Udienza di Papa Francesco ai partecipanti all’assemblea della riunione delle opere per l’aiuto alle chiese orientali

(ASI) Si è tenuta nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, l’Udienza di questa mattina, dove Papa Francesco ha ricevuto i partecipanti all’86’ Assemblea della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali. Tema molto delicato quello trattato oggi dal Santo Padre, “ la situazione dei cristiani e delle Chiese in Egitto, Irak, Siria e in Terra Santa”.

Anche stavolta Papa Francesco si è rivolto ai presenti con il suo modo di parlare, semplice ma forte quanto basta per imprimere ogni  volta il messaggio di carità, che oggi ha caratterizzato il fulcro centrale del suo discorso, carità che è inscindibile, sottolinea, da quella fede nella quale il Vescovo Roma è tenuto a confermare i suoi fratelli. Chiede in oltre di aiutarlo nel compito di tenere la fede saldamente legata alla carità. Si rivolge anche ai responsabili dei popoli e degli organismi internazionali e chiede pace, chiede che cessino le violenze e la discriminazione religiosa, culturale e sociale. Rinnova la vicinanza della Chiesa a quanti soffrono, chiede di abbandonare lo scontro che porta alla morte e lasciare spazio all’incontro e alla riconciliazione. Di seguito il discorso integrale di Sua Santità:

Cari Amici,

1. Benvenuti, tutti! Vi accolgo con gioia per rendere grazie al Signore, insieme ai fratelli e alle sorelle d’Oriente, qui rappresentati da alcuni loro Pastori e da voi Superiori e Collaboratori della Congregazione per le Chiese Orientali e membri delle Agenzie che compongono la ROACO. Sono grato a Dio per la fedeltà a Cristo, al Vangelo e alla Chiesa, di cui gli Orientali cattolici hanno dato prova lungo i secoli, affrontando ogni fatica per il nome cristiano e "conservando la fede" (cfr 2 Tm 4,6-8). Sono loro vicino con riconoscenza. Estendo il mio grazie a ciascuno di voi, e alle Chiese di cui siete espressione, per quanto operate a loro favore e ricambio il cordiale saluto che mi ha rivolto il Cardinale Prefetto. Come i miei Predecessori, desidero incoraggiarvi e sostenervi nell’esercizio della carità, che è il solo motivo di vanto per i discepoli di Gesù. Questa carità scaturisce dall’amore di Dio in Cristo: la Croce ne è il vertice, segno luminoso della misericordia e della carità di Dio verso tutti, che è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5).

2. E’ per me un dovere esortare alla carità, che è inscindibile da quella fede nella quale il Vescovo di Roma, Successore dell’apostolo Pietro, è tenuto a confermare i fratelli. L’Anno della fede ci spinge a professare in modo ancora più convinto l’amore di Dio in Cristo Gesù. Vi chiedo di accompagnarmi nel compito di unire la fede alla carità, che è insito al Servizio Petrino. Sant’Ignazio di Antiochia ha quella densa espressione con cui definisce la Chiesa di Roma: "la Chiesa che presiede alla carità" (Lettera ai Romani, saluto). Vi invito, perciò, a collaborare "nella fede e nella carità di Gesù Cristo Dio nostro" (ibid), ricordandovi che il nostro operare sarà efficace solo se radicato nella fede, nutrito dalla preghiera, specialmente dalla Santa Eucaristia, Sacramento della fede e della carità.

3. Cari amici, è questa la prima testimonianza che dobbiamo offrire nel nostro servizio a Dio e ai fratelli, e solo in questo modo ogni nostra azione sarà feconda. Continuate la vostra opera intelligente e premurosa nella realizzazione di progetti ben ponderati e coordinati, che diano l’opportuna priorità alla formazione, specialmente dei giovani. Ma non dimenticate mai che questi progetti devono essere un segno di quella professione dell’amore di Dio che costituisce l’identità cristiana. La Chiesa, nella molteplicità e ricchezza delle sue componenti e delle sue attività, non trova la sua sicurezza nei mezzi umani. La Chiesa è di Dio, ha fiducia nella sua presenza e nella sua azione, e porta nel mondo la potenza di Dio che è quella dell’amore. L’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente sia per voi un riferimento prezioso nel vostro servizio.

4. La presenza dei Patriarchi di Alessandria dei Copti e di Babilonia dei Caldei, come dei Rappresentanti Pontifici in Terra Santa e in Siria, del Vescovo Ausiliare del Patriarca di Gerusalemme e del Custode di Terra Santa, mi porta con il cuore nei Luoghi Santi della nostra Redenzione, ma ravviva in me la viva preoccupazione ecclesiale per la condizione di tanti fratelli e sorelle che vivono in una situazione di insicurezza e di violenza che sembra interminabile e non risparmia gli innocenti e i più deboli. A noi credenti è chiesta la preghiera costante e fiduciosa perché il Signore conceda la sospirata pace, unita alla condivisione e alla solidarietà concreta. Vorrei rivolgere ancora una volta dal più profondo del mio cuore un appello ai responsabili dei popoli e degli organismi internazionali, ai credenti di ogni religione e agli uomini e donne di buona volontà perché si ponga fine ad ogni dolore, ad ogni violenza, ad ogni discriminazione religiosa, culturale e sociale. Lo scontro che semina morte lasci spazio all’incontro e alla riconciliazione che porta vita. A tutti coloro che sono nella sofferenza dico con forza: non perdete mai la speranza! La Chiesa vi è accanto, vi accompagna e vi sostiene! Vi chiedo di fare tutto il possibile per alleviare le gravi necessità delle popolazioni colpite, in particolare quelle siriane, la gente dell’amata Siria, i profughi, i rifugiati sempre più numerosi. Proprio sant’Ignazio di Antiochia chiedeva ai cristiani di Roma: "ricordatevi nella vostra preghiera della Chiesa di Siria… Gesù Cristo sorveglierà su di essa e la vostra carità" (Lettera ai Romani IX, I). Anche io vi ripeto questo: ricordatevi nella vostra preghiera della Chiesa di Siria... Gesù Cristo sorveglierà su di essa e la vostra carità. Al Signore della vita affido le innumerevoli vittime e imploro la Santissima Madre di Dio perché consoli quanti sono nella "grande tribolazione" (Ap 7,14). E’ vero, questa della Siria è una grande tribolazione!

Su ciascuno di voi, sulle Agenzie e su tutte le Chiese Orientali imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Anche oggi Papa Francesco si è fatto testimone di una fede che supera ogni barriera, sia essa culturale o religiosa, si è appellato ai presenti perché continuino a portare la parola di Dio con amore e carità, quella carità che va di pari passo con la fede, quella fede che non può esistere senza carità. Oggi più che mai serve la fede e la speranza che il mondo sia un luogo di pace da affidare a chi lo erediterà. Lasciare quindi lo scontro che porta alla morte e trovare l’incontro e la riconciliazione che invece danno la vita.

 

Erika Cesari – Agenzia Stampa Italia

 

 
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