Accordo di Badoglio - Kesselring per la fuga del Re in Abruzzo e a Brindisi il 9/10 settembre 1943?
(ASI) Chieti - Ci sono ancora dei vuoti da colmare sulle vicende storiche d'Italia inerenti l'Armistizio dell'8 settembre 1943, la fuga del Re Vittorio Emanuele III, della famiglia e della corte reale, del Governo Badoglio e dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano verso l'Abruzzo prima, e Brindisi poi, tra il 9/10 settembre 1943, sulla quasi contestuale "liberazione" di Mussolini sul Gran Sasso il 12 settembre da parte dei Tedeschi, sul perché le forze armate italiane consegnarono pressoché senza combattere Roma ai Tedeschi il 10 settembre, mentre a  Napoli popolo e soldati fecero sloggiare dalla città partenopea la Wermacht in pochi giorni nelle cosiddette quattro giornate di Napoli sulle quali già scrissi nel 2015.
  A tal proposito dalla ricerca storica che ho fatto per lo speciale sul settembre 1943 che sto scrivendo appare sempre più chiaro: 1) L'accordo fra lo Stato Maggiore Italiano e i comandi tedeschi per la fuga del Re e del Governo; 2) L'accordo italo - tedesco per la liberazione di Mussolini; 3) Il disprezzo dei Britannici in particolare e degli Alleati in genere per l'Italia che si denota sia dalla formula della cobelligeranza, sia dalle clausole restrittive dell'Armistizio che configuravano una resa senza condizioni; 4) La volontà da.parte italiana sia mussoliniana sia badogliana di preservare il patrimonio delle città italiane limitando i danni degli eserciti stranieri di ambo le parti; 5) Il ruolo importante di Chieti (fra Palazzo Mezzanotte e l'Albergo Sole) nella fuga del Governo e dello Stato Maggiore badogliano; 6) A Napoli il popolo e l'esercito italiano cacciano autonomamente i tedeschi prima dello sbarco a Salerno degli Alleati. Stessa cosa si poteva fare potenzialmente a Roma, ma i comandi italiani sconsigliano il 7 settembre 1943 (probabilmente per tutelare la Città Eterna) uno sbarco degli Alleati subito nel Lazio.
 
Partendo da questi punti fermi analizzeremo le suddette  vicende storiche attraverso la citazione di fatti avvenuti in attesa della pubblicazione di un mio saggio storico sull'argomento. 
 
- Accordo Italo - tedesco per la fuga del Re: consegna di Roma ai Tedeschi e Liberazione di Mussolini a Campo Imperatore. 
 
