Il G20 alla prova delle sfide contemporanee

(ASI) New Delhi – L’esplosione di nuovi conflitti. L’economia in affanno. La crisi climatica da contrastare il prima possibile. Queste le tematiche affrontate nel corso del più recente Vertice G20 ospitato dall’India di Narendra Modi.

I capi politici delle principali potenze mondiali si sono incontrati il 9 e 10 settembre nella due giorni tenutasi presso la capitale indiana. Al diciottesimo Vertice hanno presenziato i rappresentanti dei paesi membri del G7, dell’Unione europea, del gruppo Brics, assieme ai delegati di altri Stati quali Arabia Saudita, Corea del Sud, Turchia.

In un ordine internazionale sempre più in subbuglio, agitato da interessi contrapposti di attori in perenne concorrenza, la riunione è stata l’occasione per mostrare l’unità e la compattezza del G20. “Siamo una sola Terra, una sola Famiglia e condividiamo un solo futuro” recita - non a caso - il testo del documento ufficiale rilasciato al termine dei lavori.

Primo argomento all’ordine del giorno è stato il conflitto in atto in Ucraina. Da New Delhi è arrivato un convinto appello ad “astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale, la sovranità o indipendenza” di qualsiasi Stato, richiamando le molteplici risoluzioni adottate in precedenza dal Consiglio di Sicurezza e dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Non è mancata l’esortazione a riprendere la “piena, tempestiva, efficace” attuazione dell’Iniziativa per il grano del Mar Nero, nella speranza di assicurare ai paesi più poveri consegne “immediate e senza ostacoli” di preziose riserve alimentari. L’esecuzione dell’accordo, lo ricordiamo, è stata interrotta a luglio dalla Federazione russa nel bel mezzo di vibranti polemiche con le cancellerie occidentali. Le conseguenze del blocco delle esportazioni cerealicole ucraine potrebbero manifestarsi in una grave crisi alimentare globale, in procinto di abbattersi proprio sui paesi africani già sfiancati dalla povertà dilagante.

Il G20, dunque, si è limitato a riproporre la presa di posizione dell’Onu, ribadendo la necessità di giungere al più presto a un cessate il fuoco secondo i principi del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite. Sul punto, però, si è fatta subito sentire l’irritazione dell’esecutivo di Kyiv, il quale non ha gradito il mancato invito al Vertice e ha giudicato troppo flebile l’atteggiamento del consesso nei confronti del Cremlino.

Ma le negoziazioni non si sono certo esaurite qui. Al contrario, sono proseguite esaminando le condizioni di salute di una congiuntura finanziaria globale costantemente indebolita da tassi di crescita deboli, livelli di inflazione restii ad abbassarsi, politiche e misure commerciali spesso poco trasparenti. Realtà complesse, che rischiano di aggravare ulteriormente la già precaria situazione in cui versano la maggior parte delle finanze del continente nero.

La possibile risposta è stata identificata proprio nel rinvigorimento delle relazioni con l’Africa, attraverso la predisposizione di nuovi e tangibili progetti di sviluppo finanziati dalle istituzioni internazionali, dalle banche multilaterali di sviluppo come la Banca mondiale, dalla collaborazione rafforzata con il settore privato. Dalla costruzione di infrastrutture al potenziamento dell’ambito energetico, i privati e le piccole e medie imprese potrebbero rivelarsi “motori naturali di crescita” capaci di aumentare gli investimenti nelle aree più disagiate del Sud del mondo.

Accanto a ciò, in relazione all’andamento degli scambi commerciali è stata ribadita la necessità di garantire un “sistema multilaterale basato su regole, non discriminatorio, giusto, aperto, inclusivo, equo, sostenibile e trasparente”. Un sistema caratterizzato da “condizioni di parità”, privo di meccanismi distorsivi quali la concorrenza sleale o il protezionismo eccessivo, responsabili di relazioni commerciali spesso orientate alla competizione più che alla vicendevole cooperazione. Un messaggio abbastanza esplicito lanciato soprattutto alla Cina di Xi Jinping, sovente accusata di incoraggiare pratiche commerciali scorrette e di costringere le imprese straniere operanti sul territorio nazionale a rivelare importanti segreti riguardanti le tecnologie produttive.

