Dopo anni di lotte, la sperimentazione animale è stata sottratta all’industria cosmetica che non si è fatta scrupoli nel testare i suoi intrugli chimici su povere bestie indifese per il piacere edonistico dei moderni narcisi. In campo medico invece la questione rimane aperta, anche se alla luce di novità importanti, prodotto di quella ragione capace –quando vuole- di ispirare invenzioni e scoperte volte al benessere generale, non solo umano.
Tuttavia, l’atteggiamento dell’informazione generalista e di una parte ancora sostanziale della comunità scientifica, seguita ad essere stigmatizzante nei confronti di quel numero sempre più cospicuo di scienziati che chiedono il riconoscimento delle pratiche alternative alla vivisezione animale. Lo fanno i medici e gli accademici riuniti nel Comitato Scientifico Equivita, sistematicamente esclusi dai dibattiti pubblici sull’argomento come nel caso della recente conferenza stampa intitolata “PERCHÉ È ANCORA NECESSARIO SPERIMENTARE SUGLI ANIMALI PRIMA CHE SUGLI UMANI”, tenutasi presso il Senato della Repubblica. Nonostante questo incomprensibile ostracismo, le ragioni dei tanti che ancora sostengono l’inevitabilità della vivisezione animale, vanno tenute in debita considerazione: il riconoscimento scientifico di una teoria o di una procedura è il risultato di un lungo processo di verifiche e confronti all’interno della comunità degli esperti. Il contraddittorio e la propensione al cambiamento sono caratteristiche fondamentali di qualsiasi disciplina, dove uno dei presupposti della scientificità non è la dogmaticità –certamente più rassicurante- ma la potenziale falsificabilità di ogni evidenza, alla luce delle nuove conoscenze future.
Viene così il sospetto che altre logiche sottendano la questione. Non si tratta qui di una temuta rivoluzione copernicana che possa mettere in crisi equilibri secolari; stiamo parlando di dare voce a chi ne ha diritto e facoltà, per essere certi di conferire sicura legittimità ad ogni conclusione comunemente raggiunta. Almeno questo lo dobbiamo ai nostri amici a quattro zampe.
Fabrizio Torella – Agenzia Stampa Italia