Caso Moro, verità a confronto

DibattitoMoro(ASI) Giovedì pomeriggio a Roma, nei locali delle Edizioni Pagine, in via Gregorio VII, si è tenuto un dibattito sul caso-Moro. Introdotti da Egidio Eleuteri, Daniela Pozone e dal giornalista Fabrizio Federici, il ricercatore storico Nicola Lofoco e il fondatore di Terza Posizione, Gabriele Adinolfi, hanno dato vita a un vero e proprio duello sui misteri del caso Moro.

Per Lofoco non ci fu nessun intervento esterno e tutto è da addebitarsi alle Brigate Rosse e all'impreparazione delle forze dell'ordine. Per Adinolfi la questione è più complessa perché gli intrecci d'interesse risalgono, a suo avviso, almeno alla seconda guerra mondiale. Se per Lofoco non ci furono ruoli di servizi stranieri o italiani, Adinolfi sostiene il contrario affermando che ci fu un interesse generale quantomeno nel consentire alle BR di liquidare il leader Dc. Un covo in via Gradoli, feudo dei servizi segreti italiani, la rimozione del questore Migliorini, l'accentramento delle indagini nelle mani degli stessi futuri depistatori della strage di Bologna, non sono a suo avviso semplici coincidenze. Ampia divergenza tra i due relatori quando il dirigente di TP ha snocciolato i vari messaggi in codice (Gradoli, Civitella Paganica, Lago della Duchessa) spiegando come essi indicassero in modo convergente quello che a suo avviso era il luogo dove Moro si trovava prigioniero e venne ucciso. A meno di cento metri dal luogo in cui fu ritrovato il cadavere, come attesta una perizia del Tribunale di Roma del 1978. Una perizia che ci conduce ad un preciso magazzino di stoffe nel ghetto romano.
In quanto all'eterodirezione delle BR, esclusa da Lofoco, Adinolfi la intende piuttosto come una cooperazione non pienamente riuscita. A Lenin e Trotsky riuscì e questo ne fece dei rivoluzionari. A loro non propriamente. con le conseguenze che conosciamo.
Per Lofoco, poi, la famosa Hypérion di Parigi, che aprì una succursale nel ghetto romano subito prima del rapimento Moro e la chiuse immediatamente dopo, era solo una scuola di lingue e il Superclan diretto da Corrado Simioni e Duccio Berio, e di cui faceva parte Moretti, non ebbe un ruolo rilevante. Per Adinolfi invece esso s'impadronì dal 1974 della direzione della lotta armata e Hypérion fu un autentico crocevia di formazioni guerrigliere e di servizi dell'est e dell'ovest: inglesi, francesi, israeliani, tedesco-orientali.  Dissenso totale tra i due relatori anche sulla figura di Igor Markevitch, il direttore d'orchestra sospettato di essere l'uomo che interrogò Aldo Moro. Per Adinolfi il ruolo di Markevitch, e del cognato Hubert Howard direttore del servizio americano di guerra psicologica, fu centrale fin dagli anni quaranta, a quando, a suo avviso, risalgono le cooperazioni tra agenti angloamericani e partigiani rossi.

Infine discordanza anche sulle cause del delitto Moro. Per Lofoco fu lo scontro sociale, per Adinolfi la politica nel Mediterraneo e il sostegno dell'autodeterminazione del popolo palestinese.
Per nessuno dei due la ragione principale va ricercata nel compromesso storico, con buona pace della comune vulgata.

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