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Un cane psicologo in tribunale in aiuto ai testimoni

(ASI) Lo scetticismo verso gli animali e la loro capacità di partecipare attivamente alle attività umane subisce un altro duro colpo. Glielo infligge il Tribunale dello Stato di New York, dove il giudice Stephen Greller, della Corte della Contea di Dutchess, ha ammesso Rosie, un cane di 11 anni, di razza golden retriever, nel ruolo di “assistenza psicologica” ad una ragazza di 15 anni, che doveva testimoniare contro il padre, Victor Tohom, accusato di averla violentata e messa incinta.

Il caso, riportato dal The New York Times, sta facendo il giro del mondo sia per le sue implicazioni animaliste, sia perché, attorno ad esso, si è accesa, negli Stati Uniti, un’accesa disputa giuridica.

Il ruolo di sostegno di Rosie alla vittima-testimone è stato, intanto, pubblicamente riconosciuto dallo psicologo David A. Crenshaw, che ha seguito ed assistito la quindicenne in tutta la vicenda. Crenshow ha dichiarato che la ragazza, durante l’udienza dove aveva dovuto testimoniare contro il padre-violentatore, “ha tratto coraggio e sicurezza dall’aiuto che ha ricevuto dal cane nei momenti più drammatici”, nei quali aveva dovuto ricordare dav

anti alla Corte i particolari della violenza subita. In quei frangenti, “Rosie osservava attentamente la ragazza, si alzava su e la toccava affettuosamente con la punta del naso”.

Rosie, così chiamata in onore della pioniera dei diritti dei neri d’America, Rosa Parks (un nome, un destino, verrebbe da dire) non è nuova a prove di sorprendente capacità. Fin da cucciola è stata addestrata ad eseguire numerosi comandi particolari, tra cui togliere i calzini ad una persona senza morderle le dita dei piedi. Ma il suo meglio lo ha comunque dato con i bambini traumatizzati, con i quali continua a lavorare accanto ai suoi proprietari, Dale e Lu Picard, nel centro di salute mentale di Brewster. Ora, si è aggiunto il nuovo ruolo di sostegno psicologico alle persone sotto “stress da tribunale”, per il quale sta diventando famosa in tutto il mondo.

Per la cronaca, il processo è finito con la condanna di Tohom a 25 anni di reclusione, ma la vicenda è destinata ancora a far parlare di sé, in quanto si è aperto un dibattito legale sul ruolo e l’ammissibilità dei cani nei processi a supporto dei testimoni.

I difensori di Tohon, gli avvocati martin e Levine, hanno infatti sostenuto che la presenza del cane potrebbe aver sviato i giurati in quanto la sua dolcezza e la simpatia generalizzata che ha suscitato, non hanno permesso una valutazione imparziale della realtà processuale. Su questa tesi fonderanno il loro ricorso nel giudizio di secondo grado, “anche perché, ha detto ironicamente Martin, non abbiamo avuto la possibilità di controinterrogare il cane”.

Al contrario, l’accusa ritiene che la presenza del cane ha permesso alla vittima-testimone di superare la paura e l’imbarazzo che avrebbero potuto rendere al deposizione reticente e meno veritiera. Proprio per questa funzione fondamentale, Ellen O’Neill Stephens, pubblico ministero a Seattle in un processo per stupro in cui un altro cane, Jeeter, svolse il ruolo di supporto al testimone, ha dichiarato che in certi processi in cui i testimoni sono in difficoltà, “talvolta, il cane fa la differenza tra la condanna e l’assoluzione”. A partire dal caso di Seattle, la stephens si è fatta promotrice di una campagna per l’ammissibilità dei cani nei tribunali.

Più attenuato il parere del Procuratore Distrettuale Kristine Hawlk, che si è occupata del caso Tohon e per prima ha chiesto di far entrare in tribunale Rosie per assistere la vittima. Secondo Hawlk, Rosie non ha fatto altro che aiutare la vittima in un momento di particolare sofferenza e stress emotivo e, quindi, gli argomenti della difesa non sono altro che “frivole accuse”.

Il dibattito resta aperto, e, comunque, mentre gli avvocati del padre-violentatore si accingevano a preparare il processo, Rosie era già impegnata in un'altra causa in cui due sorelle di 5 e 11 anni erano chiamate a testimoniare contro l’uomo accusato di aver ucciso per accoltellamento la loro giovane madre.

Secondo il Procuratore di questo caso, Matthew A. Weishaupt, la presenza di cani come Rosie in un processo non influenza il merito delle testimonianze relative anche a crimini efferati. “Questi cani, ha detto Weishaupt in un’intervista, alleviano lo stress ed il trauma e così permettono anche ad un bambino salire sul banco dei testimoni”.

Comunque andrà a finire, gli amanti dei “quattrozampe pelosi” di tutto il mondo possono gioire: dopo i cani poliziotto, i cani terapeuti ed i cani soccorritori, arrivano anche i cani-psicologi: un’altra funzione a supporto degli uomini sembra non essere più un’esclusiva del genere umano.

 
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