Vi è, poi, il capitolo della lotta congiunta ai cambiamenti climatici, ai cataclismi naturali imprevedibili e violentissimi che ne costituiscono la drammatica manifestazione. I capi politici del G20 si sono impegnati a concretizzare nel medio-lungo termine una serie di misure fondamentali per ridurre l’impronta dannosa dell’uomo sulla natura.

Si va dal mantenimento del limite massimo del riscaldamento globale entro 1.5°C all’azzeramento delle emissioni di gas serra entro il 2050, dal progressivo accantonamento del carbone come fonte energetica alla protezione delle aree naturali terrestri e marittime. Entro il 2024, inoltre, dovrebbe vedere la luce un nuovo “strumento internazionale giuridicamente vincolante” contro l’inquinamento da plastica.

Il tutto - si legge nel documento finale - sarà accompagnato da cospicui finanziamenti destinati dai paesi più ricchi e dalle istituzioni finanziarie internazionali a favore della transizione energetica dei paesi più poveri. Questi ultimi, d’altronde, si ritrovano fin troppo spesso a dover fronteggiare economicamente, socialmente e culturalmente danni ingenti dovuti all’inquinamento causato per lo più dallo stile di vita degli Stati più sviluppati. Non a caso, il testo del documento cita espressamente “l'equità e il principio delle responsabilità comuni ma differenziate secondo le rispettive capacità” come criteri da adottare nel processo di transizione verde.

A New Delhi si è discusso, altresì, dell’importanza di sfruttare a scopi esclusivamente benevoli le tecnologie di ultima generazione. Un riferimento diretto, in sostanza, all’intelligenza artificiale (IA) e alle sue possibili distorsioni. “Il nostro impegno è quello di impiegare l'IA per il bene pubblico, risolvendo le sfide in modo responsabile, inclusivo e incentrato sull'uomo, proteggendo al contempo i diritti e la sicurezza delle persone” hanno affermato i capi politici al G20.

Si tratta, concretamente, di agire tutti insieme per assicurare la trasparenza nella fase di progettazione degli algoritmi, la regolamentazione il più possibile uniforme del loro funzionamento, la sicurezza nell’uso dei dati personali degli utenti, la mancata discriminazione razziale e di qualsiasi altro tipo nell’applicazione dell’IA nei contesti quotidiani.

“Le nostre sfide sono interconnesse e possono essere affrontate solo attraverso un multilateralismo rinvigorito” è stato più volte ripetuto. Il messaggio è chiaro: diplomazia e dialogo sono gli strumenti pacifici indispensabili per fronteggiare con successo l’instabilità aleggiante sull’ordine internazionale contemporaneo. Un invito a considerare, se necessario, l’allargamento del gruppo alla partecipazione di nuove nazioni.

E così, il Vertice ha ufficialmente sancito l’ingresso dell’Unione africana (Ua) in qualità di membro permanente del G20. L’Unione beneficerà di finanziamenti mirati a supportare la transizione verde nonché di innovativi piani di industrializzazione sponsorizzati dai partner.

Dietro l’annuncio si cela, altresì, un risvolto politico assai considerevole legato alla gestione dei flussi migratori. Il documento, infatti, nel capoverso successivo sottolinea l’importanza di adottare un “approccio globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare” capace di tutelare il “pieno rispetto” dei diritti umani dei profughi e prevenire, nel contempo, la migrazione irregolare.

Una questione centrale, questa, soprattutto per l’Unione europea, dove da anni ormai la difficile gestione degli arrivi sta alimentando battaglie politiche senza esclusione di colpi. Nonostante i flussi non siano più una novità e nonostante numerosi vertici comunitari, Bruxelles non è mai riuscita a varare una politica migratoria seria ed efficace, in grado di neutralizzare l’acuto antagonismo tra i ventisette Stati membri.

Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia

 
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