Convegno Webster University di Ginevra, Ministro Difesa Trenta: oggi la guerra è cambiata,superata la contrapposizione ideologica che divideva il mondo

(ASI) Viterbo, - Il Ministro della Difesa Elisabetta Trenta questa mattina ha aperto la 24° International Humanitarian & Security Conference (IHSC) in collegamento via Skype con la Webster University di Ginevra da Viterbo, dove si trova per un incontro con oltre 600 studenti delle scuole superiori. Si riporta la traduzione  in italiano dell'intervento del Ministro Trenta fatto in inglese.

 

Intervento  al Convegno su Convenzioni di Ginevra

Buongiorno a tutti,

é per me un vero piacere portare il saluto della Difesa e mio personale agli organizzatori e a tutti i partecipanti a questo importante convegno sui 70 anni della firma delle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 che, unitamente ai protocolli aggiuntivi del 1977 e del 2005, costituiscono la base del diritto internazionale umanitario.

Le cosiddette “leggi e usi di guerra” sono sempre esistite, così come, da sempre, si è assistito alla loro violazione da parte di soggetti senza scrupoli, e ancora oggi rappresentano una questione ampiamente dibattuta.

Da sempre si è posto il problema di restringere la libertà degli Stati nel condurre la guerra e, soprattutto, di limitare il più possibile l’arbitrio esercitato dai combattenti, nel corso delle operazioni militari, ai danni dei soggetti non combattenti.

Molta strada è stata già fatta.

Penso al progressivo consolidarsi di un corpo normativo sempre più ampio e più dettagliato, al vastissimo coinvolgimento internazionale raggiunto, prima con le Convenzioni dell’Aja, poi con le Convenzioni di Ginevra, considerate un vero e proprio codice di diritto, una guida a successive leggi e trattati, nell’uso quotidiano della protezione e promulgazione di ideali e valori umanitari.

Senza dimenticare i traguardi più recenti, come ad esempio la messa al bando delle mine antiuomo raggiunta con la Convenzione di Ottawa.

Nonostante questi risultati raggiunti non possiamo considerare compiuto il cammino dell’affermazione dei princìpi del diritto internazionale umanitario.

Oggi la guerra è cambiata ed in maniera molto netta.

E’ stata superata la contrapposizione ideologica che divideva il mondo, si sono drasticamente ridimensionati gli apparati militari e il centro di gravità di quasi tutti i conflitti contemporanei, per il loro carattere ibrido, si è spostato pericolosamente sulla popolazione civile.

Ora più che mai, la popolazione ha bisogno di tutela durante i conflitti armati, perché ne è al centro, in senso fisico e concettuale.

Questa nuova condizione strategica ha delle evidenti conseguenze sul procedere del diritto umanitario.

Lo sanno bene gli esperti che su questi temi stanno lavorando.

Penso, solo per fare un esempio, al complicato problema della definizione di combattente legittimo, in scenari di guerra popolati ormai da moltissimi attori non statuali, mossi dalle più disparate motivazioni.

Ora che il conflitto è ben dentro le dinamiche sociali e culturali, è ovviamente più difficile fare ricorso ai criteri tradizionali che ci permettevano di distinguere le Forze armate definite regolari da quelle irregolari.

Mi riferisco anche al gravissimo problema costituito dall’utilizzo dei cosiddetti scudi umani, oppure alle violenze sessuali generalizzate.

Ieri, in un contesto di guerra simmetrica, erano pratiche odiose ma marginali perché davano tutto sommato ben pochi vantaggi militari.

Oggi hanno un significato sia tattico sia, soprattutto, strategico, perché approfondiscono quelle fratture interne alla società – di natura politica, confessionale, etnica – che alimentano i conflitti contemporanei.

L’Italia, in questi anni, è intervenuta in tante aree di crisi, perché non si è mai sottratta ai suoi doveri quale membro responsabile della Comunità internazionale.

E continuiamo ad essere presenti in tanti teatri d’intervento.

Sappiamo di doverlo fare, e di dover continuare a farlo, perché la pace e la sicurezza sono valori altissimi che devono essere tutelati al meglio.

Ma lo facciamo operando sempre “con rispetto”.

 

Rispetto per l’autonomia politica delle legittime autorità locali, nonché rispetto per i gruppi sociali espressione di quelle realtà.

Rispetto per la popolazione che è già stata offesa dal conflitto e che non deve essere messa in pericolo dall’azione di chi interviene per riportare la pace.

 

E’ questo il nostro modo si contribuire allo sforzo internazionale, di portare stabilità, progresso, crescita in Paesi, da noi anche geograficamente distanti.

Entrando nello specifico delle azioni della Difesa italiana, mi piace evidenziare l’attenzione che abbiamo per il personale tutto e, in particolar modo, per le donne e uomini rimasti feriti durante l’assolvimento del proprio dovere sia in territorio nazionale che internazionale.

Possiamo essere orgogliosi di un Codice dell’Ordinamento Militare che, nei limiti delle norme vigenti, attribuisce ai nostri militari il diritto a rientrare in servizio anche avendo perso, in modo permanente e assoluto, l’idoneità al servizio militare per invalidità determinata da eventi traumatici in servizio e per causa di servizio.

Si tratta di un quadro normativo che esalta il principio di civiltà per il quale i portatori di disabilità trovano integrazione anche nella Difesa.

