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  L’ ortogeriatria il miglior modello di cura per gli anziani con frattura del femore: un convegno a Perugia.

(ASI) Un nuovo modello di cura dell’anziano con frattura di femore. L’ortogeriatria è un percorso clinico-assistenziale integrato che prevede la stretta collaborazione tra geriatri e ortopedici, per prendersi cura insieme del fratturato in età avanzata fin dalla fase preoperatoria. Se ne parlerà il 18 settembre in un convegno organizzato a Perugia congiuntamente dalla Facoltà di Medicina e dall’Azienda Ospedaliera del capoluogo umbro. Saranno relatori, primari e medici delle due branche interessate, tra i quali Auro Caraffa e Patrizia Mecocci, Professori ordinari, rispettivamente, di Ortopedia-Traumatologia e Gerontologia- Geriatria a Perugia. All’evento hanno dato la loro adesione anche esperti dei Centri nazionali più qualificati, tra cui il dottor Giulio Pioli, responsabile scientifico dei protocolli ortogeriatrici realizzati in Emilia Romagna.

L’ortogeriatria si è sviluppata anche in Italia, negli ultimi anni, specie in Emilia-Romagna, Veneto e Marche, come risposta efficace alle problematiche di una patologia che, secondo alcune stime epidemiologiche, in Italia riguarda ogni anno dai quaranta ai cinquanta mila casi. Il fattore di rischio più importante per la frattura del femore negli anziani è la caduta accidentale, spesso associata all’osteoporosi. Dopo i cinquanta anni, il tasso di incidenza aumenta per ogni anno di età e particolarmente colpite sono le donne. Il costo annuale in Europa per questa patologia è stato calcolato intorno ai venticinque miliardi di euro, di cui il 20% imputabile alle spese ospedaliere.

Tra l’altro, si tratta di una patologia con elevata mortalità che, anche quando il soggetto sopravvive, causa una perdita di autosufficienza molto grave e spesso irreversibile. Pertanto, l’approccio ortogeriatrico ha come obiettivo principale quello di ridurre i tempi dell’intervento, con conseguente minor rischio di complicanze post-operatorie, una più rapida ripresa funzionale e un benefico effetto sulla mortalità e qualità di vita, a breve e medio termine. La collaborazione tra specialisti ortopedici e geriatrici permette, infatti, di individuare e attivare gli interventi terapeutici più opportuni e nei tempi più rapidi. Ciò garantisce il massimo e più precoce recupero delle condizioni di salute e dello stato funzionale degli anziani curati.

Il convegno intende presentare le peculiarità del paziente anziano fratturato di femore e mettere a confronto i modelli organizzativi delle più diverse esperienze già esistenti in Italia di Unità Ortogeriatriche. L’efficacia di queste Unità, in alcuni casi è stata dimostrata non solo sul piano clinico-terapeutico, ma anche nell'ottimizzare l'utilizzo delle risorse sanitarie. I risultati fin qui ottenuti, in effetti, permettono una riduzione considerevole delle giornate di degenza ospedaliera e dei costi dell’assistenza.

Nel corso dell'incontro verranno anche presentati i risultati finora raggiunti dall'Unità Ortogeriatrica dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Dal gennaio scorso, infatti, l’esperienza che si è sviluppata ha visto la presenza fissa per almeno due ore al giorno (ma anche tre-quattro nella fase iniziale) di un medico geriatra presso il reparto di ortopedia. Lo scopo, come ci riferisce la Professoressa Mecocci, è quello di “sviluppare un modello di cura non più basato sulla semplice consulenza tra colleghi di diverse branche specialistiche, che spesso si fa quando c’è già una complicanza medico-chirurgica in essere, ma una vera e propria ‘cogestione’ del paziente, nella quale la responsabilità del paziente è condivisa tra ortopedico e geriatra”. Il lavoro d’équipe porta infatti geriatri e ortopedici a decidere insieme le azioni cliniche da intraprendere, sia in fase preoperatoria che dopo l’intervento. Fin dalle prime fasi del ricovero, pianificano insieme lo scenario riabilitativo ed il percorso successivo più appropriato. In questo modo, dice Mecocci “il paziente è preso in carico dall’équipe multidisciplinare, e tutte le figure professionali coinvolte sono responsabilizzate al massimo sulle scelte da fare”.

I risultati del progetto pilota dell’Azienda Ospedaliera di Perugia sono stati elaborati anche in base ad una serie di contatti avuti con i pazienti a distanza di tre e sei mesi dalla fine del ricovero. E’ stato anche messo a confronto il decorso clinico dei pazienti seguiti dell’ospedale perugino prima e dopo l’attivazione dell’Unità Ortogeriatrica. I dati saranno illustrati al convegno dalla dottoressa Carmelinda Ruggiero della Struttura Complessa di Geriatria che, insieme al prof. Giuseppe Rinonapoli della Struttura di Ortopedia, ha sviluppato il progetto e lo ha seguito, poi, nella fase di realizzazione, raccolta ed analisi. Ruggiero ci anticipa comunque che gli esiti, anche nell’ospedale perugino, sono stati incoraggianti: “miglioramento della qualità dell’assistenza offerta durante la degenza; riduzione delle complicanze pre e post-operatorie; maggior numero di anziani che accedono all’intervento chirurgico entro 48 ore dall’ingresso, recupero funzionale più rapido anche a casa, dopo le dimissioni dall’ospedale”. Con effetti “salutari” anche sul piano della riduzione della spesa, in quanto “sono risultate abbattute in misura drastica la durata dei ricoveri e le consulenze specialistiche richieste in urgenza, grazie alla presenza fissa del geriatra presso l’Ortopedia”.

L’auspicio della ricercatrice è che i risultati positivi ottenuti sia sul piano clinico che su quello economico-gestionale inducano l’Azienda Ospedaliera a “creare anche a Perugia una Unità Ortogeriatrica strutturata, non più basata su basi volontarie, ma con personale dedicato”.

I riscontri positivi per la Struttura perugina, d’altronde, erano già arrivati qualche mese fa. In un convegno svoltosi a Torino nello scorso mese di marzo e organizzato dall’Associazione Medici di Direzione Sanitaria (ANMDO), all'Azienda Ospedaliera di Perugia fu assegnato il primo Premio proprio per il progetto di ottimizzazione del percorso dell’assistenza che, in ben il 50% dei casi, permette di eseguire l’intervento sul paziente con frattura di femore ortopedico già entro le prime quarantotto ore, come richiesto dagli standard di qualità fissati a livello ministeriale.

Daniele Orlandi – Agenzia Stampa Italia

 

 
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