Lo Stato Maggiore Italiano non si fidava né degli ex alleati germanici che consideravano gli Italiani dei traditori (o comunque sia i vertici politico - militari del Regno d'Italia), né degli ex nemici anglo - americani che comunque sia non avevano dato nessuna garanzia al Governo di Badoglio, considerando l'Italia come un paese che di fatto si era arreso senza condizioni, perciò la famiglia reale, il Governo e lo Stato Maggiore dell'esercito decisero di fuggire da Roma in luoghi considerati più sicuri e lo fecero probabilmente tramite un accordo tacito con i Tedeschi ai quali venne consegnata quasi senza sparare Roma il 10 settembre 1943, appena il Re Vittorio Emanuele III e il Maresciallo Pietro Badoglio raggiunsero Brindisi passando per l'Abruzzo, e permettendo la liberazione da parte dei Tedeschi di Mussolini a Campo Imperatore sul Gran Sasso il 12 settembre 1943, accompagnati dal Generale della Polizia italiana Fernando Soleti che diede l'ordine ai militari che avevano in custodia il Duce di non sparare, di consegnare il prigioniero vivo. 
Ma arriviamo al dunque passo per passo..... Quando viene firmato l'Armistizio fra il Governo Italiano e gli Alleati, il Maresciallo Badoglio e il Generale Carboni persuadono i vertici anglo - americani a non sbarcare a Nord di Roma e cercano con mille scuse di rimandare, in un incontro clandestino il 7 settembre,  l'annuncio della resa che Eisenhower voleva rendere di pubblico dominio contemporaneamente al lancio di paracadutisti sugli aeroporti di Roma e lo sbarco di Salerno. 
Il Generale statunitense Taylor era giunto a Roma il 7 settembre 1943 a notte per coordinare l'aviolancio dei paracadutisti americani, ma si trovò di fronte la strana opposizione di Badoglio e di Carboni che affermarono che le truppe italiane erano senza mezzi e carburante per combattere, ma il tutto si rivelò una menzogna, infatti i depositi erano pieni e finiranno nelle mani dei Tedeschi quando presero il controllo della città di Roma, e non si é voluto armare la popolazione che voleva combattere, facendo trasferire verso la Tiburtina le migliori truppe italiane moto corazzate presenti nella Capitale. Inoltre, non era nemmeno vero che i Tedeschi controllavano gli aeroporti di Roma come ha rivelato Kesselring nelle sue memorie. 
Dunque, Badoglio sconsiglia l'aviosbarco programmato dal Generale Taylor, evidentemente non era questa l'intenzione dei comandi italiani. Bisognava forse mettersi d'accordo con i comandi tedeschi per riuscire  a scappare incolumi? D'altronde chi si mette in viaggio alle 6 di mattina del 9 settembre 1943 da Roma a Pescara, con decine di posti di blocco tedeschi, riuscendo ad arrivare a destinazione senza nemmeno colpo ferire?
A Chieti in Palazzo Mezzanotte dove Kesselring aveva messo il suo quartier generale il 10 settembre 1943 perché dall'alto la città controllava sia il mare che la montagna (qui c'era la stazione radio da cui partirono gli ordini per la liberazione del Duce con l'Operazione Quercia e per le operazioni sulla Linea Gustav), i funzionari dell'esercito tedesco dissero a bassa voce ai presenti che il Re e Badoglio erano scappati con un lascia passare di Kesselring.
Arrivati a destinazione a Brindisi, i Reali, lo Stato Maggiore e il Governo Italiano, passando per l'Abruzzo (sostando a Chieti i membri dello Stato Maggiore e a Crecchio i membri della famiglia reale, mentre Badoglio era a Pescara), dopo alcuni scontri a Porta San Paolo, il 10 settembre 1943 Roma fu consegnata agli uomini di Kesselring proprio dal genero di sua maestà il Re Calvi di Bergolo. Per tutto il viaggio in nave dei Savoia e di Badoglio, un aereo militare tedesco tenne sotto controllo la nave pronto evidentemente a colpirla (o a difenderla??) casomai qualcosa fosse andato storto. 
Ma vediamo come é andata in breve la consegna di Roma ai Tedeschi da parte dello Stato Maggiore Italiano che portò dopo la liberazione della città a un processo per i Generali Roatta e Carboni rei secondo l'accusa di non aver difeso Roma a dovere. D'altronde i numeri dei soldati Italiani erano super favorevoli nei confronti dei Tedeschi (25 mila uomini e oltre 130 mezzi corazzati per i germanici e addirittura circa 88 mila uomini e quasi 400 mezzi corazzati per gli Italiani) e nonostante questo la città di Roma venne lasciata in mano ai Tedeschi, per tutelare la popolazione e il patrimonio della Città Eterna sicuramente, non senza però la deportazione dei soldati italiani che si rifiutavano di consegnarsi, probabilmente anche per favorire il si salvi chi può dell'intero Stato Maggiore Italiano. 
Alle 5.15 del 9 Settembre 1943, il Generale Roatta lasciò un ordine scritto con una matita su un foglietto (diventato famoso come il 5,15) che era piuttosto strano per chi volesse difendere veramente Roma, infatti dava l'ordine di far spostare il Corpo d'Armata Motocorazzato della capitale a Est, in direzione Tivoli (ovviamente per proteggere la fuga dello Stato Maggiore, della famiglia reale e del governo),  e nello stesso tempo (in contrasto), lasciando nel contempo tutte le altre truppe dislocate a Roma agli ordini del suo vice il Generale Carboni. Così a  Roma alle 12 del 9 settembre 1943, erano rimasti solo alcuni ufficiali minori, fra cui Carboni, Calvi di Bergolo (genero del Re), e il Tenente Colonnello Giaccone. A Chieti erano ospitati fra l'Albergo Sole e Palazzo Mezzanotte ben una doppia dozzina di generali e una dozzina di colonnelli. 
I tre alti ufficiali rimasti a Roma furono prontamente convocati da Kesselring  accettarono la capitolazione di Roma in mano ai Tedeschi con firma del più basso in grado Giaccone che fu comandato dai suoi superiori. Il 23 settembre come venne costituita la Repubblica Sociale Italiana, anche Calvi di Bergolo che si era fatto vedere amico dei germanici  venne arrestato, in quanto parente del Re Vittorio Emanuele III.
A seguito della consegna di Roma ai Tedeschi fu firmato dal  Calvi di Bergolo il seguente proclama: 
 
