Special guests Gregory Porter e Cecile Mclorin Salvant - Giovedì 11-luglio 2013 - Arena Santa Giuliana ore 22:00
(ASI) Un tuffo nella tradizione con arrangiamenti e composizioni di lavori di Duke Ellington e Count Basie. Parlare della tradizione è delicato e implica una serie di fattori culturali che sono necessari al di là delle sole competenze musicali. Qui tuttavia siamo in presenza della tradizione più autentica e di altissima qualità. Per “suono, swing” ed aggiungo timbri, gusto, sensazione di grande padronanza, omogeneità dell’orchestra abbiamo potuto ascoltare forse la migliore orchestra di jazz storico del mondo. Ciò che colpisce infatti sono proprio i suoni, il pastish, il piacere uditivo nello scambio esecutivo delle sezioni, la padronanza dei membri, la capacità di virtuosismo che ha prodotto note veloci, molto pulite e mai convulse. L’orchestra sprigiona quella tipica sensazione di chi non è improvvisato ne costituito per l’occasione, facendo così trasparire anni di esecuzione insieme. Quindi una impressione generalizzata di maturità, professionalità ed omogeneità. Altamente apprezzabile è anche il gusto dimostrato nella ricercatezza del repertorio presentato, dei relativi arrangiamenti e delle orchestrazioni. L’esordio è con Duke Ellington in cui si apprezza subito l’equilibrio tra le sezioni e una sensazione, da spettatori, di tornare indietro nel tempo al momento della prima esecuzione del brano, quantomeno nella chiusura che è stata coincisa ma nostalgica. Il clarinetto è magnifico. Il timbro estremamente variopinto di Marsalis è con suoni spesso portati al limite, talvolta striduli e graffianti che rendono non stucchevole partiture fondamentalmente tonali e molto orecchiabili. Al pubblico trombettista ed orchestra piacciono molto e sono altrettanto applauditi. Col procedere: eccellente la tromba di Tony Rapton, molto belli i sax e i tromboni e buono il pianoforte, che sebbene non eccezionale, è equilibrato, funzionale al complesso non eccedendo mai nei volumi e garantendo raffinatezza per tutto il concerto. È poi la volta dei cantanti. Gary Porter ha una voce potente e che come nella migliore tradizione la adopra quale fosse uno strumento tra i tanti dell’orchestra. Fa ricordare il Blues cantato nelle origini, quasi un recitativo in cui si inseriscono veri e propri gridi. La sua è una voce nitida che lavora con forte accentazione e che fornisce impressione di sincopati. Quanto a Cecile McLorin Salvant, diciamo subito che è molto al pubblico e molto meno a me. È considerata “l’astro nascente della vocalità nera” e sarà presente anche ad UJ Winter. Nel duetto comunque si sposa perfettamente con la voce maschile. Questa grande orchestra, proveniente dall’unione di due formazioni “storiche” (quella di Duke Ellington e il gruppo di Marsalis) esegue infine ciò che è considerato un inno del suo genere: Blues In Hoss' Flat ( Duke Ellington e Count Basie ) che è stato veramente bello. Tra i brani del concerto anche Ready Go (da Toot Suite di Duke Ellington) Sentimental Journey e Going to Chicago (Count Basie e James Rushing). Uno splendido e generoso bis di Marsalis accompagnato solo da pianoforte, contrabbasso e batteria sarà forse uno dei momenti più autentici e sentiti del festival Jazz di quest’anno.
Giuseppe Nardelli – Agenzia Stampa Italia