Perugia, 14 giugno 2011 Non c'è dubbio che il referendum sull'acqua pubblica debba avere delle conseguenze dirette anche all'interno della nostra Regione.
Se è vero che i quesiti riguardavano aspetti particolari e volti a situazioni future - anche
se quasi immediate - la volontà espressa dal corpo elettorale, in maniera trasversale e non
riconducibile ad un solo schieramento politico, riguarda l'acqua pubblica non solo nella sua
scontata disponibilità, ma anche e soprattutto nella sua gestione.
Lo pseudo-privato nella gestione dell'acqua di buona parte della Provincia di Perugia non ha
in effetti portato né miglior servizio né tantomeno tariffe più vantaggiose.
“Umbra Acque” si è dimostrato un carrozzone clientelare, un simulacro a partecipazione
privata che non ha toccato gli equilibri clientelari di gestione e che ha portato ad un
aumento spropositato del costo per i cittadini, senza alcuna trasparenza nella pubblicità di
presunti miglioramenti dei servizi idrici.
Considerato che la stragrande maggioranza dei Sindaci dell'ATO 1 delle acque ha votato “sì”
al referendum (come il sottoscritto, che ha ritirato solo quelle due schede) si passi dalle
parole ai fatti. Si sciolga il carrozzone di “Umbra Acque” (che comunque garantisce dividendi
non vincolati ai Comuni sull'acqua bene pubblico, come si evince dai bilanci) e si torni ad
una gestione esclusivamente pubblica, inserendo questo contesto all'interno del Disegno di
Legge di riforma endoregionale posto all'attenzione della Commissione regionale competente.
Ci saranno difficoltà di carattere economico forse, ma si andrebbe ad una gestione più
oculata e trasparente, magari garantendo tariffe vantaggiose di fascia sociale, compensati da
tariffe più onerose per chi spreca o va oltre un certo consumo.
Andrea Lignani Marchesani