"Proclama Italo - Tedesco per Roma
 
Premesso che le trattative iniziate ieri (giorno 9 - Ndr) tra le autorità militari italiane e tedesche si sono concluse il 10 settembre alle ore 16 con l'accettazione di un accordo, secondo il quale viene stabilito che le truppe tedesche debbono sostare ai margini della città aperta di Roma, salvo l'occupazione della sede dell'Ambasciata germanica, della stazione radio di Roma 1a e della centrale telefonica tedesca; che quale comandante della città aperta di Roma ho alle mie dipendenze una divisione di fanteria per il mantenimento dell'ordine pubblico, oltre a tutte le forze della polizia; che i Ministri rimangono in carica per il normale funzionamento dei rispettivi dicasteri.
 
Dispongo:
 
1. • Le truppe del presidio di Roma e le forze di polizia a mia disposizione per il presidio della città aperta di Roma costituiranno posti di blocco in corrispondenza della linea delimitante la città aperta di Roma.
 
2. - Tutti i militari di qualunque grado che si trovano a Roma appartenenti ai depositi, forti, enti militari vari, debbono presentarsi al più presto alla rispettiva caserma con l'armamento individuale e con i mezzi che hanno in consegna: tempo 24 ore, trascorse le quali saranno denunciati al Tribunale Militare di Roma.
 
3. - Il Tribunale Militare di Roma sederà in permanenza.
 
4. - La popolazione della città deve attendere alle sue normali occupazioni, conservando perfetto ordine, calma ed obbedienza alle disposizioni delle autorità militari.
Tutti coloro che detengono armi devono versarle ai Commissariati di P.S. del rispettivo rione. I trasgressori saranno immediatamente tradotti al Tribunale di Guerra.
 
5. - Valgono le disposizioni di ordine pubblico già in vigore, pubblicate con il manifesto dal Comando del Corpo d'Armata di Roma.
Il coprifuoco rimane fissato alle ore 21,30.
 
Roma, 11 settembre 1943.
F.to: il Generale di Divisione
CALVI Di BERGOLO"
 
