8 marzo: tra festa e leggenda
(ASI) La leggenda fa risalire l’origine della festa della donna al 1908 quando in una azienda di New York, denominata Cotton, ci fu un incendio dove persero la vita parecchie operaie che lavoravano nella fabbrica. In realtà la festa della donna nacque un anno più tardi, precisamente il 18 febbraio del 1909, quando il partito socialista statunitense organizzò una grande manifestazione con l’intento di promuovere il diritto di voto anche per le donne.

E’ quanto si legge in un articolo pubblicato sul sito Blasting News, il quale dice: “L’iniziativa fu solo la prima di una lunga serie che tra il novembre del 1908 e il febbraio del 1909 diede vita ad una serie di scioperi promossi dalle operaie di New York che chiedevano un miglioramento delle condizioni lavorative con particolare riferimento all’aumento del salario. Era dunque nata la festa della donna tanto che un anno più tardi l’VIII Congresso Internazionale Socialista propose di istituzionalizzarla stabilendo una data in cui dedicare una giornata alle donne. La data dell’8 marzo venne però stabilita solamente nel 1917 quando proprio in quel giorno a San Pietroburgo le donne manifestarono in piazza per chiedere la fine della guerra. L’evento fu fonte di ispirazione per le delegate della seconda conferenza internazionale delle donne comuniste che a Mosca decisero di istituire in data la Giornata Internazionale dell’Operaia, l’antenata della festa della donna. In Italia le prime tracce della festa della donna risalgono al 1922 mentre le mimose comparvero per la prima volta nel 1946, al termine della seconda guerra mondiale. Da allora la festa della donna è sempre stata festeggiata per rivendicare i diritti femminili e per festeggiare le conquiste ottenute dalle donne fin dagli origini di questa ricorrenza”.

Ma quali spazi ci sono oggi per le donne, in settori vitali ed importanti di un Paese moderno? Specialmente in politica? In una inchiesta sul sito online de La Repubblica si legge: “Dal Quirinale alle Province, passando per ministeri, parlamento, Regioni, giunte e consigli comunali, il 79,27% degli incarichi istituzionali oggi in Italia è ancora in mano agli uomini. Questa analisi, parla chiaro: le donne costituiscono solo il 19,73% sul totale dei ruoli politici elettivi o di nomina. Troppo poco per un Paese che si dichiara civile. L’incidenza percentuale minore in assoluto è riscontrabile nei consigli regionali, dove è “rosa” solo il 13,71% delle poltrone: su un totale di 1.065 rappresentanti che siedono alle regioni di tutta Italia, 919 sono uomini contro solamente 146 donne. Emblematico poi il risultato delle ultime elezioni svoltesi in Sardegna, dove il nuovo Consiglio regionale sardo conta la miseria di 4 donne su 60 eletti. Peggio della Sardegna c’è la Calabria che conta 2 donne su 51 eletti”. Questi numeri non sono certamente degni di un Paese civile, checché ne dicano i tanto sbandieratori della politica.

Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia
 
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