Lettera aperta di Enrico Borghi a Paolo Cognetti: "Noi un'idea di futuro l'abbiamo. Spero possa essere dei nostri"

Borghi Cognetti(ASI) Nei giorni scorsi, il noto scrittore Paolo Cognetti –vincitore del Premio Strega 2017 con il romanzo “Le otto montagne”- ha annunciato la sua non partecipazione al voto.

In questa lettera aperta l’on. Enrico Borghi si rivolge a lui motivando le ragioni della necessità di un voto ragionato, proprio partendo dal lavoro svolto sui temi della montagna e dell’ambiente in questa legislatura.

Preg.mo Dott. Cognetti,

abbiamo avuto modo di conoscerci qualche mese fa negli studi Rai di Saxa Rubra dove, a UnoMattina, abbiamo analizzato – ciascuno dal suo punto di osservazione – opportunità e potenzialità della legge nazionale sui piccoli Comuni, a pochi giorni dall’approvazione definitiva del Parlamento. E, come molti italiani, ho letto il suo ultimo libro, insignito del Premio Strega. È uscito pochi mesi prima del mio libro per Donzelli, “Piccole Italie. Le Aree interne e la questione territoriale” nel quale ho inquadrato come nel nostro Paese vi sia una grande necessità di politiche per il territorio, per le aree montane, e ho messo a fuoco i grandi passi in avanti fatti negli ultimi anni. Perché a differenza di quanto lei ha dichiarato in una recente intervista alla Stampa, c’è chi un’idea di futuro ce l’ha e ben chiara. Mi sento a pieno titolo tra quelle persone impegnate nelle istituzioni che, forti di diverse esperienze, hanno una traiettoria molto chiara rispetto ai temi ambientali, alla valorizzazione del “Capitale naturale”, delle aree interne e montane del Paese. Negli ultimi quindici anni, in qualità di Presidente dell’Uncem (l’Unione nazionale dei Comuni e degli Enti montani italiani, che riunisce oltre 3.000 soggetti istituzionali territoriali) ho potuto lavorare a una strategia che ha invertito l’asse del sistema culturale urbanocentrico che per troppi anni ha contagiato la politica e la società. Non voglio certo dire che questo scenario sia stato scalzato e in molti contesti resta viva l’espressione del regista Paolini quando afferma che “L’Italia è un Paese di montagna che crede di essere un Paese di pianura”.

In mezzo a questo sentire – che tocca anche i media e i grandi gruppi dove si concentra la produzione cultural-letteraria italiana – posso confermarle che negli ultimi cinque anni passati alla Camera dei Deputati – grazie a un intenso lavoro con il Governo, e in Aula, e in Commissione – abbiamo dimostrato di avere un’idea precisa di Paese. Mi riferisco al Partito Democratico e ai tanti colleghi con i quali abbiamo operato e potremo ancora lavorare attorno a temi importantissimi per il futuro dei territori, che anche lei ha a cuore. Non voglio farle un mero elenco delle leggi e dei provvedimenti approvati, ma è bene che il bagaglio di nuove opportunità inserite nelle leggi dello Stato varate le sia noto. A partire dall’ultima, il Codice forestale, che restituisce alle foreste un valore protettivo, paesaggistico, ma anche produttivo, visto che abbiamo 12 milioni di ettari di territorio italiano a bosco, senza un valore e senza una corretta gestione attiva, incapace finora di veicolare posti di lavoro e pezzi di green economy. Per rimanere su questo piano, la legge 221 del 2015, conosciuta come il “Collegato ambientale”, è appunto la prima legge italiana sulla green economy. Non posso non evidenziare l’importanza, tra gli altri, degli articoli su “Green communities”, “Oil free zone” e la necessaria valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali dei territori, finalmente diventata legge. Assieme al Benessere equo e sostenibile, declinato per la prima volta in una legge di bilancio dello Stato (!) e poi sviluppato nella Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile che è stata varata quasi contemporaneamente con la Strategia energetica nazionale. Che riguarda in primo luogo le aree montane. Per loro, questo Governo nel 2013 – grazie a un mio emendamento – ha reintrodotto il Fondo per i Comuni montani, azzerato nel 2010 dal Governo Berlusconi. Quello stesso Governo che peraltro aveva indotto molte Regioni italiane, tra le quali Piemonte e Veneto, a cancellare le Comunità montane, strumento indispensabile per organizzare servizi e sviluppo socio-economico sui territori. Nel “Collegato agricolo” e nel Testo unico sul vino abbiamo messo in luce, con articoli chiari e inconfutabili, la fondamentale necessità di puntare sull’“agricoltura eroica”, nelle Alpi e negli Appennini, fatta su versanti e terrazzamenti.

Non solo: nel Decreto Sud e nel Codice forestale abbiamo inserito strumenti concreti per superare la frammentazione fondiaria, vera emergenza per le aree montane, sia per il bosco, sia per il pascolo e per le aree agricole. La legge sui domini collettivi riporta al centro della politica un nuovo sistema di valorizzazione degli “usi civici”, impegnando i piccoli Comuni. Quegli stessi Comuni che i precedenti Governi avrebbero voluto forzosamente cancellare e che invece nei Governi guidati da Letta, Renzi e Gentiloni abbiamo voluto proteggere e rilanciare quale tessuto connettivo del Paese.

