Cinema. Che fine ha fatto Bernadette

bernadette1(ASI) Anche le bellissime case vanno in pezzi. I soffitti gocciano, i rovi impazzano, gli abitanti impazziscono. Infatti la casa infinita e non finita di Bernadette Fox, (una Cate Blanchett volutamente sopra le righe, intrisa di un irrefrenabile, goffo humour nero, sempre più affine alle grandi dive dell’età d’oro) architetto un tempo unico nel suo genere, ora sotto le mentite spoglie di casalinga distaccata disadattata, rispecchia il malessere sottile della sua proprietaria: repressa, solitaria, ignorata, snob, ma soprattutto un enorme colmo vulcano sedato da anni di abitudine alla sudditanza, in una vita da spettatrice, non da protagonista.

Bernadette è scomparsa molto prima di decidere autonomamente di prendere una pausa di riflessione e di realizzazione fuori da quell’abitudine.

Cronache antartiche e logorroiche di una casalinga disperata. Il nuovo raffinato e verboso film, tra commedia e dramma, dell’ex giovane prodigio Richard Linklater, ricompone i tasselli diaristici del romanzo best seller omonimo, mettendo egli stesso maniacalmente mano al cantiere di un personaggio alleniano, alla parabola complessa della sua genialità sociopatica e ipersensibile, spiegandoci Che fine ha fatto Bernadette.

Come narra la saccente voce off della pur simpatica figlia di Bernadette, Bee, il piccolo secondo genio di famiglia, anzi terzo - considerando il padre matematico in forze alla Microsoft, tipico egocentrico involontario - quello che ha fatto prendere una piega depressiva e fobica alla madre ormai al limite dell’agorafobia, è un difetto del suo meccanismo di adattamento. Bernadette non riesce come tutti i comuni mortali a resettarsi ciclicamente per sopportare senza dolore la banalità ripetitiva dell’esistenza. Quindi non prova più entusiasmo, speranza, desiderio di novità. Finché Bee non porta come promesso/scommesso, una pagella perfetta e i genitori dall’alto della propria ricchissima quanto generosa borghesia, organizzano un viaggio di famiglia in Antartide. Questa novità provoca uno strappo nella routine di Bernadette, che inizia un percorso che dalla preparazione ossessiva del viaggio la porta invece a lasciarsi sedurre dalla più facile e meno rischiosa compulsione alla fuga. Fuga non dalla gente, dai compiti familiari o dai vicini isterici e altrettanto insoddisfatti con i quali litiga perennemente (provocando esilaranti incidenti domestici e catastrofi idrogeologiche), bensì da se stessa. Tuttavia questa volta per ritrovarsi una volta per tutte e ricalcare la scena da attrice primaria.

Senza sperimentazioni ma anzi con stra-ordinario rigore e coerenza, Linkater abbandona il romanticismo decadente ma anche l’ironia politicamente scorretta per darsi ad una commedia quasi priva di incrinature, letteralmente “architettata” con maestria, eleganza, tatto, usando irriverenza e picchi di genio come decorazioni ad una facciata già di per sé compiuta e ordinata. Una commedia americana con grandi marchette non proprio mascherate, tra Apple e Microsoft, confezionata ad hoc per americani, dove la borghesia come tanto Allen ha già insegnato, si auto rigenera prendendosi in giro con stile e la follia, da strumento di analisi cambiamento e stimolo, si riduce a vacanza. Tra i poli.

Regia: Richard Linklater

Sceneggiatura: Richard Linklater, Vincent Palmo Jr.

Fotografia: Shane F. Kelly

Montaggio: Sandra Adair

Produzione: Annapurna Pictures, Color Force

Cast: Cate Blanchett, Billy Crudup, Kristen Wiig, Emma Nelson, James Urbaniak, Judy Greer, Troian Avery Bellisario, Laurence Fishburne, Zoe Chao

Commedia, Drammatico/ USA 2019/ Durata: 130 min

Distribuzione: Eagle Pictures e Leone Film Group

In sala dal12 dicembre 2019

 

Sarah Panatta per Agenzia Stampa Italia

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