Gabriele d'Annunzio simbolo della rivoluzione europea dei popoli liberi e sovrani    

(ASI) Chieti - Il Vate d'Italia Gabriele d'Annunzio torna d'attualità e sicuramente lo fa anche grazie alla serie di convegni organizzati in tutta Italia e anche all'estero ( Fiume docet) dal Centro Studi Dannunziani e Patriottici fondato dal sottoscritto (Cristiano Vignali) e dal saggista e critico d'arte Roberto d'Amato.

Non a caso, il d'Annunzio è un personaggio centrale nella storia d'Italia del Novecento sia a livello culturale che politico ma ha recitato un ruolo importante anche in ottica europea, a livello politico - ideologico, con la Reggenza Italiana del Carnaro allorché a Fiume confluirono ogni sorta di rivoluzionari  ( socialisti - nazionali, fascisti, nazionalisti, proto-radicali, repubblicani, socialisti, modernisti e futuristi). Comunque sia, non è un caso che nel primo dopoguerra proprio un italiano è la personalità carismatica attorno a cui si ritrovano tutti i maggiori movimenti antisistema novecenteschi, in quanto l'Italia a seguito della "Vittoria Mutilata" era il paese che aveva più subito traumi sociali dopo il ritorno dei soldati dalle trincee sul Carso.

L'ecclettica personalità del Vate d'Italia Gabriele d'Annunzio fa di lui a livello nazionale l'ultimo degli intellettuali rinascimentali, dei Padri della Patria del Risorgimento (l'impresa di Fiume da alcuni era vista come l'ultima guerra garibaldina) e a livello europeo il traghettatore finale tra la mentalità cavalleresca d'Ancien Régime e quella della cultura di massa della contemporaneità; non a casa il d'Annunzio può essere considerato l'ultimo dei condottieri rinascimentali che con un proprio esercito personale occupa la libera città di Fiume con le sue prerogative medievali che affondano nelle concessioni sacro romano imperiali, ma anche il primo dei leader rivoluzionari di uno Stato veramente moderno con i diritti garantiti dalla Carta del Carnaro, redatta dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e promulgata l'8 settembre 1920, collante giuridico - ideologico che univa tutti gli abitanti di Fiume aldilà della condizione socio - economica, dell'etnia, del credo politico e finanche dei gusti sessuali.

Rispondendo a chi ha criticato la scelta del Centro Studi Dannunziani e Patriottici di organizzare a Fiume il Primo Premio Internazionale Reggenza del Carnaro, bollandolo come una provocazione che ricorda una esperienza nazionalista e annessionistica italiana sull'altra sponda dell'Adriatico, la cosa non corrisponde al vero, perché nella sua massima evoluzione politica, la Reggenza del Carnaro, allorché si dota di una Costituzione e di organi esecutivi, legislativi e giudiziari, si comporta come una vera e propria Città -  Stato, facendo rientrare l'esperienza dannunziana fiumana  nella ultima espressione della Fiume, signoria medievale autonoma d'Ancien Régime  prima della  successiva città capoluogo amministrativa di un territorio sia esso sotto l'Italia, la Jugoslavia o la Croazia. La successiva propaganda nazionalista fascista ha interpretato in chiave irredentista l'esperienza fiumana dannunziana,  ma a pieno non può considerarsi così. 

La Carta del Carnaro è la prima costituzione che garantisce il suffragio universale di voto per i cittadini maggiorenni sia maschi che femmine, dando pieni diritti agli operai con la socializzazione delle imprese che crea collaborazione fra impresario e maestranza. A Fiume, anche l'omosessualità era tollerata. Molti di questi diritti solo a partire dal secondo dopoguerra saranno garantiti prima con le costituzioni liberali e democratiche e successivamente con le proteste radicali progressiste del 1968 . Alcuni diritti, in realtà, solo oggi iniziano ad essere tutelati, ma già erano presenti nella Carta del Carnaro, e questo è tutto dire sulla modernità di questa costituzione, veramente progressista e liberale per l'epoca.

