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Storia. I Agosto - 2 Ottobre 1944: Varsavia insorge. L'Armia Krajowa contro i carri tedeschi e il cinismo sovietico

(ASI) Il primo di Agosto del 1944 Varsavia esplode contro l’occupante tedesco. Da cinque anni i polacchi subiscono un regime durissimo: manovalanza reclutata tra la popolazione e sfruttata per lo sforzo bellico del Reich, risorse ed impianti industriali requisiti e riconvertiti all’economia di guerra.

Dalle finestre delle case i varsaviesi vedono i russi accampati al di là della Vistola. La linea del fronte è giunta alle porte della città e l’Armia Krajowa, l’esercito nazionale polacco, è pronta ad insorgere.

Il generale Tadeusz Komorowski, capo dell’Ak, è un fedele esecutore degli ordini del Governo polacco in esilio, quest’ultimo intenzionato ad evitare che, fuggiti i nazisti, il paese finisca in mano sovietica. La rivolta ha soprattutto lo scopo di evitare una seconda invasione e di mantenere l’indipendenza della Polonia dopo il conflitto.

Il maresciallo Kostantin Rokossovskij assiste impassibile ad uno scontro impari. Da Mosca ha ricevuto disposizioni chiare: non intervenire in alcun modo, lasciando che le parti si indeboliscano a vicenda. Stalin è conscio del fatto che nell’Ak militino fazioni ultra nazionaliste (come la Rdycalny Falanga di ispirazione fascista), un domani ostili al futuro governo sovietico.

Il pomeriggio del I Agosto i patrioti polacchi attaccano le forze naziste. Cinquanta mila rivoltosi con artiglieria e armi individuali ma privi di supporto aereo e di forze corazzate.

Nella prima fase degli scontri i tedeschi sono presi di sorpresa e terrorizzati; poi, riacquistato il controllo della situazione le SS scatenano una controffensiva, costringendo l’Armia a ritirarsi e ripiegare sulla guerriglia. Da Berlino l’ordine di Heinrich Himmler è tassativo e terribile: soffocare nel sangue l’insurrezione.

Sessanta giorni di fuoco e fiamme durante i quali spietatezza e brutalità si manifesteranno su ambo i lati. I polacchi non fanno prigionieri; i tedeschi sguinzagliano le unità penali di Dirlewanger e Kaminski, la cui crudeltà farà inorridire gli stessi vertici della Wehrmacht.

Intanto sul lato destro della Vistola la I Armata polacca prende l’iniziativa: disobbedendo al maresciallo Rokossovskij attacca i sobborghi di Varsavia. Un mattatoio contro le divisioni panzer veterane del fronte orientale.

I comandanti della I Armata e del reggimento ucraino della Guardia sovietica pagheranno con la vita la loro insubordinazione: consegnati all’ NKVD non faranno più ritorno dalla Siberia.

A nulla valgono gli appelli di Londra: l’Inghilterra è la sola potenza alleata a fare pressioni su Stalin affinché intervenga. Di fronte al cinico mutismo del Cremlino, piloti della RAF sono costretti a pericolosi voli nel cielo nemico, lanciando armi e rifornimenti che spesso finiscono in mano tedesca.

Non c’è speranza per i rivoltosi: malgrado le perdite subite durante la grande offensiva russa d’estate, la Wehrmacht contrattacca con carri armati e artiglierie, vanificando sforzi e sacrifici dell’Armia Krajowa che registra quindicimila morti; la città, ridotta in macerie, piange decine di migliaia di vittime civili.

Il 2 ottobre 1944 l’atto di resa di Komorowski a Erich von dem Bach, comandante in capo delle SS. L’Ak riesce a strappare al nemico la promessa del rispetto della convenzione di Ginevra, ma città e popolazione sono condannate: Hitler ha ordinato di cancellare Varsavia dalla carta geografica e deportarne parte degli abitanti.

L’insurrezione di Varsavia fu una delle tappe fondamentali di una giovane ed orgogliosa nazione che, dopo quarant’anni trascorsi al di là della cortina di ferro tra repressione e privazioni, ha saputo risollevarsi socialmente ed economicamente, dimostrando la determinazione e la volontà che l’aveva spinta a quel coraggioso gesto di sfida.

Gli appelli disperati di Londra e l’indifferenza generale di USA e Urss rappresentarono, nel 1944, una anteprima della nuova Europa che si stava profilando all’orizzonte: due super potenze che dominano il panorama politico internazionale e l’uscita di scena dell’Inghilterra. Nel 1956 gli appelli di Winston Churchill di soccorrere Budapest con il ponte aereo resteranno ancora una volta inascoltati. Il mondo assisterà impassibile ad una seconda Varsavia.

Marco Petrelli - Agenzia Stampa Italia

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