(ASI) Londra- Lo sguardo orgoglioso della moglie di Jelena Ristic a ogni punto del torneo è stato l'indizio che non si sarebbe trattato di uno slam qualunque. Nel dito puntato del piccolo Stefan, quattro anni come il numero di Wimbledon vinti dal papà, l'entusiasmo di tutti i tifosi che hanno rivisto Novak sul palco dei grandi. Ora si può dire: Djokovic è tornato dopo due anni di crisi professionale ed esistenziale, pronto a insidiare il vertice mondiale occupato da Federer e Nadal. Se la Next Generation continua a non essere all'altezza dei vecchi leoni, ecco antiche stelle date per finite tornare alla ribalta.
Dall'altra parte della rete in questa finale c'era Kevin Anderson, reduce da 21 ore sui campi dei Championships 2018 e autore di eliminazioni eccellenti come quella di sua maestà Federer. Mentre il 32enne sudafricano era già soddisfatto per l'accesso in finale, Nole era invece obbligato a vincere per chiudere definitivamente un periodo di crisi che lo tormentava dalla primavera 2016. Tanti infortuni per il serbo, l'ultimo al gomito lo aveva costretto a un'operazione chirurgica. Poi lunghi momenti di sconforto e il turnover di tanti allenatori per un giocatore che aveva perso perfino la fiducia in se stesso, quando il tennis non appariva più una priorità.
Wimbledon 2018 era il miglior palcoscenico per battere un colpo. Dopo l'eliminazione di Federer, l'unico vero ostacolo prima della passerella conclusiva vinta in tre set era stata la semifinale con l'arcirivale Nadal. Giocata in due giorni e vinta per un paio di punti decisivi, la vera finale è stata proprio questa, la migliore prova del campo per rispondere alle critiche. Battere l'avversario più temibile era quel che serviva a Djokovic per capire di poter fare ancora una volta la differenza, come ai vecchi tempi, prima che nascessero il piccolo Stefan e la figlia Tara. «Questo Wimbledon è diverso, perché ora c'è sugli spalti un tifoso speciale che mi ha visto giocare e mi chiama papà», ha detto Nole, ora che la sorellina è troppo piccola per seguire mamma Jelena e Stefan in tribuna.
Un torneo liberatorio, il trofeo più ambito che il serbo ha ricordato al pubblico di Londra di sognare sin da quanto era bambino. Ora Djokovic ne ha vinti 4, ma solo le prossime settimane faranno capire se si è trattato di un acuto isolato o di un vero e proprio ritorno. In attesa delle timide stelle del futuro, il binomio Nadal-Federer è sempre lì. Nole è ancora una volta chiamato a insidiare la diarchia dei fenomeni. Wimbledon è stato un ottimo modo per cominciare.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia