(ASI) Perugia. Esordisce sul palco il Brad Mehldau Trio che si caratterizza immediatamente per compostezza formale, pulizia espositiva e raffinata elaborazione degli standard, atteggiamento che suscita un sincero apprezzamento del pubblico. Il pianista avvia il concerto con una rielaborazione contrappuntistica, bachiana e spagnoleggiante per giungere ad una attualità del discorso musicale, senza nessun eccesso e con grande fluidità. Reminiscenze stilistiche anni Settanta si affacciano nel mezzo di standard bellissimi e conosciuti (I am loving you – Beatles) sviluppati in modo lineare, semplice e senza che decadano tensione e attenzione.
Ciò grazie ad un discorso musicale costruito con sensibilità, razionalità, organicità, trasmesso con fioriture, molte scale e i caratterizzanti ribattuti, talora eccessivi e non sempre ben eseguiti. Tra gli autori citati: Charlie Parker, Chris Cheek, McCartney, Sonny Rollins. Molto affascinante e bella la alternanza tra batteria e pianoforte. I temi nascosti anche difficili da individuare e che solo con grande attenzione si lasciano scoprire confermano di essere in presenza di un grande Jazz e di una esecuzione che ormai rasenta la perfezione. Non si indugia nell’uso di atteggiamenti, momenti musicali, romantici e trasognati (Keith Jarrett) espressi nell’ambito della piena tonalità e con modi tradizionali. Il concerto procede con altrettanti momenti di forte riflessività, che eccedono in ripetitività, ma sempre attraverso un discorso musicale complesso ed elegante, formalmente pulito e originale. Si confermano appieno le parole chiave (miracoloso equilibrio, architettura creativa, ispirazione accademica) del volume di presentazione dei 50 anni di Umbria Jazz, che rigorosamente leggiamo solo dopo i concerti. Il pubblico si accorge della grandezza del Trio e della sua esecuzione che sono applauditissimi.
Grazie ad una ottima scelta degli organizzatori apre il secondo tempo del concerto il Branford Marsalis Quartet. L’esordio è molto informale e si manifesta con l’accattivante suono del sax soprano in ambito tonale, troppo sovrastato dalla batteria. Il pianoforte funzionale e ottimamente integrato nel quartetto, un perno importante, ha tuttavia numerosi limiti tecnici e timbrici, che si ripercuotono anche sul volume della voce, non risultando sempre efficace e dovendo ricorrere al pestato tipico di ambienti jazz contemporanei e già uditi. Nel complesso il linguaggio, che spesso ricorre al cromatismo, resta sempre molto coinvolgente, anche per ricorrere ai timbri più caldi e morbidi del sax alto. La grande sensibilità e originalità del sassofonista coinvolgono e affascinano il pubblico, con uscite non inflazionate, belle aperture armoniche di sapore romantico seguite dai frequenti toni in minore più malinconici; ma senza ricorrere ad eccessi di virtuosismo, ad eccezione di ciò che sarà poi nel bis. I brani che sono solo apparentemente spontanei, sono invece evidente frutto di grande lavoro, intesa musicale, studio ed affinamento, producendo un bell’impasto timbrico nei brani a tempo lento e nell’ultimo, assai articolato, pezzo. Ottima la sensazione di sorpresa musicale che guida alla fine del concerto. Piace molto sempre nel brano finale, lo stile travolgente ma più convulso, che fornisce una idea di sforzo e fatica esecutivi. Bella la sensazione di libertà musicale per un pubblico che ha applaudito molto questa eccellente prova di Jazz.
Un concerto splendido, storico e degno di una stagione e ricorrenza significative, che bene fa comprendere le vette raggiunte oggi da questo genere musicale.
Giuseppe M. Nardelli - Agenzia Stampa Italia