(ASI) Irlanda – Il 26 febbraio si sono tenute in Irlanda le elezioni per il rinnovo dei membri del Dáil Éireann (il Parlamento irlandese) e per l’elezione del nuovo Premier della Repubblica d’Irlanda.  
Le elezioni erano state indette in anticipo dal Presidente uscente e leader del partito “Fine Gael” Enda Kenny. Le diverse difficoltà a cui stava andando incontro il Governo, hanno fatto optare Kenny per la scelta delle elezioni anticipate e tentare, così, di dare al Paese un governo più stabile. Ma il voto del 26 febbraio ha prodotto esiti nettamente diversi da quelli auspicati dal Premier. I partiti al Governo hanno perso la loro maggioranza, infatti la coalizione formata da Fine Gael (Famiglia degli irlandesi; centrodestra) e dal Labour Party (Partito Laburista irlandese; centrosinistra) sono passati dal 36% al 24,8% per Fine Gael e con un crollo dal 19,5% al 7,1% per il Labour Party. Rimane sostanzialmente invariato il Fianna Fáil – The Republican Party (Soldati del Destino – Il Partito Repubblicano; centrodestra) con il suo 21,1%. Aumentano significativamente gli indipendentisti dello Sinn Féin (Noi stessi; sinistra nazionale) passando dal 9,9% al 16%.

Il quadro scaturito dal voto è un duro colpo di maglio alla politica di austerità portata avanti dal Governo, la quale ha permesso all’Irlanda di ridestarsi dopo la crisi economia del 2008 che rischiava di portarla alla soglia dalla bancarotta. Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea concedendo 70 miliardi di euro di prestiti hanno preteso l’instaurazione di un duro programma di austerità, comprendente aumenti fiscali e tagli alla spesa pubblica. L’austerità ha comunque dato i suoi frutti, infatti nell’anno recentemente passato la Repubblica d’Irlanda ha riacquistato i dati di crescita antecedenti alla crisi: PIL al 7%, la disoccupazione calata vertiginosamente al 9%, e meta prediletta per le grandi multinazionali del web, molte delle quali si stabiliscono a Dublino. Ma nonostante tali traguardi, i cittadini irlandesi hanno dato prova di non aver gradito tali austere politiche, emulando molti casi di malcontento sociale simili in Europa.

Il sistema di voto in Irlanda è basato sul proporzionale, per poter governare autonomamente si abbisogna del 45% dei voti. La coalizione formata dal Fine Gael e dal Labour Party non arriva al 37%, ottenendo così la maggioranza relativa ma non la maggioranza assoluta e con essa la possibilità di governare autonomamente. La via più perseguibile sarebbe quella di far entrare nell’orbita del governo il Fianna Fáil – The Republican Party, ma la cosa partirebbe già da premesse poco rosee visto che durante le elezioni i due maggiori partiti hanno entrambi asserito di non tentare progetti insieme. Del resto i due partiti sono stati antitetici anche su un piano storico, infatti durante la Guerra Civile del 1922 che vide contrapposti favorevoli e contrari al trattato di pace con l’Inghilterra e la costituzione dello “Stato Libero d’Irlanda”, il Fine Gael era uno dei rappresentati dei favorevoli e il Fianna Fáil rappresentava i contrari e le due realtà avversarie furono protagoniste di una lunga scia di sangue che si consumo ai danni di entrambe. Un’altra possibilità è rappresentata da un’eventuale partecipazione al Governo di parti minori come i Social Democrats (Socialdemocratici; centrosinistra) e il Green Party (Partito Verde; ambientalisti).

Come si converrà, la situazione è molto precaria. I partiti che hanno rappresentato fino ad oggi le politiche e i voleri del U.E. sono penalizzati in ogni angolo dell’Europa. Ora tocca all’Irlanda fare i conti con il malcontento del popolo, che conferma nuovamente la stanchezza profonda per una politica sorda e distante dal volere della gente.

Federico Pulcinelli – Agenzia Stampa Italia

 

 

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