Nel solco di una prospettiva delineata, sia pur in contesti filosofici completamente differenti, da un lato da Aldo Capitini e dall’altro da Jacques Derrida, l’autore prospetta in questi saggi una realtà liberata che, senza distinzione di specie, instauri una discontinuità, una rottura rispetto all’antropocentrismo dominante, allo “specismo” secondo cui la specie umana sarebbe (auto)legittimata a disporre, a proprio piacimento, della vita degli altri esseri senzienti. Guardare al punto di arrivo comune significa, allora, oltrepassare lo scarto tra l’uomo e le altre specie animali, ridefinire lo stesso concetto di diritto, la propria sfera, le proprie attribuzioni, chiudere i conti, una volta per tutte, con quell’olocausto quotidiano con cui, in colpevole indifferenza, la stragrande maggioranza di noi accetta di convivere. C’è necessità di un cambiamento radicale che, nel nome di una politica basata sulla nonviolenza, sulla consapevolezza dell’interrelazione tra forme viventi, sulla compassione universale, segni una presa di distanza dall’umanesimo predatorio e proclami a partire da subito, qui ed ora, l’avvento di una rivoluzione copernicana tanto attesa quanto ormai improcrastinabile. Un libro che, recita la recensione, “scaturisce dal vissuto”.
Francesco Pullia, ternano, cinquantasei anni, è laureato in filosofia, giornalista è presidente dell’Associazione radicale antispecista “Parte in causa”. Vegetariano, animalista, appassionato gattofilo, è militante nonviolento, capitiniano e da sempre attivo difensore di tutte le minoranze. Ha pubblicato libri di narrativa, poesie e saggistica.
Daniele Orlandi-Agenzia Stampa Italia