Intanto il Capo di Stato Maggiore Roatta era anche lui fuggito a Chieti come tutti gli altri "grandi" dello Stato Maggiore, a Palazzo Mezzanotte, dove, secondo testimonianze teatine, giunse trafelato nella tarda sera del 9 settembre (dopo che gli altri erano lì da ore in attesa), si tolse la divisa da militare, si procurò un abito borghese e si fece dare due mitra da uomini della Milizia per unirsi al fuggi fuggi generale. Gli uomini della Milizia erano giunti a Chieti in Piazza Vittorio Emanuele (alias Piazza San Giustino o Piazza Grande) per proteggere il sovrano visto che i loro comandanti nel periodo fra il 25 luglio e la liberazione di Mussolini si schierarono in gran parte con il Regno d'Italia.  Proprio lui, Roatta, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano era fuggito a Chieti, lui che doveva difendere Roma. Aveva inoltre aggiunto agli uomini della Milizia di non preoccuparsi che, a breve, sarebbe stato liberato Mussolini.
Infatti, il 12 settembre avvenne l' "impresa" dei Tedeschi a Campo Imperatore che riuscirono a "liberare" Mussolini, in realtà proprio con l'aiuto dei badogliani. 
Quel giorno della liberazione del Duce a Campo Imperatore, dal quartier generale del Führer Adolf Hitler fu diramato il seguente comunicato radio: "Reparti di paracadutisti e di truppe di sicurezza germanici, unitamente a elementi delle SS, hanno oggi condotto a termine una operazione per liberare il Duce che era tenuto prigioniero dalla cricca dei traditori. L'impresa é riuscita. Il Duce si trova in libertà. In tal modo é stata sventata la progettata sua consegna agli anglo - americani da parte del Governo Badoglio". 
Ma, come facevano i Tedeschi a sapere che il Governo Badoglio volesse consegnare il Duce agli anglo - americani? Inoltre, come hanno fatto i Tedeschi a liberare così facilmente Mussolini considerando la difficoltà di espugnare l'Albergo - Rifugio Campo Imperatore?
Oggi sappiamo che membri dell'entourage dello Stato Maggiore Italiano hanno collaborato con i Tedeschi per la liberazione di Mussolini. Gli interessati dicono perché presi in ostaggio dai Tedeschi, ma la verità sulla loro posizione non é poi così chiara.Non sappiamo se avessero ricevuto forse l'ordine di collaborare con la Wermacht per la liberazione del Duce, per poi essere usati e scaricati come successo al Capo della Polizia Senise che venne deportato a  Dacau. Sorte diversa invece toccò al Generale del Corpo Metropolitano di Roma Fernando Soleti, ufficialmente fatto prigioniero dai Tedeschi, sarebbe  stato costretto a salire a forza  sugli alianti che hanno portato le SS a Campo Imperatore e sarebbe stato proprio lui ad intimare agli uomini agli ordini dell'Ispettore Capo Gueli di non sparare e di consegnare Mussolini vivo ai Tedeschi, con soldati italiani e germanici che si fanno la foto insieme a Mussolini liberato dagli uomini del Capitano Otto Scorzeny. A Soleti dopo la riuscita dell'operazione venne ridata la pistola e gli fu permesso di scappare fino alla entrata in Roma degli Alleati il 4 giugno 1944.
Il Re intanto era riuscito a salire con gran parte del suo Stato Maggiore sulla "Baionetta" per dirigersi da Ortona (Ch) a Brindisi, sano e salvo. Ciò era costata la deportazione di migliaia di soldati italiani in Germania e la fucilazione di altre migliaia di uomini. Solo con la nascita della Repubblica Sociale Italiana, finirono le deportazioni dei soldati italiani, molti dei quali, al centro nord soprattutto, furono arruolati nello stato filo germanico di Mussolini.
 
