Il sostegno ai «ribelli». Tra gennaio e febbraio 2012, vista l’opposizione russa e cinese all’intervento armato in Siria, i paesi occidentali hanno intensificato l’attività di sostegno diplomatico e finanziario alle opposizioni, mentre al governo siriano venivano imputate azioni terroristiche. Il piano di pace dell’Onu venne presentato ad aprile 2012 e, secondo l’opposizione, il governo siriano vi si è subito opposto. In realtà, scrive Cardini nella prefazione, fu Sarkozy - succeduto da Hollande - a voler vanificare il piano di pace per favorire i «corridoi umanitari, in modo da tenere in vita l’opposizione ad Assad». Le alleanze siriane con la Russia e l’Iran sciita, hanno fatto si che i Paesi arabi sunniti e alcune potenze occidentali, appoggiassero quello che viene definito «l’Esercito libero siriano» ma che in realtà comprende un insieme di gruppi anche non siriani, impegnati nella jihad sunnita.
La Russia e la Cina. Il conflitto siriano divide l’opinione pubblica internazionale, la posizione non interventista della Russia e della Cina viene criticata da molti fronti. A parte l’obiettivo morale di rifiutare il supporto istituzionale a quello che la Russia definisce terrorismo, Mosca ha un interesse strategico a mantenere i suoi diritti sul solo porto navale a disposizione nel Mediterraneo: quello di Tartus - ultima base militare russa fuori dal vecchio territorio dell’Unione Sovietica dichiarata base permanente per le navi da guerra nucleari russe -. La Russia e la Cina, hanno lo stesso interesse a crescere nei loro settori economici e a resistere all’espansione militare americana anche in seguito all’annuncio degli Usa, che prevedono di spostare il 60% della loro flotta nell’area asiatica dell’oceano Pacifico.
Una storia già vista. Il libro offre interessanti spunti su come vengono effettuate le «guerre non convenzionali» e analizza punto per punto le fasi che hanno portato a questa «rivolta siriana», dalla preparazione alla transizione finale. In un periodo storico, in cui la «guerra al terrore» viene utilizzata come pretesto per intervenire militarmente e occupare degli stati sovrani, non bisogna dimenticare che queste tattiche di «guerre non convenzionali» sono già state utilizzate. Un esempio concreto è quello utilizzato nella guerra in Serbia: in quell’occasione, i militanti dell’Esercito di Liberazione del Kosovo, addestrati da Al-Qaeda, hanno provocato una reazione armata da parte dei serbi, fornendo alla Nato un pretesto per intervenire militarmente.
Gli Stati Uniti. Nel momento in cui gli Stati Uniti e i loro alleati stanno tentando di destabilizzare la Siria, il simultaneo isolamento dell’Iran attraverso le sanzioni economiche e la crescente presenza militare americana nel Golfo Persico comporta un continuo rischio di guerra. Dall’Arabia Saudita alla Turchia, le potenze islamiche emergenti alleate con gli Stati Uniti lavorano insieme per sostenere la ribellione siriana, in una strategia motivata ideologicamente dall’aspirazione di fermare l’espansione dell’identità sciita e le sue ambizioni di egemonia regionale.
Israele. Sin dal 1967, Israele ha occupato illegalmente, nella Siria sud-occidentale, una zona conosciuta come Golan, che fornisce a Tel Aviv un terzo delle riserve d’acqua potabile di cui necessita il Paese. Al fine di ridurre la dipendenza di Tel Aviv dal petrolio di importazione, il governo dell’israeliano Netanyahu ha fatto leva sulla sommossa civile in Siria per autorizzare delle trivellazioni esplorative nel Golan.
La testimonianza inascoltata. Il patriarca cristiano melkita Gregorio III Laham, inascoltato dai media, ha sottolineato più volte che pur non essendo i cristiani favorevoli al governo di Assad, fino a oggi ha garantito libertà e tutela alle chiese cristiane, ma le chiese devono temere che nel fronte ribelle possano prevalere i sunniti fondamentalisti. Sempre il patriarca cristiano ha inoltre denunciato le forti ingerenze straniere e occidentali all’interno del fronte sunnita.
Fabio Polese - Agenzia Stampa Italia