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Prima mondiale di un incontro verificatosi solo tre volte dal 1978
(ASI) Non si può certo affermare che questa Quarantesima edizione  di UJ sia scevra di concerti ed eventi eccezionali, con ospiti che ormai appartengono alla storia del Jazz. Certamente il concerto tenutosi questa notte, venerdì 12 luglio 2013 presso il main stage di Santa Giuliana a partire dalle 21:45, è sicuramente uno di essi. Anzi affermerei che molto probabilmente per la storicità dell’incontro musicale resterà il più rilevante della stagione. Questi due grandi pianisti Jazz si sono incontrati formalmente solo tre volte nel corso della loro carriera e ciò rende ancor più preziosa questa prima esecuzione mondiale. Sul palco l’atmosfera è calda, pacata, seria e già dalle prime note traspaiono grande professionalità, maestria e solida architettura del progetto musicale ove tutto ha un profondo significato, tutto è levigato, curato e pochissimo lascito al caso o all’indeterminatezza.  Chick Corea esegue sul gran coda Yamaha mentre Herbie Hancock sul Fazioli, ma sembra che chi suoni sia un pianista solo. È questo un grande indice di eccellenza nei duo pianistici (si tengano presenti per esempio le sorelle Labéque). I primi tre brani sono strettamente atonali e in essi appaiono reminiscenze legate all’impressionismo pianistico francese, a piccole aperture armoniche tonali (Rachmaninov?) alla dodecafonia di Schoenberg dove insieme all’inevitabile gusto espressivo anni Settanta e Ottanta, proiettano il concerto ai limiti del Jazz e collocano la esecuzione in un ambito più tipico della musica colta occidentale. Quindi in ciò che comunemente viene definito musica classica di avanguardia o di confine. Sono tranquillo a questo punto nel citare anche ricordi o comunque sensazioni che riportano alla musica di Stockhausen ed Hindemith. Difficile adesso stigmatizzare le sensazioni che sono state tutte sublimi. Resta sicuramente la forte impressione di una musica frutto di un maturo, profondo, riservato, selettivo  dialogo tra i due pianisti in cui i panorami musicali emergono da un “ricercare” (in senso musicologico) e da un vagare. È in questi affreschi atonali che solo garbatamente e a titolo di spunto il Jazz più conosciuto esce.  Ottimi affinità timbrica, ritmica (soprattutto nella repentinità dei cambi del ritmo) e incedere pianistico che rendono la performance altamente omogenea ed uniforme, ripeto facendo apparire spesso un solo esecutore piuttosto che due. Senza discriminare assolutamente segnaliamo tuttavia inevitabilmente la eccellenza pianistica e tecnica di Chick Corea, che con grande morbidezza esecutiva, è sempre preciso e in grado di eseguire velocemente, andando al fondo dei tasti  ottenendo suoni luccicanti nei toni alti. Ottimo il lavoro sui piani e pianissimi. Non mancano i virtuosismi, che sono stati spesso ben celati ne sfoggiati, restando funzionali e frutto di grande maturità espressiva, senza cioè che vi sia ricorso ad eccessi. I volumi sonori congruentemente sono stati altrettanto pacati. Le trine sonore sorprendono e arrecano un grande piacere uditivo. Il gusto melodico è presente così come quello ritmico per gli ostinati ma senza abuso. Sono forse questi, due tra i capisaldi dei dialoghi musicali dei pianisti.  Il terzo brano in programma regala una realtà onirica e fa emergere un Jazz più ammiccante e immediato.

Nell’intervallo scherzano molto con il pubblico e chiamano il patron di UJ sul palco e formulano gli auguri per questo speciale compleanno. Poi il concerto riprende. Molti gli spunti Blues presenti ma ancora più interessante ritengo sia stata la lunga e complessa rielaborazione del Flamengo (quello più tradizionale, alla Albeniz o al limite inferiore alla Granados per intenderci) di cui il prototipo restano tuttavia le recenti esecuzioni di Juan Cortès; citano Kind of blue di Miles Davis (uno dei più grandi LP della storia del Jazz). Il ritorno al Jazz tradizionale è quindi presente ed esplode nei tre lunghi bis che veramente coinvolgono il pubblico e dimostrano un totale cambio di atteggiamento dove il gioco, il divertissement musicali e standard più noti producono moltissimi applausi.

Giuseppe Nardelli  -  Agenzia Stampa Italia

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