Mafia Capitale, Santori “Lucravano anche sui poveri. Finalmente nostra denuncia trova conferma”

(ASI) Mercato dell'abito usato in continua espansione rappresenta per gente senza scrupoli un'occasione appetibile per fare affari illeciti. Al Presidente di Ama Fortini e al Sindaco Marino chiediamo chiarezza e controlli serrati soprattutto per il futuro.

“E’ dal 2009 che denunciamo un racket di abiti dati in beneficenza o gettati negli appositi cassonetti gialli per la raccolta di vestiti usati e ora posso dire con soddisfazione che i nostri sospetti erano fondati. A Roma ci sono circa mille cassonetti, ognuno dei quali raccoglie in media una tonnellata di abiti l'anno. Questo mercato dell'abito usato è in continua espansione ed evidentemente rappresenta per gente senza scrupoli un'occasione appetibile per fare affari, anche illeciti. Al presidente di Ama Fortini e al Sindaco Marino chiediamo chiarezza e controlli serrati soprattutto per il futuro” lo dichiara il consigliere regionale del Lazio Fabrizio Santori in merito all’arresto di 14 persone tra Lazio, Abruzzo e Campania accusate di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali e alla violazione delle normative sulla tutela ambientale.

“Nessuno al tempo ha voluto ascoltare le nostre perplessità dinnanzi al fatto che raramente ci capitava di vedere persone indigenti indossare gli abiti riciclati, oggi è chiaro che dietro questo sistema  criminale c’era la mano di Mafia Capitale e della Camorra che, con il supporto di  società e finte Onlus attive nel recupero di rifiuti, si sono rese artefici di smercio illegale di abiti non igienizzati in paesi dell'est Europa, nord Africa e sud-Africa. Passaggi di mano, trasformazione, rivendita, riciclo: quello degli abiti di seconda mano è un vero mercato parallelo. A rimetterci non solo i bisognosi, destinatari degli abiti per stretta necessità, cui non arrivava nulla, ma anche tutti quei cittadini truffati nella propria buona fede. Ora si faccia chiarezza fino in fondo su una questione che apre uno scorcio molto ampio su un sodalizio criminoso che sono certo riserberà altre sorprese, ma soprattutto auspico che il sindaco Marino inizi realmente una seria campagna di verifica sulla regolarità di cooperative, onlus e società, alcune delle quali sostenute finanziariamente da Roma Capitale, dalle sue aziende o enti partecipati, controllati e vigilati. E soprattutto lo chiediamo agli ispettori del Prefetto di Roma nel loro lavoro di  analisi degli appalti collegati all’inchiesta Terra di Mezzo” conclude Santori.

 

 Di seguito il verbale della commissione sicurezza del 22 settembre 2009

COMUNE DI ROMA

COMMISSIONE CONSILIARE SPECIALE

POLITICHE DELLA SICUREZZA URBANA

SEDUTA DEL 22 SETTEMBRE 2009

VERBALE

Il giorno 22 settembre 2009 si è riunita la Commissione Consiliare Speciale Politiche della Sicurezza  Urbana per trattare il seguente ordine del giorno:

  1. cassonetti vestiti usati: analisi e probabile racket;
  2. esame atti

Il Presidente Santori introduce il punto 1 all’o.d.g., affermando che i cassonetti gialli si trovano ormai dappertutto, con la ribaltina anti-ladri e l’indicazione dell’ente caritatevole che periodicamente svuota il raccoglitore e ripulisce la coscienza di tanta gente. Maglioni, giacche, gonne, cappotti, pantaloni, in buono stato ma non necessariamente, firmati o no, vengono chiusi in sacchi destinati ai poveri, o almeno così si crede. In realtà, ai  bisognosi arriva una minima parte degli indumenti gettati da chi ha il guardaroba che scoppia. Il resto, quintali di abiti usati, alimenta un traffico pieno di lati oscuri. Il Pres. Santori prosegue riportando le affermazioni di Pietro Manzoni, presidente della cooperativa sociale intitolata a padre Daniele Badiali (missionario romagnolo rapito e ucciso in Perù) di Cisano Bergamasco, che ammette candidamente che non accade quasi mai che i vestiti usati passino direttamente ai poveri, ma sono un veicolo per ricavare denaro e finanziare progetti umanitari. La coop lombarda lavora in numerose località della zona per conto della Caritas, che mette il nome, il logo e la consulenza, mentre alla Badiali spetta il lavoro manuale. Si raccolgono in tal modo un milione di vestiti l'anno, dando lavoro a ragazzi problematici, ex carcerati, disabili. Nel 2008 sono stati ammassati 10.553 chili di indumenti. Una parte finisce a una ditta di Prato con cui è stato firmato un protocollo etico «per impedire che gli stracci finiscano in mano alla malavita organizzata». Il resto viene ritirato da una ditta che li trasforma in stracci industriali o rivende i capi meglio conservati ai mercatini dell'usato o ai negozi specializzati in moda vintage, quella del passato. Il ricavato viene diviso tra la coop e la Caritas.
Passaggi di mano, trasformazione, rivendita, riciclo: quello degli abiti di seconda mano è un vero mercato parallelo. Secondo i dati del Consorzio nazionale abiti usati (Conau), prosegue Santori, nel 2006 la raccolta differenziata del settore tessile è stata pari a 70mila tonnellate di cui il 68 per cento riutilizzato, il 25 riciclato e il 7 per cento smaltito. Un mercato in crescita e poco controllato, che genera un cospicuo giro di denaro che solo in parte finisce alla beneficenza mentre attira gli appetiti delle organizzazioni mafiose.

Il Pres. Santori cita Carlo De Angelis, presidente della cooperativa romana L’Apemaia, che da quando ha avviato la raccolta degli stracci ha subito tre attentati incendiari. A Roma ci sono appena mille cassonetti, ognuno dei quali raccoglie in media una tonnellata di abiti l'anno. I sospetti degli inquirenti sono chiari: questo mercato è allettante, fa gola a molti. Anche L’Apemaia destina ai bisognosi una quota minoritaria dell’abbigliamento usato, e lo fa attraverso la Caritas o il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, cui la coop aderisce. I vestiti tenuti meglio vengono rivenduti a piccoli negozianti dell'usato, gli altri finiscono a ditte che ne fanno pezzame industriale per le grandi officine meccaniche oppure li riciclano per recuperare i tessuti. La cooperativa suddetta, prosegue Santori, raccoglie anche mobili e altri oggetti che vengono rivenduti o affittati a teatri o produzioni cinematografiche che devono ricostruire ambientazioni d'epoca.

Il mercato dell'abito usato è in continua espansione ed evidentemente rappresenta per gente senza scrupoli un'occasione appetibile per fare affari, anche illeciti. Questo mercato interessa le organizzazioni criminali, che nell'ultimo anno sono state maggiormente attratte dal nuovo appalto di gara AMA vinto dal Consorzio Alberto Bastiani e, quindi, dalla Coop. L’Apemaia, sua consorziata.

L'aggiudicazione dell'appalto ha permesso l'espansione dell'attività, passando dalla gestione di 100 cassonetti per la raccolta dei vestiti (cassonetti gialli), posizionati in tutta la città, agli attuali 500, moltiplicando sensibilmente il volume di attività. Il ricavato va a finanziare l’attività e i progetti di recupero della cooperativa. Ma gli atti intimidatori, l’ultimo dei quali un incendio doloso che ha distrutto il capannone industriale di Via Cariati 18 in zona Appio Statuario in data 24 maggio 2009, dimostrano l’attenzione della criminalità per questo settore.

Già nel 1999 era stato scoperto un traffico clandestino riconducibile alla camorra: erano gli anni dei conflitti nei Balcani, la macchina della solidarietà internazionale era in pieno fermento, le raccolte di indumenti usati si moltiplicavano, e i boss napoletani avevano truccato i sacchi della Caritas impadronendosi di quintali di vestiti. Le associazioni di volontariato non commettono reati ma, appaltando la raccolta degli stracci, alimentano un giro d'affari spesso illegale, che finanzia la malavita.

Sappiamo in base a questi informazioni, prosegue il Pres. Santori, che il commercio illegale di abiti usati serve a riciclare denaro sporco attraverso la vendita dei capi migliori in negozi o mercatini ma gli stracci vengono anche imbevuti di liquidi pericolosi e dati alle fiamme per eliminare le tracce del traffico illecito di rifiuti. Assieme alla Caritas, l'organizzazione più attiva in Italia è l'associazione Humana, che dispone di 2.800 contenitori in 500 comuni di 35 province. Questa coop è una multinazionale del riciclo nata in Danimarca e diffusa in mezzo mondo. Di recente ha aperto a Milano un negozio di abiti vintage a pochi passi dal Duomo: lo chiamano «shopping solidale», fino al 29 agosto la merce è in saldo. All'estero, la Ong è molto chiacchierata: l'attività caritatevole maschererebbe una rete di società offshore, e si baserebbe sullo sfruttamento di migliaia di giovani volontari.

Non è solo un problema di decoro e di sicurezza, continua Santori, perché c’è il rischio del dilagare incontrollato di senza fissa dimora che rovistano nei cassonetti, appropriandosi di oggetti e indumenti che vengono abbandonati in strada o condotti in giro per la città per essere rivenduti ai mercatini dell’usato o riutilizzati negli accampamenti nomadi ove sono presenti bambini, con il grave rischio di contrarre malattie infettive facilmente propagabili all’esterno, durante l’anno in particolare all’interno delle strutture scolastiche e ricorda di aver inviato nel luglio scorso una nota al Presidente della Commissione Consiliare per le Politiche Sanitarie del Prof. Fernando Aiuti, nella quale si richiedeva la convocazione di una seduta congiunta sul problema del rovistaggio nei cassonetti nella città di Roma, fenomeno che sta prendendo sempre più piede e i cui risvolti negativi coinvolgono i cittadini della Capitale, vittime di una situazione igienico-sanitaria che risulta già allarmante.

L’appropriazione di oggetti nei cassonetti per la loro natura di rifiuto indifferenziato, – insiste Santori – contribuisce al diffondersi di malattie infettive come la tubercolosi, riscontrata in alcuni campi nomadi della città, creando gravissimi problemi di natura igienico sanitaria, ma anche di ordine pubblico, implicando l’intervento della polizia municipale costretta a svolgere attività di repressione nei mercatini illeciti che sorgono, grazie ai rifiuti raccolti, in diverse parti della città.
Il coinvolgimento della commissione Politiche sanitarie è pertanto assolutamente necessario, conclude Santori, al fine di monitorare la questione sotto il profilo igienico sanitario in collaborazione con i servizi igiene e sanità pubblica delle Asl locali e pianificare azioni preventive e repressive del fenomeno, ribadendo l’assoluta necessità di emanare un’ordinanza sindacale antirovistaggio, al fine di garantire decoro urbano  e sicurezza ai cittadini, ma allo stesso tempo tutelare la cittadinanza da emergenze sanitarie, scongiurando possibili epidemie di malattie infettive.

La Commissione, dopo puntuale discussione di quanto esposto dal Presidente Santori, decide all’unanimità di dare incarico a quest’ultimo di inviare una nota all’Assessorato delle politiche ambientali per avere notizie in merito alla gestione e alle problematiche derivanti dalla presenza dei cassonetti gialli a Roma.


Redazione Agenzia Stampa Italia

 

 
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