- Resa Incondizionata Italiana camuffata da Armistizio
 
L'Armistizio fra l'Italia e gli Alleati che sarà reso pubblico l'8 settembre dal comando anglo - americano tramite Radio Algeri e poi confermato subito dopo via radio anche da Badoglio che venne preso evidentemente alla sprovvista, perché annunciato senza alcun preavviso, in realtà é un inganno degli Alleati nei confronti del Governo Italiano che fu costretto a firmare un accordo con clausole capestro, al momento della firma segrete che si riveleranno una vera e propria resa incondizionata da parte dell'esercito e del Governo Italiano  che non fu accettata da molti e da qui si spiegano anche alcuni comportamenti ambigui dei comandi italiani e l'incapacità di accettare l'onta del disonore di gran parte dell'esercito italiano che o decise di non consegnarsi agli Alleati come quelle navi di una delle flotte militari più potenti del mondo che si auto - affondarono, o di non partecipare più a nessuna azione di guerra come fece ad esempio il Comandante dell'Aeronautica Italiana Rino Corso Fouger (ritiratosi a vita privata dopo essere stato uno dei pochi  ufficiali di alto rango di fatto trombati dopo il violento e disumano  bombardamento di Roma del 19 Luglio 1943 e la caduta del Governo Mussolini il 25 dello stesso mese) o  prese le armi per l'onore della Patria con la Repubblica di Salò, o si diede alla macchia portando avanti una guerriglia asimmetrica. Ogni italiano dopo l'8 settembre 1943, sia chi combatté col Regno del Sud filo anglo - americano, sia con la Repubblica Sociale Italiana filo tedesca al Nord, per certi versi a suo modo servì la Patria e contribuì ad evitare lutti e distruzioni maggiori in Italia, a dispetto dei crimini, degli abusi fatti dagli eserciti stranieri (tedeschi e anglo - americani indiscriminatamente) che si fronteggiavano sul nostro territorio nazionale. 
Ma come si é giunti all'Armistizio dell'8 settembre 1943? 
Il 12/13 agosto 1943 il Generale Giuseppe Castellano va in treno a Madrid per incontrare l'ambasciatore inglese in Spagna Sir Samuel Hoare per sondare la possibilità di uno sganciamento dell'Italia dall'alleato germanico. Il Generale viene fatto proseguire fino in Portogallo a Lisbona. In quelle ore si stava tenendo una conferenza dei vertici delle potenze alleate a Quebec in Canada.
Il Presidente americano Roosevelt e il Premier britannico Churchill autorizzarono il Generale Eisenhower a mandare dei suoi rappresentanti a Lisbona per parlare col Generale Castellano  che però non può decidere ma può solo riferire al neo capo del Governo Pietro Badoglio le condizioni che vogliono gli Alleati per un armistizio separato. 
Giuseppe Castellano parla prima con l'ambasciatore del Regno Unito a Lisbona Sir Ronald Campbell e poi col Capo di Stato Maggiore Gen. Walter Bedell Smith e col Capo del Servizio Informazioni del Comando Alleato nel Mediterraneo Generale Kenneth Strong. I colloqui termineranno il giorno 20 agosto 1943. Gli anglo - americani chiederanno la resa incondizionata dell'Italia che ha dieci giorni (fino al 30 agosto) per decidere. Il Governo Badoglio tergiversa perché vorrebbe evitare la resa condizionata delle forze armate italiane e vorrebbe avere garanzie degli Alleati contro eventuali reazioni dei Tedeschi, ma così non sarà; il 30 agosto il Generale Giuseppe Castellano, delegato dal Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, incontra in Vaticano l'ambasciatore britannico D'Arcy Osborne che gli comunica la volontà degli Alleati, ossia l'accettazione da parte italiana di una resa incondizionata delle nostre truppe, onde evitare conseguenze e misure restrittive peggiori ai danni delle forze armate italiane. Gli anglo - americani vogliono che l'Armistizio sia reso pubblico contestualmente a un imminente sbarco degli Alleati sulla Penisola Italiana. 
Sotto questa minaccia, il Governo Italiano accetta implicitamente il 1 settembre l'Armistizio con la resa incondizionata delle nostre truppe, da firmare in luogo prestabilito, giovedì 2 settembre 1943 a Cassibile frazione di Siracusa in Sicilia. 
Il Generale Castellano, giunto a Cassibile alle ore 17 del 2 settembre, firma le tre copie dell' "armistizio corto" per delega del Maresciallo Badoglio. Per gli Alleati firma il Generale statunitense Bedell Smith. L'incontro ci sarà nella mensa dello Stato Maggiore degli Alleati alla presenza del Generale Eisenhower. L'Armistizio diverrà effettivo l'8 settembre 1943, ma essendo di fatto una resa incondizionata, prevederà una serie di restrizioni e imposizioni che faranno pentire a posteriori il Generale Castellano di averlo firmato.
Di seguito il testo del protocollo di modifica all' "Armistizio Lungo" imposto al Regno del Sud d'Italia il 9 novembre 1943, in cui si evince la volontà di disintegrare la sovranità del Regno dei Savoia per avere mano libera in Italia in tutti i sensi da parte degli anglo - americani, fatto di cui non si parla perché mette in luce la vera volontà sopraffattrice degli Alleati in Italia, in barba e in disprezzo a tutti i soldati e civili italiani che dopo l'8 settembre avevano perso la vita spesso uccisi proprio  dalle bombe degli Alleati come a Pescara nella strage della stazione del 14 settembre 1943.
 
