Apes revolution – Il pianeta delle scimmie, recensione, 2014.

(ASI) Continua la saga delle scimmie umanizzate in seguito ad esperimenti genetici, talmente spregiudicati, che la Terra viene invasa da un virus che distrugge l’umanità. I primati, divenuti intelligenti, sopravvivono. Gli umani soccombono.

Tranne un piccolo resto, immune alla malattia. Le scimmie si ritirano nei boschi nei dintorni di San Francisco e fondano una vera e propria comunità, guidata da Cesare. Fino a quando gli abitanti della città tentano di riattivare una vecchia diga per produrre energia elettrica. A questo punto lo scontro è inevitabile. I rancori, i desideri di vendetta, i pregiudizi, l’odio razziale esplodono nei rispettivi schieramenti. Le scimmie non si fidano degli uomini, che considerano i loro carnefici, intenti solo a sfruttarli fino ad arrivare al punto di condurre esperimenti sui loro corpi. Gli uomini accusano i primati di aver sterminato l’umanità, avendo introdotto il virus letale che ha distrutto la Terra. I leader dei due fronti tentano una soluzione pacifica ed una convivenza ragionevole nel rispetto reciproco. Ma una scimmia, Kobe, particolarmente torturata ai tempi del laboratorio, odia talmente i figli di Adamo, che mette in atto una cospirazione pur di scatenare la guerra tra i due popoli. Il finale vedrà capovolti i ruoli conosciuti negli ultimi milleni.

Il film, pur non possedendo intenti culturali, consente di formulare alcune considerazioni. L’attenzione dello spettatore si concentra, inevitabilmente, sul capovolgimento dei ruoli tra uomini e scimmie. Nel giro di pochi istanti i padroni diventano schiavi e viceversa. Quello che prima veniva considerato meno di un oggetto ora ci può trattare da animali. Il senso di impotenza pervade lo spettatore. Ma come? Ci comandano? Ci fanno prigionieri? Ci tratteranno come noi li abbiamo trattati da tempo immemorabile?

La cosa che più sconvolge è che hanno la nostra intelligenza in un fisico cento volte più agile, forte e resistente. Praticamente una disfatta totale per l’umanità. Ma, come capita nelle migliori famiglie, anche tra le scimmie esiste una condizione che più di ogni altra caratterizza gli esseri umani: la libertà. Questa impalpabile sfumatura dell’esistenza che ti permette di diventare Michelangelo, uno scansafatiche esperto, un lavoratore costante ed onesto, un capo mafia spietato. Anche nella tribù di Cesare c’è chi non è d’accordo con lui, chi preferisce ingannare gli altri, chi aspira al potere, chi non vuole rischiare di soffrire di nuovo e chi si vuole vendicare. Sì, vendicare. Ripagare il male subito con il male. Occhio per occhio, dente per dente. Regola che, lo ricordiamo ai nostri lettori, quando fu inventata serviva a limitare le vendette, ben sapendo, il legislatore, che l’uomo, quando si vendica, tende un po’ ad esagerare. E così anche le scimmie.

È interessante notare come anche la nostra fantasia è abbastanza limitata. Prendiamo ad esempio, gli sceneggiatori. Al massimo della loro creatività riescono a creare dei primati che hanno semplicemente caratteristiche umane e come tali ne possiedono tutti i pregi ed i difetti, come quello di non riuscire a vivere in pace per troppo tempo. E questo, nel film, è un grosso vantaggio per la nostra specie. Anche i sudditi di Cesare, per fortuna, non vanno d’accordo tra di loro e magari, nel terzo episodio, troviamo pure il modo di riprenderci la Terra. Chissà!?!

Ilaria Delicati – Agenzia Stampa Italia

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