In forza di questo principio, lo scorso settembre abbiamo inaugurato il Centro Veterani della Difesa, per fornire sostegno e supporto pratico a tutti quegli uomini e donne con le stellette che, nell’adempimento del proprio dovere, in Italia e all’estero, sono rimasti vittime di traumi fisici e psichici e che ancora oggi portano sulla propria pelle le conseguenze del loro impegno al servizio del Paese e della collettività nazionale.

Penso anche al lavoro fatto con il Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa, costituito nel dicembre 2014 a seguito di un protocollo d’intesa siglato con il Comitato Italiano Paralimpico.

Ne fanno parte fanno parte militari atleti paralimpici che Sport hanno trovato la forza di reagire superando la disabilità e continuando a servire la Nazione in tuta ginnica. Con loro il nostro Tricolore è salito anche sui podi di competizioni sportive internazionali.

 

Tanto c’è ancora da fare, ma siamo sulla strada giusta avendo avviato un percorso di qualificazione per il miglioramento del personale appartenente alle Forze Armate.

Nell’augurare la piena riuscita dell’evento, rinnovo il mio saluto agli organizzatori, ai giovani studenti e a tutti i presenti a questo interessante Convegno.

 

Versione in inglese

CONVENZIONI GINEVRA- EN

Viterbo, 7/3/2019

Good morning everybody,

It’s a real pleasure to extend my personal greetings, also on behalf of the Defence Ministry, to the organizers and audience of this important meeting on the 70th anniversary of the four Geneva Conventions signed in 1949 that, with their 1977 and 2005 Additional Protocols, are the basis of International Humanitarian Law.

The so-called “Laws and Customs of War” have always existed, and that holds true also for their violation by rogue entities: a much discussed subject even today.

Restricting a country’s freedom to wage war and, in particular, limiting as much as possible the free will of individual combatants to prevent actions against non-combatants during military operations has always been an issue.

Much ground has already been covered in this respect.

I’m thinking about the gradual establishment of an increasingly broad and detailed body of laws, and the achievement of a very large international commitment as testified, in the first place, by the Hague Conventions, then by the Geneva Conventions. They are considered as a true code of law, a guide for drafting new laws and treaties, and for the day-to-day protection and promotion of humanitarian values and ideals.

And I’m thinking about recent achievements, such as the ban on anti-personnel landmines as established by the Ottawa Convention.

Despite these tangible results, we still have a long way to go in affirming the principles of International Humanitarian Law.

War, today, has changed dramatically.

We have overcome the ideological confrontation that had divided the world for decades; military apparatuses have been curtailed, and the center of gravity of a number of current conflicts, given their hybrid character, has shifted dangerously toward the civilian population.

Now, more than ever, civilians must be safeguarded during armed conflicts because they are the focus of such conflicts, in real and conceptual terms.

This new strategic condition has clear consequences for humanitarian law.

Experts who are working on this theme are well aware of that.

Take, for example, the complex issue of finding a definition for “lawful combatants” in war scenarios characterized by a number of non-state actors, motivated by a variety of reasons.  

Since current conflicts imply the involvement of social and cultural dynamics, adopting traditional criteria to tell regular armed forces from irregular ones is all the more difficult.

This also applies to the extremely serious problem on the use of human shields, or sexual violence.

Yesterday, within a symmetric war context, they used to be marginal, if hideous, practices, because military results were irrelevant.

Today, they have both tactical and, above all, strategic relevance, because they deepen the internal rifts – at the political, religious and ethnic level- that fuel current conflicts.

In the last few years, Italy has been engaged in many areas of crisis, because it never shunned its obligations as a responsible member of the International Community.

We continue to work in many theatres of operations. We know we must do that, we must continue to be there, because peace and security are fundamental values that we must do our best to protect.

Wherever we are, “respect” is our motto.

Respect for the political independence of legitimate local authorities, as well as for social groups who are expressions of those societies.

Respect for peoples that bear the offence of war, and must be spared further danger caused by the actions of those who work to build peace.

This is the way we contribute to the international effort to bring stability, progress, growth in countries sometimes very far from our own.

As for the specific actions implemented by the Italian Defence Ministry, I would like to underscore how much attention we pay to our personnel, and, in particular, to the servicemen and servicewomen wounded in action both in Italy and abroad.

We can be proud of our Military Code which,  within the limits of existing rules, gives our military the right to remain in the Armed Forces  even when, due to traumas incurred while on duty,  they no longer qualify for service.

This legal framework highlights a principle of civilization whereby the integration of disabled personnel is possible also within the Ministry of Defence.

According to this principle,   last September we have inaugurated the Defence Veterans’ Centre, to support all servicemen and servicewomen who, while on duty in Italy and elsewhere, have suffered physical or mental traumas: a burden that is the consequence of their commitment to serve the country and the national collectivity. 

Let me also illustrate  the work done with the Defence Paralympic Sports Team established in December 2014 on the basis of a memorandum of Understanding signed with the Italian Paralympic Committee.

The Team is made up of Paralympic military athletes who have find the strength to react and overcome  their disability by continuing to serve the Nation as sportsmen and sportswomen. They have taken the  Tricolor to the podiums of international sports competitions.

There is still a long way to go but with our qualification system for the improvement of Armed Forces’ personnel, we are on the right track.

In wishing you the best success for this event, I would like to reiterate my greetings to the organizers, young students and all the audience of this interesting conference

 

 

 

 

 

Fonte foto:https://www.difesa.it

 

 
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