(ASI) Di seguito l'editoriale del direttore Roberto Napoletano dell'edizione odierna. Per salvare se stesso e il Paese, il ministro Gualtieri ha una sola possibilità: fare un vero decreto liquidità che garantisca la sopravvivenza alle imprese con contributi a fondo perduto.
Abbiamo titolato il primo giorno che non è un salva-imprese ma un salva-banche. Abbiamo chiarito subito che i soldi non ci sono. Che la garanzia dello Stato al 100% per le banche è sparita. Che con questi giochetti da Mago Zurlì si scherza con il fuoco. I giornali cosiddetti di qualità per ignoranza o per servilismo suonano la grancassa dei 400 miliardi sonanti in arrivo nelle casse delle imprese e sui conti correnti delle persone e, siccome è tutto inventato, condannano al rogo in pubblica piazza il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri, che è il titolare politico del provvedimento-fantasma e ne risponde a pieno titolo.
Oggi anche i giornali del giorno dopo hanno capito e possiamo dire che non è nemmeno un salva-banche, ma un concentrato di dinamite sociale pura. Mette insieme il tritolo incendiario del peggio della burocrazia ministeriale e bancaria. In tempi di pace, per molto meno, un ministro dell’Economia viene accompagnato alla porta. Figuriamoci in tempi di guerra dove il numero di morti di fame e di debiti rischia di superare quelli da Coronavirus. A maggior ragione in questi giorni terribili la responsabilità politica non è un esercizio retorico ma assunzione di impegni concreti e gli spazi di realpolitik sono ristretti fino a sparire con la Grande Depressione alle porte.
Gualtieri ha un solo modo per salvarsi: arrotolare le 50 pagine del suo decreto “illiquidità” e buttarle nel cestino. Il decreto di aprile è la sua occasione irripetibile. Perché può farlo senza dirlo. Deve sostituire la parola prestiti con contributi a fondo perduto, garanzie, scartoffie e chiacchiere con cassa vera. Deve fare ora quello che sarebbe stato giusto fare senza indugio dal primo momento, ha l’ultimissima chance per recuperare la situazione con un colpo secco, pesante, in tempi strettissimi. Più soldi veri ci mette più protegge l’economia. Più debito fa oggi meno debito l’Italia avrà in futuro.
Se ne convinca prima lei ministro e prima salverà se stesso e il Paese. Se lei se ne convince l’intendenza seguirà. Se lei prende ordini dall’intendenza l’Italia fallirà. Si è reso conto ministro in quale guaio si è infilato? Ma glielo hanno detto o no che la delegazione dell’ABI si è presentata al Tesoro con più legali che banchieri? Ma lo ha capito o no che con le scartoffie che le hanno fatto firmare l’imprenditore che si è recato la settimana scorsa in banca o che ieri ha dovuto dialogare on line con lo stesso direttore di filiale gli unici soldi di cui ha avuto contezza sono quelli della commissione bancaria che lui deve versare in anticipo per accedere a un fac-simile provvisorio? Hanno avuto la sfrontatezza di chiedere denari non di darli, capisce che questo non altro sta accadendo? Ma oltre a non dare i quattrini promessi con tanta enfasi c’è anche bisogno di prendere in giro le persone che non dormono la notte perché lo Stato ha tolto loro lavoro e fatturato?
Parliamoci chiaro: ministro Gualtieri, capiamo che non è una bella vita stare lì con il bilancino a dosare i posti in Cda per gli amichetti di Renzi e quelli di Di Maio, l’esercito dei tecnici del Pd (non li chiami lottizzati per carità, i lottizzati sono sempre quelli degli altri) e di questa o quella lobby di potere dentro il gran ballo delle aziende pubbliche con il petrolio che sprofonda, ma ora la priorità non sono le nomine, la priorità è il secondo virus che è quello dell’economia italiana di cui lei risponde. Qui il vaccino non solo non c’è, ma neppure si vede all’orizzonte. Senza un vero decreto liquidità che garantisca la sopravvivenza con contributi a fondo perduto non con prestiti per pagare gli stipendi, vengono meno le condizioni minime di ripartenza, perché siamo di base a un meno 10% e senza interventi immediati il debito aumenterà perché diminuiscono i ricavi.
Le garanzie e le scartoffie sono perfette per spianare la strada in cui l’Italia torna a essere lo Stato da vendere esattamente come nel novembre del 2011. Prima di combattere la guerra in Europa, il governo italiano deve vincere la sua battaglia in casa. Si passi il 10% di garanzia in testa ai Confidi direttamente alla Sace e si porti, quindi, la tutela dello Stato al 100%. Si introduca la norma di tutela penale di liquidità con tanto di certificazione antimafia dei singoli soggetti e conti correnti dedicati, a loro volta sottoposti a controllo dai finanziatori ai fini della tracciabilità attraverso una auto-certificazione antimafia. Si scriva però chiaro e tondo che non può essere una iscrizione sul registro della Centrale rischi a escludere l’impresa dal contributo perché in questo caso, tranne pochissime eccezioni, tutte le piccole imprese del Mezzogiorno e di molte aree del Centro-Nord sono aprioristicamente escluse dal provvedimento. Tutte hanno avuto un Npl o perlomeno una rata scaduta, la segnalazione la hanno avuta comunque...
Lo scrive il Direttore del Quotidiano del Sud Roberto Napoletano
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