 
"Protocollo di Modifica all'Armistizio Lungo
 
Brindisi il giorno 9 novembre 1943.
 
E' inteso che il titolo del documento firmato a Malta il 29 settembre 1943 dal Maresciallo Pietro Badoglio, Capo del Governo italiano, e il Generale Dwight D. Eisenhower, Comandante in Capo delle Forze Alleate, deve essere cambiato in « Condizioni aggiuntive di armistizio con l'Italia ».
I seguenti ulteriori emendamenti a questo documento sono anche concordati:
 
« Nel 1° paragrafo del preambolo le parole "agendo nell'interesse di tutte le Nazioni Unite» sono inserite fra le parole « Governi ».
 
Detto paragrafo sarà perciò del seguente tenore: « Poiché in seguito ad un armistizio in data 3 settembre 1943 fra i Governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, agendo nell'interesse di tutte le Nazioni Unite da una parte e il Governo italiano dall'altra, le ostilità sono state sospese fra l'Italia e le Nazioni Unite in base ad alcune condizioni di carattere militare ».
 
Nel 4° paragrafo del preambolo le parole «e dell'Unione Sovietica» sono inserite fra le parole «Gran Bretagna» e « Governi», e la parola "e" fra le parole «Stati Uniti» e « Gran Bretagna » é cancellata.
 
Detto paragrafo avrà pertanto il seguente tenore: "Le seguenti insieme con le condizioni di armistizio del 3 settembre 1943, sono le condizioni in base a cui i Governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dell'Unione Sovietica, agendo per conto delle Nazioni Unite, sono disposti a sospendere le ostilità contro l'Italia sempre che le loro operazioni militari contro la Germania ed i suoi alleati non siano ostacolate e che l'Italia non aiuti queste potenze in qualsiasi modo e eseguisca le richieste di questi Governi».
 
Nel paragrafo 6° del preambolo la parola « senza condizioni » é inserita fra la parola "accettate" e " dal ". Detto paragrafo avrà pertanto il seguente tenore: "sono state accettate senza condizioni dal Maresciallo Pietro Badoglio, Capo del Governo italiano".
 
Nell'articolo 1 (a) la parola « a discrezione » è cancellata.
Detto articolo avrà pertanto il seguente tenore: « Le forze italiane di terra, mare ed aria, ovunque si trovino, a questo scopo si arrendono ».
 
L'articolo 29 viene emendato e avrà il seguente tenore:
 
« Benito Mussolini, i suoi principali fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o delitti analoghi i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando Militare Alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle forze delle Nazioni Unite. Tutti gli ordini impartiti dalle Nazioni Unite in questo riguardo verranno osservati».
Il presente protocollo é redatto in inglese ed italiano, il testo inglese essendo quello autentico ed in caso di qualsiasi disputa riguardante l'interpretazione, la decisione della Commissione di Controllo prevarrà.
 
