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L’internazionalizzazione dell’Umbria

 

(ASI) La crisi economica attanaglia tutto il mondo e la recessione non risparmia nessun lembo del globo. Come si può uscire da questa deriva negativa? Se ne discusso a Perugia e si è analazzata la situazione dell'Umbria, regione che ha le risorse per dare delle significative risposte positive.

 La condizione fondamentale per uscire  dalla recessione è che le imprese faccciano sistema e si adeguino ai livelli imprenditoriali internazionazionali. Requisiti indispensabili ecessarie per competere sul mercato globale.  Vi riportiamo un'importante analisi fatta dell'illustre Professore Alberto Mossone, nonchè apprezzato dirigente di Marketing di fama internazionale.
Idee concrete e soluzioni che mirano a far uscire dall'arretramento economico il Cuore Verde dell'Umbria che sono state discusse in un interessante convegno che si è tenuto recentemente a Perugia.

Insieme a Innovazione, Ricerca e Formazione, Internazionalizzazione è una delle parole più ricorrenti nei convegni e nei media quando si parla di economia del nostro paese e della nostra regione.

 Ma l’internazionalizzazione è una cosa seria, che richiede prima di tutto una vocazione da parte dell’imprenditore, poi una visione strategica, un’efficace attività di pianificazione, un’adeguata struttura organizzativa ed un attività di indirizzo, di accompagnamento e di assistenza tecnica da parte delle Istituzioni, perché la promozione della propria azienda e dei propri prodotti va inserita all’interno di quella del  Made in Italy e poi del  Made in Umbria.

 L’internazionalizzazione, per una regione, come per ogni impresa, non è tutto, ma va inquadrata all’interno di una visione. In Umbria dobbiamo ripensare, rielaborare una visione, per ridare una missione alla nostra regione, alle nostra comunità, ai nostri giovani, in particolare, volando alto, per riposizionare l’Umbria in Italia e sui mercati internazionali valorizzando le tante eccellenze e le  potenzialità  inespresse. E’ questa un’attività strategica  che deve precedere  e indirizzare qualsiasi azione di programmazione economica, inclusa la promozione dell’internazionalizzazione.

Lunedì scorso il presidente Giorgio Mencaroni ha presentato i risultati di un’indagine della Camera di Commercio di Perugia sull’internazionalizzazione delle imprese.

Premesso che la provincia di Perugia è caratterizzata da una scarsa apertura al commercio estero(18,9%, contro un 42,7% della media Italia) e da una limitata propensione all’export (11,5%, rispetto al 21,2% del dato nazionale), dall’indagine risulta che appena il 27% delle imprese intervistate ha svolto attività sui mercati esteri nei primi nove mesi del 2010, passando dal 10% delle imprese con fatturato fino a 300.000 €. al 75% di quelle con fatturato superiore ai 5 milioni di €.

Ma la risposta più inquietante è quella data sugli ostacoli che le imprese incontrano nell’operare con l’estero: il 30% dice di non aver riscontrato nessun ostacolo e comunque  le imprese intervistate sostengono che le difficoltà non siano da ricondurre ad un prodotto non competitivo, o alla mancanza di un management adeguato!

Per la mia esperienza di internazionalizzazione, di oltre 40 anni,  queste sono invece due delle concause più rilevanti delle scarse performance del Made in Umbria.

 

L’ISTAT ha pubblicato oggi i dati della bilancia commerciale dei primi nove mesi del 2010.

A livello Italia l’export è cresciuto del 14,3%, l’import del 20,9% e conseguentemente il deficit è cresciuto del 363,5% passando da 4.142 miliardi di €. dei primi 9 mesi 2009  a 19.197 nel 2010.

L’Umbria ha registrato un aumento dell’import più che doppio rispetto all’Italia (+46,6%), un aumento dell’export superiore di circa una volta e mezzo a quello nazionale (+21,3%), ma, purtroppo, anche il surplus regionale, che nei primi nove mesi del 2009 era di 626 milioni di €., si è ridotto del 30,4%, scendendo a 436 milioni di €.

Il peso dell’export umbro sull’ export nazionale, che nel primo semestre 2010 era salito all’1%, è ritornato  allo 0,9%, dato medio da ormai tantissimi anni), a fronte di un incidenza del PIL intorno all’1,4%.

Il 28 dicembre 2009 veniva costituito il nuovo Centro Estero dell’Umbria. Credo che le imprese umbre interessate ad internazionalizzarsi (che dovrebbero essere poi tutte, nell’attuale scenario macroeconomico!) abbiano almeno il diritto di conoscere, a quasi un anno dalla sua costituzione, il piano triennale del Centro ed ancora di più il piano operativo per l’anno 2011, per poter impostare i loro piani aziendali, cogliendo, ove possibile, le opportunità  e le sinergie offerte dalle iniziative del Centro.

In quali mercati, per quali settori, con quali attività e con quali risorse si intende promuovere il Made in Umbria nel 2011? E’ forse chiedere troppo?

 

 
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