(ASI) - Il referendum 2025 sulla cittadinanza, chiederà agli elettori di esprimere il proprio parere a riguardo dell’abrogazione dell’art. 9 comma 1 lettera f) della legge 91/1992 che stabilisce per un cittadino straniero non comunitario, l’obbligo di una residenza legale in Italia minima di 10 anni, prima di poter richiedere la cittadinanza italiana.
L’obiettivo del referendum è quello di dimezzare a 5 anni, l’obbligo di residenza legale, per gli stranieri non comunitari. Il referendum non modifica gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza italiana.
Il referendum sulla cittadinanza ha origini politiche. Promosso dal segretario di +Europa Riccardo Magi, è stato appoggiato da partiti di sinistra come Possibile, PSI, Radicali Italiani e Rifondazione Comunista, ma anche da associazioni civiche e ONG. Un’eventuale riduzione dell’obbligo minimo della residenza legale a 5 anni, riguarderebbe una platea di oltre 2 milioni di stranieri che attualmente vivono, risiedono e lavorano in Italia, e che potranno vedere dimezzati i tempi di residenza legale per richiedere la cittadinanza italiana. Velocizzare il processo di acquisizione della cittadinanza italiana, avrebbe un impatto importante sul mercato del lavoro e sulla vita quotidiana degli stranieri residenti.
Un aumento repentino dei potenziali cittadini italiani, avrebbe impatto sul mercato del lavoro: la cittadinanza offre più solidità, dovuta a una maggiore sicurezza contrattuale dovuta ad una riduzione delle richieste di permesso di soggiorno; offre la possibilità di diventare autonomi, permettendo iscrizioni ad albi e accesso a fondi e finanziamenti agevolati; anche relativamente al pubblico impiego sarebbe più facile accedere ai bandi di concorso, in quanto la maggior parte dei concorsi pubblici sono riservati a cittadini italiani ed europei. Riguardo la vita quotidiana, con l’ottenimento della cittadinanza italiana si ottengono anche i relativi diritti civili: il diritto di voto in primis, come anche la possibilità di candidarsi a cariche pubbliche e politiche; ma anche il pieno godimento della protezione legale e diplomatica che ogni cittadino italiano detiene, e infine tutti i benefici derivanti dai servizi sociali italiani.
La percezione pubblica del referendum è piuttosto complessa e fa riferimento alle scelte ideologiche dei partiti e delle loro proiezioni culturali: quella della sinistra progressista e globalista, che fa leva sul sentimento di ingiustizia, dovuto alle condizioni di marginalità ed emancipazione degli stranieri che pur lavorando, studiando e vivendo nel nostro Paese non possono integrarsi ufficialmente in Italia se non prima di 10 anni. Infine la sinistra vede strategicamente di buon occhio l’acquisizione del diritto di voto degli stranieri, in quanto come parte promotrice dell’integrazione, riceverebbe un controvalore in voti notevole. Dall’altra parte invece, la destra ideologica che punta alla coesione e alla difesa dell’identità nazionale, e che vede troppa generosità e buonismo in questo “sconto”, in quanto la cittadinanza deve essere vista non soltanto dal punto di vista di presenza in Italia dello straniero e dal lavoro svolto, ma in particolare deve essere considerata come l’apice di un percorso culturale che permetta di assimilare allo straniero la nostra cultura e le nostre origini. Esistono poi rischi politici contrapposti legati al diritto di voto che sposterebbero pesantemente le sorti politiche del Paese, sia a livello locale che nazionale e in favore della sinistra.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia



