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Cultura.  "Muore giovane chi è caro agli dei", in ricordo di Adriano Romualdi.

(ASI) Sabato 2 febbraio si è svolta, presso i locali di Raido, la conferenza "Muore giovane chi è caro agli dei", in ricordo di Adriano Romualdi, ai quarant'anni dalla sua prematura morte. I numerosi ospiti presenti, riempiendo la sala, han dato un chiaro segno di quanto interesse suscita ancora oggi un personaggio come Romualdi, nonostante per molti anni sia stato ingiustamente tenuto nella penombra, forse per la radicalità e l'impegno che la scelta di accogliere il suo messaggio comporta, anche tra le file di quell'ambiente affine  - almeno a parole -  politicamente a lui.

Da segnalare anche l’inaspettata e gradita presenza della sorella e della figlia di Adriano.

 

L'importanza che questo gigante riveste nel panorama della cultura (intesa nel senso di "Kultur" spengleriana) della destra italiana, e soprattutto europea, è tanto grande da non poter essere delineata compiutamente in solo incontro; eppure nonostante i pericoli della celebrazione agiografica, del sentimentalismo o dell'intellettualismo sterile, la conferenza si è svolta, come sperato, nel solco della "testimonianza attiva", vivificando quel messaggio romualdiano che così poco è stato utilizzato in tutti questi anni da parte di una destra che sarebbe dovuta affermarsi come restauratrice degli eterni valori dell'Europa e della Tradizione.

Ad aprire le danze è Rodolfo Sideri, autore del libro “Adriano Romualdi. L'uomo, l'opera e il suo tempo", attualmente l'unica biografia completa su Romualdi. A Romualdi dobbiamo soprattutto, ci spiega l'autore, il nuovo modo di vedere una 'destra' che non fosse quella dei bacchettoni, dei conservatori della morale borghese né dell'occidente a stelle e strisce. Ma una destra che fosse invece intransigente e dinamica, sobria e creativa, degna erede dei valori che permeano la "razza europea" di contro ai due schieramenti del l'americanismo e del comunismo, le due facce di quella medesima antirazza che al tempo dominava il mondo. E il suo progetto politico verteva su questo non voler subire supinamente le influenze di queste due potenze, ma costituire un Europa che fungesse da terzo polo, incanalando le energie ataviche che i popoli del vecchio continente possedevano di contro alle genti reificate del materialismo moderno. La costituzione di una "Cittadella" per poter difendersi e quindi conrattaccare.

Hanno poi proseguito Mario Merlino e Nicola Cospito, che con taglio più personale hanno delineato la figura di Adriano Romualdi persona. Il primo, rappresentante di quella generazione che crebbe insieme a Romualdi, ma che poi scelse strade diverse; l'altro, esempio di quei giovani che invece crebbero nel pensiero e nella sua opera, da Ordine Nuovo fino all'esperienza di Militia e oltre. Da entrambi ciò che risalta nella figura di Adriano è ben chiaro: il suo carattere e il suo coraggio, una delle qualità distintive dell'uomo "di Razza". Romualdi ebbe il pregio o difetto, a seconda di chi se lo chieda, di essere intransigente, fermo sui suoi propositi e sulla sua Weltanshauung, che in quanto tale non era sua, ma figlia di tutti gli spiriti d'Europa.


Adriano Romualdi (Forlì, 9 dicembre 1940 – Roma, 12 agosto 1973) è stato uno storico, saggista politico e giornalista italiano. Figlio del presidente del M.S.I., Pino Romualdi. Laureatosi con una tesi sulla rivoluzione conservatrice tedesca, discussa con il professor Renzo De Felice, inizia sin da giovanissimo a occuparsi di tematiche storiche e politiche. Fortemente influenzato dal pensiero di Julius Evola, scrive una biografia autorizzata del suo maestro, pubblicata nel 1966. Assistente di Storia contemporanea all'Università di Palermo nella cattedra di Giuseppe Tricoli, si occupa in articoli e libri di Platone, Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Pierre Drieu La Rochelle, del fascismo, interpretato quale fenomeno prettamente europeo (argomento al quale dedicherà il suo ultimo libro, pubblicato postumo e incompleto), della Rivoluzione conservatrice tedesca e della seconda guerra mondiale. Dedica inoltre ampi studi agli Indoeuropei, che gli valgono il plauso di Giacomo Devoto. Muore all'età di trentadue anni in un incidente stradale.

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