La Fiume dannunziana è un vero e proprio pentolone che ribolle con idee rivoluzionarie che quando d'Annunzio decise di rendersi veramente uno stato autonomo a partire dalla seconda metà del 1920 fa paura non solo all'Italia monarchica , papalina e dei capitani d'industria, ma anche al capitalismo internazionale allorché si ha il reciproco riconoscimento fra Reggenza del Carnaro e Urss .

Infatti, fu proprio la paura di una diffusione di una rivoluzione che partendo da Fiume, si fosse diffusa in tutta Italia che portò alla fine, col "Natale di Sangue",  compiuto dalla Reggia Marina su mandato delle potenze liberal - democratiche occidentali (Usa - Gran Bretagna e Francia), del progetto costituzionalista del Carnaro, guarda caso circa quattro mesi dopo l'emanazione della costituzione.

Esiste, tra l'altro,  un collegamento tra d'Annunzio e Lenin, se il russo fu mandato dai prussiani nell'impero zarista per farlo cadere sotto i colpi della rivoluzione bolscevica, il Vate, in esilio forzato in Francia dal 1911 per i debiti contratti alla Capponcina, fu mandato nel 1915 dalla massoneria francese in Italia per portare avanti la propaganda belligerante pro Intesa.

Come Mussolini nel 1922 su Roma, anche il Vate fa la sua marcia su Fiume nel 1919 ma l'epilogo per il poeta soldato non fu positivo come per Lenin e il Duce, poiché a un certo punto la fortuna gli voltò le spalle e non ebbe più gli appoggi voluti e sperati. 

D'altronde, la rivoluzione di Fiume appoggiata dall'Urss faceva paura ai capitalisti di tutta Europa e si preferì in Italia il leader del Fascismo che prese il potere attraverso un compromesso con l'alta borghesia.

Esisteva, dunque, un'affinità ideologica tra il d'Annunzio e Mussolini e tra il d'Annunzio e Lenin. Col Romagnolo l'affinità era principalmente sul Nazionalismo che accumunava i due, mentre con Lenin col Socialismo che accumunava la Carta del Carnaro in campo economico e la politica dei Soviet. 

Siamo ovviamente nella fanta storia, ma ipotizziamo che nel 1920, i legionari dannunziani avessero vinto la battaglia contro le truppe regie, o se queste ultime li avessero fatti passare (come già successo fra l'11 e il 12 settembre 1919 nella marcia da Ronchi a Fiume). Inoltre, che sarebbe successo se, senza il "Volo dell'Arcangelo", il d'Annunzio si fosse incontrato a Ferragosto del 1922 con Nitti e Mussolini....Se il d'Annunzio non avesse esitato (ha rifiutato di incontrare Gramsci dopo aver incontrato a Gardone Riviera nel maggio 1922 l'allora Commissario degli Affari Esteri dell'Urss Cicerin) forse ci sarebbe stata una vera rivoluzione socialista - nazionale nel 1922 e non una incompiuta come quella fascista dell'Ottobre 1922 (ovviamente siamo alle ipotesi perché il socialista Mussolini nel suo realismo politico aveva capito che in quel momento la strada del compromesso era la unica fattibile in quel momento). 

Così non è stato e il d'Annunzio si è chiuso nella "prigione dorata" del Vittoriale degli Italiani, "accontentandosi" (si fa per dire) di entrare nel mito, come il Vate d'Italia, incarnazione vivente della Patria e, quindi come ultimo dei padri del Risorgimento, soddisfacendo l'ego del d'Annunzio superomista.

D'altro canto, il Vate, con le sue idee ha allo stesso modo segnato e continua ad influenzare spiritualmente la coscienza identitaria degli Italiani, rendendo la sua figura immortale al di là delle forme di Stato e di Governo che si sono succedute.    Pertanto, il Centro Studi Dannunziani e Patriottici, promuove l'ecclettica figura del d'Annunzio non solo come il simbolo del più puro sovranismo nazionale in antitesi al globalismo internazionalista, ma anche come icona della lotta alla discriminazione sessuale, religiosa e di genere. 

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia 

 

Fonti: 

https://agenziastampaitalia.it/cultura/cultura-2/69169-il-d-annunzio-e-la-rivoluzione-mancata-in-italia

 https://agenziastampaitalia.it/cultura/cultura-2/69275-amore-e-odio-tra-il-duce-e-il-vate

 

 

 

 

 

 

 

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