(ASI) Parigi- Decimo Roland Garros, quindicesimo slam, solo 35 game lasciati agli avversari nel corso di tutto il torneo. Questa è la leggenda di Rafael Nadal, uno dei più grandi nella storia del tennis e il più grande sulla terra rossa.
Dal 2005 in due sole circostanze non ha vinto il torneo che presto gli dedicherà il campo centrale. Stanislas Wawrinka non ha demeritato, semplicemente non ha potuto fare nulla per evitare la décima del maiorchino. Di fronte a questo Nadal qualsiasi tennista del circuito a Parigi avrebbe fatto la stessa fine. Tre set a senso unico. Il 6-2 6-3 6-1 ha sollevato la frustrazione di un giocatore impotente in ogni scambio contro il dominio del mancino di Maiorca.
Il successo di Nadal, dopo un lungo periodo di magra, disseminato da infortuni e difficoltà, non è stato determinato dal suo dritto uncinato, ma anche dalla corsa, dal rovescio e da una battuta solida. Praticamente la perfezione. Un tennista completo che si vedeva da tempo e che tornerà da domani numero 2. Come quello dei tempi migliori, lo spagnolo è tornato a dominare la terra rossa e non ci sono spiragli per nessuno. L'avversario è costretto a sudarsi ogni punto e non può permettersi cali di concentrazione. Dall'inizio dell'anno era in crescita, fermato sul cemento solo da un Roger Federer in grande spolvero. La stagione della terra ha però ripagato Nadal con tre master e uno slam. Montecarlo, Barcellona, Madrid e Parigi hanno mostrato anche quest'anno il valore dello spagnolo, che con lo slam numero 15 è ora a sole tre lunghezze da Federer, lo storico rivale che nella storia ne ha vinti di più.
Il 2017 sembrava l'anno in cui i giovani potessero emergere. Anche stavolta è invece la stagione del deja-vù, quella che riporta la vecchia guardia in testa. Non la generazione di Murray e Djokovic, ancora in piana crisi di identità, ma quella di Federer e Nadal, che ancora una volta hanno messo in campo la stoffa dei campioni, quelli che vincono, perdono, recuperano e rivincono, superando ogni tipo di ostacolo e rinascendo come l'araba fenice.
Toni Nadal, lo zio storico allenatore di Rafa, ora accompagnato da Carlos Moya per potersi dedicare maggiormente all'accademia che porta il nome del nipote, sintetizza l'impresa in poche parole: «Una grande gioia. Quello che abbiamo provato a fare era recuperare la migliore condizione fisica e allenarci molto sul rovescio. Era quello il colpo che oltre al dritto poteva fornire un ventaglio maggiore di soluzioni e angoli del campo che prima non potevamo raggiungere. Così è andata e siamo veramente molto contenti».
Alle parole dello zio Toni ha risposto l'ex tennista e opinionista televisivo Mats Wilander: «Ci sono cose che i giocatori portano dentro di sé e lo trasmettono sul campo, al di là di tutto il lavoro che un allenatore può fare. Il talento si coltiva, ma ci deve essere».
Nadal, uno dei più forti anche per mente e approccio alla partita, non si deconcentra alla fine del match, ma dopo essere uscito dal campo e aver fatto la doccia. Implacabile anche stavolta, a Wawrinka non ha regalato un punto nemmeno quando era in vantaggio di due set e due break al terzo. Per tutto il resto Rafa e Toni rispondono come se l'ennesima impresa fosse una cosa normale. Alla portata di tutti proprio come vincere per la decima volta in dodici anni il secondo torneo di tennis più ambito del pianeta. Fra un mese nel tempio sacro di Wimbledon tornerà Federer, ma sarà in campo a Stoccarda già dalla metà di giugno. Lo strapotere di Rafa sul rosso è la migliore vigilia per un nuovo capitolo della loro rivalità, perché di sfidanti all'altezza non è arrivato ancora neanche il primo 15.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia