Dibattiti. La strage degli innocenti. Vecchio Continente in vendita

(ASI) "Volevamo attendere che i pensieri si fossero raffreddati, per ragionare non soltanto spinti dall’ira, dalla tristezza, dall’orrore di quanto accaduto venerdì 13 novembre nelle strade parigine; ma siamo oramai certi

che oramai non è dato agli uomini civili di passare sopra le cose, di voler dimenticare, di distrarsi un attimo, perché proprio quel momento può diventare fatale, per mano delle menti assassine dell’autoproclamato stato NazIsis.
Alcuni hanno sorriso quando “L’ideale” ha iniziato a chiamare in questo modo coloro che perpetravano cruenti assassinii per conto di Abu Bakr al-Baghdadi. I primi ad essere trucidati nel teatro Bataclan sono stati gli invalidi, mentre a gennaio è stato colpito un supermarket kosher e nel 2012 una scuola ebraica di Tolosa. Mancano solo i locali gay, i Testimoni di Geova ed i popoli nomadi per esaudire i sogni di Hitler e del Gran Mufti di Gerusalemme, Amin al-Husseini (ndr_zio di Arafat).
L’errore dei servizi è essenzialmente quello di non aver effettuato arresti preventivi, visto che tra Francia e Belgio (ma mentre scriviamo un responsabile degli attacchi viene anche ricercato in Italia) alcune ricerche hanno dato subito degli esiti positivi, segno che si era a conoscenza di raggruppamenti estremistici.
Il grande errore viene compiuto quotidianamente dalle diplomazie e dalle politiche europee. Con un sorriso degno della Mogherini, l’Unione Europea vara una nuova etichetta per alcuni prodotti israeliani che verrebbero fatti negli “insediamenti”. Non è certo questo il modo di valutare la pace, se non altro perché se non ci fossero le industrie israeliane, molti arabi sarebbero senza lavoro. Dovrebbero agiree affinché gli stati arabi moderati (se effettivamente ve ne sono) riconoscano Israele.
Alcuni politici europei vorrebbero convincerci che il pianto per le vittime non sia iniziato a Parigi, ma a Beirut, dove i NazIsis hanno attentato alla roccaforte del movimento sciita di Hezbollah, per intenderci il “Partito di Dio” cui leader sfilarono con D’Alema nel 2006. Ci dispiace per i morti innocenti ovviamente, ma va ricordato che gli Hezbollah sono, per gli Americani e non solo, un movimento terroristico. Qualora avessero avuto le stesse armi, negli italiani anni ’70 l’attentato avrebbe avuto come antagonisti Ordine Nero e le Brigate Rosse, di cui molti esponenti si allenavano con la tedesca Baader Meinhof, negli stessi “campi profughi” sorti quasi 50 anni fa. Vengono così definiti alcuni quartieri libanesi, sorti dal 1967 ed abitati principalmente da arabi palestinesi: guarda caso questi “campi profughi” non hanno le fogne come in altre parti della stessa città, alle quali però è stato dato un nome solo perché non abitate dalla stessa tribù. Dal 1967 si preferiscono i missili e le armi alla costruzione di fognature, eppure gli europei, spesso per non subire attentati, di quattrini ne hanno elargiti proprio tanti.
Il “Partito di Dio”, viene in queste ore inquadrato come povera vittima dello “Stato Islamico”. Intanto gli altri eroi di “Hamas”, ne approfittano per riarmarsi ulteriormente, mentre i loro fratelli della Cisgiordania, per intenderci quelli del cittadino napoletano ad honorem Abu Mazen (Vd. De Magistris), si allenano nell’Intifada dei coltelli, in Israele ed a Milano.
Il pianto per le vittime del terrorismo islamico non è iniziato a Beirut, ma in Israele nel 1948. Le guerre per l’allah sciita, sunnita, curdo, salafita, in comune hanno solo l’antisemitismo ed in parte l’anticristianesimo.
La politica occidentale non può nascondersi dietro alle famose tre scimmiette giapponesi. L’Europa dovrebbe ascoltare chi ha già patito, invece di assecondare movimenti filo terroristici in nome del petrolio e delle vendite di armi. La strage degli innocenti ha varcato la frontiera ed è entrata prepotentemente in Europa, anzi nella Fallaciana Eurabia, dove prima di attaccare con le armi, il mondo arabo compra il continente e dove invece di far opera di prevenzione, il mondo europeo preferisce vendere la propria storia e la sua cultura".
Alan David Baumann

 

 

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