La legge sui piccoli Comuni –che abbiamo finalmente ottenuto in questa legislatura dopo quasi vent’anni di discussioni sterili- ha già una dotazione di 160 milioni di euro per i prossimi anni, che ci impegniamo a raddoppiare nel corso della legislatura. Una legge importante , perché parla di un’idea dell’Italia che riparte dai suoi territori, garantendo servizi di cittadinanza e attivando filiere intelligenti di sviluppo sostenibile che fanno dell’ambiente un volano essenziale del domani. Perché i nostri borghi sono il nostro futuro. Non siamo certo noi, del Partito democratico, a pensare che lo sviluppo potrà concentrarsi solo nelle aree urbane. E neppure che le “lobby del monte” possano dimenticare cosa sta al di sotto, essere autarchici e autoreferenziali. Per questo, in tutti i provvedimenti normativi, abbiamo insistito sulle sinergie tra aree montane e aree urbane, tra città e montagna. In un proficuo scambio che potenzi le opportunità, i servizi, e riduca i divari.

Lo abbiamo fatto nei documenti per la Strategia macroregionale alpina che sta muovendo i suoi passi forte di 70 milioni di persone e 48 Regioni che immaginano una nuova Europa, dove le politiche di coesione vedono le Alpi protagoniste, capaci di unire e di non essere barriera. Vale per l’organizzazione del sistema dei trasporti, della sanità, della scuola, di tutti i servizi pubblici. Abbiamo voluto che fossero, dal basso, i territori a ripensarli, declinandoli secondo le loro esigenze. Questo è un pilastro della Strategia nazionale aree interne che sta toccando, con progettualità complesse e innovative, 72 zone del Paese. Un piano evoluto e mai visto prima che prevede di investire – tra fondi statali e regionali – quasi un miliardo di euro nei prossimi tre anni. A tre miliardi e mezzo di euro ammonta invece l’investimento pubblico complessivo per dotare tutto il Paese di banda ultralarga e vincere così il digital divide che compromette sviluppo e promozione dei territori.

Fin qui, dott. Cognetti, le ho sintetizzato quanto fatto fino a oggi. Molto e importante. Ma il filo rosso che unisce quanto ho descritto, sono certo che possa continuare. Perché negli ultimi anni e anche nei prossimi, in Parlamento c’è stato e ci sarà chi il territorio lo conosce veramente. Chi attorno alle righe di ogni singolo articolo delle leggi ha dovuto sfidare resistenze e incertezze di altri colleghi – molto spesso inseriti in movimenti e partiti che in montagna vanno solo qualche giorno dell’anno a sciare o a mangiare la polenta, facendo però poi molta demagogia – e ha saputo vincere le resistenze convincendo del cambio di paradigma in atto. Il lavoro nella legislatura che si apre il 5 marzo posso assicurarle che continuerà. E sarà più intenso degli ultimi cinque anni. Perché siamo chiamati a rispondere alle comunità e ai territori, alle esigenze di quei 500 Comuni in Italia rimasti senza un negozio o un bar che ci chiedono una fiscalità peculiare e differenziata. E così le aziende agricole, che negli ultimi anni nelle aree montane sono aumentate. Giovani che scelgono di fare agricoltura e pascolo 4.0, in alpeggio, tra innovazione e capacità di vendere i prodotti a Boston o a Liverpool con l’e-commerce.

La valorizzazione del territorio passa dall’attuazione senza se e senza ma degli Accordi di Parigi sul clima e sulla sostenibilità. Un pezzo di attuazione vi è già nel Collegato ambientale del quale le ho detto. Perché siamo in tanti a voler rispondere concretamente, con atti politici e istituzionali, agli appelli di Papa Francesco contenuti nella “Laudato Si” . È grazie anche a lui, ai suoi moniti uniti a quelli del Presidente della Repubblica, se con tanti colleghi Parlamentari, con tanti Sindaci e Amministratori locali (una vera, appassionata e preparata forza per il Paese dei mille campanili!) potremo lavorare anche sui nuovi modelli di integrazione dei migranti, accettando le sfide che i tempi nuovi di pongono di fronte anziché fuggire di fronte ad esse nell’illusione di una chiusura autarchica ed etnica inesistente e fallace. Consapevoli che, come già emerso da tantissime “buone pratiche”, i piccoli Comuni delle aree interne sanno accogliere e integrare spesso meglio delle aree urbane. Ci crediamo e li sosteniamo. Per una valorizzazione dei borghi, delle montagne, delle aree interne che passa anche da questa capacità di essere innovatori e acuti conoscitori delle nostre tradizioni.

Il sottoscritto, assieme a tanti amici, comunità, donne e uomini di questo Paese, anche per questo vogliono votare. E vogliono far votare un programma per i territori, con la capacità di costruire un pezzo di futuro che il Partito Democratico ha ben chiaro, sulla base del lavoro svolto e degli impegni assunti. Spero che anche lei possa essere dei nostri, anzitutto esercitando il diritto di voto e –se lo riterrà- esprimendo il suo consenso.

In ogni caso, auguri e complimenti per il suo lavoro.

On. Enrico Borghi

 
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