Firmato a Brindisi il giorno 9 novembre 1943.
 
NOEL MAC FARLANE
Generale p. Il Capo del Governo in Capo Alleato
 
Maresciallo PIETRO BADOGLIO
Capo del Governo Italiano"
 
 
- Ruolo di Chieti nella fuga dello Stato Maggiore in Abruzzo
 
Sulla fuga della famiglia reale, del Governo Badoglio e dello Stato Maggiore dell'esercito italiano non é stata fatta molta ricerca storica, anche perché mancano molti documenti ufficiali su una vicenda politica vergognosa della storia d'Italia. 
Affidandoci ad alcune testimonianze lasciateci da persone viventi all'epoca, cercherò nel saggio che pubblicherò prossimamente di fare luce su cosa é avvenuto fra il 9 e il 10 settembre 1943, qui di seguito mi limiterò a narrare semplicemente in breve cosa successe fra Chieti, Pescara, Crecchio ed Ortona in quelle ore. 
Per quanto riguarda la fuga in Abruzzo c'è da dire che il Re e la famiglia reale aspettarono la partenza del cacciatorpediniere "Baionetta" che da Ancona gli avrebbe condotti a Brindisi, a Crecchio nel castello dei Duchi di Bovino e Badoglio prese la via di Pescara per aspettare la nave chiamata dall'Ammiraglio De Courten. Sorte diversa fu per lo Stato Maggiore dell'esercito che aspetto a Chieti fra Palazzo Mezzanotte nella Piazza Grande di fronte la Cattedrale di San Giustino e lo storico Albergo Sole che si affacciava su Piazza Valignani dove c'è il Teatro Marrucino e l'attuale sede provvisoria del Comune, della Questura, Provincia e Prefettura. 
La mattina del 9 settembre 1943 lo Stato Maggiore dell'esercito nello stupore  dei Teatini in piazza giunse a Chieti mentre migliaia di ex appartenenti alla Milizia si ammassano in  città per la difesa delle autorità presenti. Il Re in mattina non giunse a Chieti subito ma ci tornò dopo pranzo, dove probabilmente ispezionò le truppe presenti nelle numerose caserme cittadine, come testimoniato da un reduce residente  in una piccola frazione fra il confine della Provincia di Teramo e quella di Ascoli Piceno che era ospite lucidissimo nel 2008 a 92 anni nella Casa di Riposo di Civitella del Tronto (Te), dove svolgevo il servizio civile e appena gli dissi che ero a Chieti mi raccontò che nel settembre 1943 era in servizio come militare a Chieti e passò in rassegna il Re che lo redarguì poiché portava il berretto male.
Da Chieti il sovrano si recò col Principe Umberto al campo d'aviazione (l'attuale aeroporto) dove era presente anche Badoglio. Qui affluirono una cinquantina di aeroplani che si aggiunsero ai cinquanta già presenti.Alcini ufficiali chiesero al Principe Umberto di tornare a Roma, ma sia il Maresciallo Badoglio che il Re padre, Vittorio Emanuele III, glielo impedirono. Qualcosa andò storto e si decise di fuggire dall'Abruzzo, non in aereo, troppo pericoloso, ma in nave che sarebbe arrivata a notte fonda sulle coste abruzzesi (arrivò verso le 11.00 a Pescara e intorno alle 00.00 ad Ortona).
Quando Roatta arrivò in serata a Chieti presso Palazzo Mezzanotte, dove sperava di trovare il Re, diede ai presenti della Corte, del Governo e dello Stato Maggiore dell'Esercito italiano, la notizia della imminente resa di Roma alla Wermacht, della discesa dei Tedeschi in massa in Italia e del fatto che bisognava in fretta e furia raggiungere Ortona, dove una piccola nave (con soli 57 posti) avrebbe condotto la famiglia reale italiana e compagnia cantando sulla "Baionetta" che gli avrebbe condotti al sicuro, senza incontrare nessun posto di blocco Tedesco che opponesse resistenza. 
I Tedeschi arrivarono a Chieti alle 2 di notte del 10 settembre 1943, occupando Palazzo Mezzanotte dove misero il quartier generale di Kesserling. Intanto i reparti della Milizia fedeli al Re il 9 settembre, il 10 erano passati in massa con i Tedeschi in vista dell'annunciata liberazione imminente di Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso. Anche questi erano gli Italiani! La cosa strana é l'atteggiamento dei membri dello Stato Maggiore e della Corte Reale italiana che furono presi dal panico quando seppero del trasferimento in nave imminente che non permetteva la partenza di tutti. Molti storici si chiedono, a tal proposito, se lo Stato Maggiore dell'esercito si era trasferito a Chieti e se, non era prevista una via di fuga per.tutti (molti rimasero a piedi alla mercé dei Tedeschi i giorni successivi) a che gioco d'azzardo stavano giocando il Re e Badoglio, in accordo a momenti col vecchio "amico" tedesco, altre volte col cobelligerante anglo - americano?
 
