica realtà della schiavitù moderna è sotto i nostri occhi in Italia. Chiediamo giustizia ...