"La verità - spiega - nascosta sotto la cortina fumogena della demagogia giustizialista del ministro Bonafede e della retorica 'spazzacorrotti' è il classico 'colpo di spugna' in stile Prima Repubblica: un vero regalo ai compagni di ventura per cancellare i loro problemi giudiziari. È bastato un codicillo ad personam nascosto nelle pieghe del decreto che di fatto derubrica il reato di peculato - guarda caso - e proprio per i consiglieri regionali leghisti condannati e imputati parrebbe tutto risolto. Ora si capisce il perché delle discussioni notturne, la caterva di emendamenti che apparivano e scomparivano, le sceneggiate su Facebook, le riunioni notturne in via Arenula. Che cosa hanno da dire ora Bonafede, Di Maio, Conte e Travaglio? Il ministro ha approvato e integrato norme di cui non ha capito il contenuto oppure ha dato il suo contributo a questo colpo di spugna?".
"Quel che è certo è che il titolo della legge era sbagliato: il vero nome del Dl Bonafede non è spazzacorrotti ma salvafurbetti", conclude.