- Le ragioni  che mossero Badoglio e il Re nel lasciare Roma Capitale per fuggire in Abruzzo e poi in Puglia a Brindisi.
 
Ci si é chiesto nel corso dei decenni quali sono state le reali ragioni che hanno mosso il Re e Badoglio a lasciare Roma all'alba del 9 settembre e ne potremo elencare diverse perché non può essercene solo una come in ogni fenomeno storico o sociale complesso:
 
 a) Partiamo dalla prima ragione, ossia quella più nobile che dovrebbero avere sempre presenti tutti i governanti italiani, ossia la tutela della nostra storia, dei tesori artistici, documentaristi e architettonici delle città italiane. Dunque la difesa della popolazione e dei monumenti di Roma.
 
b) La paura dei reali e di Badoglio di essere travolti anche dal corso impetuoso degli eventi, non essendo più padroni pienamente del proprio destino con due forti eserciti stranieri sul territorio italiano, quello anglo-americano al Sud e quello tedesco più a Nord. Si pensi a quale violenza psicologica viveva l'Italia e gli Italiani con i terribili bombardamenti sanguinosi a tappeto degli Alleati e la ferocia nel rastrellamento e nella rappresaglia dell'esercito del Terzo Reich. 
C'era la volontà nei vertici  politico  - militari Alleati di fare sfaldare lo Stato Italiano del tutto, affinché si potesse fare accettare al Governo Badoglio delle  condizioni più pesanti.
Arrivavano da Nord notizie allarmanti circa la discesa di reparti germanici già l'8 settembre, autori di deportazioni e rappresaglie verso i traditori Italiani. I soldati Tedeschi erano stati richiesti come rinforzi, ironia della sorte, giorni prima proprio da Badoglio stesso per difendere la Penisola dagli sbarchi degli Alleati. 
 
c) La casa reale sabauda e il Governo Badoglio, come abbiamo visto, tentarono di portare avanti operazioni diplomatiche per non inimicarsi troppo i tedeschi di colpo e per non insospettire gli Alleati dei giochi di prestigio che stavano facendo, anche perché gli Italiani prima della ufficializzazione dell'Armistizio l'8 settembre avrebbero voluto avere delle rassicurazioni e garanzie maggiori che gli Alleati non avevano alcuna intenzione di dare.
 
 Nei prossimi episodi tratterò l'8 settembre visto dalla forze armate italiane, successivamente, mi occuperò della Patria ferita, il cui mito ed indentità doveva essere ricostituita dopo la sanguinosa guerra civile fratricida 1943/45,, infine mi occuperò della mia città, Chieti e parlerò nello specifico del ruolo avuto durante quei giorni concitati e drammatici del settembre 1943 

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia 

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