(ASI) L’entrata in vigore del decreto Sicurezza e la chiusura dei porti a 49 migranti in arrivo dal Mediterraneo hanno provocato l’ennesimo scontro politico nel e fuori dal governo, ma questa volta quasi tutti i vertici istituzionali sembrano essere coinvolti nella questione.
Da una parte il ministro degli Affari interni Matteo Salvini, determinato a portare avanti la linea dura. Dall’altra il Partito Democratico, i sindaci e ora anche alcuni presidenti regionali che, dopo aver criticato la chiusura dei porti, hanno annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale in merito all’art.13 del decreto governativo approvato a fine novembre.
L’articolo, che impedisce l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo, è per i sindaci incostituzionale, un parere che ha ricevuto il sostegno di altre figure politiche negli ultimi giorni. Si erano pronunciati contro il decreto i sindaci Francesco De Pasquale (M5s) di Carrara, Leoluca Orlando di Palermo, Luigi De Magistris di Napoli e Federico Pizzarotti di Parma. Altrettanto critici Giuseppe Sala di Milano e Dario Nardella di Firenze.
Ora ai primi cittadini si sono aggiunti presidenti regionali come Enrico Rossi (ex Leu) in Toscana, Sergio Chiamparino (Pd) in Piemonte, Catiuscia Marini (Pd) in Umbria e il presidente della Calabria Mario Oliverio (Pd). Questi ultimi sono determinati a presentare quanto prima il ricorso alla Consulta, per porre le norme del decreto all’attenzione dei giudici.
Mentre Salvini resta convinto che il giudizio della Corte non arriverà prima del voto alle elezioni europee di maggio, la presidente del Senato Elisabetta Casellati ha espresso un parere riconciliante nei confronti del mondo politico: «Non dobbiamo rischiare di essere critici verso una legge semplicemente sulla base del personale interesse o sul credo politico. Per dirimere i conflitti fra le istituzioni ci sono degli organi di garanzia preposti dalla Costituzione stessa, saranno questi a pronunciarsi», ha detto Casellati riferendosi alla Corte Costituzionale.
Le tensioni politiche sono state alimentate anche da un nuovo potenziale sbarco di migranti in arrivo a bordo della Sea Watch 3 e della Professor Albrecht Penck di See Eye, di proprietà delle organizzazioni non governative con le quali collaborano perfino degli attivisti italiani.
Lo scorso 22 dicembre hanno salvato 32 e 17 persone, inclusi donne e bambini, e sono ancora in attesa di un porto nel quale approdare.
Volontari italiani come Alessandra Sciurba e Fausto Melluso (responsabile migrazioni di Arci Sicilia) hanno ammonito le istituzioni affermando che la loro attività «non è un gioco, denunciando l’Italia, che finora non si è comportata in modo serio nei confronti di chi opera nel mondo della solidarietà». Hanno poi chiesto che la redistribuzione dei migranti fra i Paesi europei avvenga dopo gli sbarchi e non prima di garantire un porto.
Sul caso, mentre Salvini vuole mantenere la linea dura, Luigi Di Maio, come il resto dei rappresentanti del M5s nella maggioranza, vorrebbe almeno far sbarcare le donne e i bambini.
Papa Francesco, nel corso dell’Angelus del 6 gennaio a Piazza San Pietro, ha chiesto ai leader dei Paesi europei di essere più solidali e responsabili verso i migranti, mentre il presidente della commissione per le migrazioni della Cei Guerino di Tora ha attaccato direttamente Salvini e la politica seguita dal Viminale.
Ai tanti appelli la risposta del ministro è stata sempre la stessa: «Non sbarcherà nessuno, decido io. Lavoro ogni giorno affinché le persone non partano dai propri Paesi mettendo la propria vita a rischio nel Mediterraneo».
Alle parole di Salvini hanno fatto eco quelle del presidente di Malta Joseph Muscat: «Non accoglieremo nessuno che sia stato rifiutato da altri Paesi europei. Non possiamo permetterci di creare un precedente. Il nostro compito non è solo proteggere la vita delle persone, ma anche quello di tutelare la sicurezza dell’isola».
Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia