(ASI) Gorizia - La Battaglia di Tarnova della Selva, svoltasi sugli altipiani boscosi sopra la città di Gorizia fra il 19 e il 22 gennaio 1945, è uno dei più cruenti scontri convenzionali fra le forze partigiane e i soldati italiani regolari della Repubblica Sociale Italiana.
In particolare, lo scontro combattuto a viso aperto, senza esclusione di colpi, ed entrato nel mito delle battaglie militari della Seconda Guerra Mondiale, ha visto contrapposti il Battaglione "Fulmine" della X Mas di Junio Valerio Borghese a formazioni dell'Esercito di Liberazione Jugoslavo, prevalentemente la Brigata "Srechko Kosovel" del XI Corpus, appoggiata dalle brigatep0ll partigiane italiane garibaldine filocomuniste.
Per la descrizione delle fasi della battaglia ci rifaremo prevalentemente alla testimonianza lasciata dallo scrittore e reduce della X Mas Marino Perisinotto.
LE PREMESSE DELLA BATTAGLIA:
Tarnova della Selva, fino alla Seconda Guerra Mondiale in Provincia di Gorizia, oggi in Slovenia e ribattezzato Trnovo, è un borgo posto sull'omonimo altipiano che controlla l'accesso della strada che porta a Gorizia dall'attuale stazione turistica invernale di Loqua (in Sloveno Lokva), passando fra il verde panorama boscoso fra i monti San Michele, San Gabriele e il Monte Santo, tanto famosi per i combattimenti che si sono svolti per il loro controllo sia nella Prima che nella Seconda Guerra Mondiale.
D'altronde, l'Altipiano di Tarnova, selvaggio, ricco di rilievi accidentati ricoperti di una fitta boscaglia che circondano le scarse strade difficili da percorrere soprattutto in inverno, lo rende il luogo ideale ad una attività di guerriglia, come fecero le formazioni dell'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo che operarono in massa verso la fine della guerra non solo sull'Altipiano di Tarnova della Selva, ma anche sull'attiguo Altopiano della Bainsizza.
A tal fine, le autorità di polizia tedesca e della RSI decisero di lanciare l'operazione "Adler Aktion" per eliminare le formazioni partigiane sugli Altipiani e in tutta la zona del litorale adriatico della Venezia Giulia.
In questa ottica, un ruolo importante é stato svolto dai battaglioni di fanteria di marina della X Mas presenti a Gorizia: il Barbarigo, il Lupo, i Nuotatori Paracadutisti, il Sagittario, la Serenissima, oltre che i gruppi di guastatori "Valanga", genio "Freccia" e quelli di artiglieria San Giorgio e Alberico da Giussano.
Tarnova fu raggiunto e mantenuto dal Sagittario dal 21dicembre fino ai primi di gennaio, per poi essere sostituito da una compagnia del Valanga accompagnata da una batteria di obici da 75/13 del San Giorgio, per un totale di circa 200 uomini , e pattuglie che uscivano e rientravano continuamente dall'abitato per simulare la presenza di un maggiore numero di soldati e tentare di ingannare il nemico.
Il 7 gennaio 1943 vi si aggiunse il Barbarigo, poiché parve aumentare in modo considerevole il movimento delle forze partigiane che le avanguardie dei marò incontravano ogni giorno e quindi l'imminenza di un aggressione.
Ma l'attacco in quel momento non avvenne, così il giorno 8 gennaio il Barbarigo fece rientro a Gorizia, seguito dal 9 gennaio 1945 dagli uomini del Valanga e del San Giorgio che vennero sostituiti da quelli del Battaglione Fulmine, comandato dal TV Eleo Bini che erano tra i più armati alla leggera fra i marò della X Mas, con, tra l'altro, un abbigliamento non adeguato totalmente al rigido clima nevoso alpino, fatto di pastrani, mimetiche grigio - verdi che non mimetizzavano affatto nella neve e di maglioni di lana di cui alzavano i colletti per proteggersi dal freddo.
Effettivamente, il IX Corpus Jugoslavo aveva deciso di eliminare la presenza delle forze dell'Asse sugli Altipiani sopra Gorizia, anche in virtù dei piani della Adler Action finiti in mano partigiana dopo l'uccisione in un attentato del CE Ciarallo il 20 dicembre 1945.
Di assalire Tarnova, come detto, venne incaricata la 19a brigata Kosovel, comandata da Tone Bavec - Cene e dal commissario Edo Klemencic. A tal fine, vennero rinforzati da una compagnia d'assalto, e dotati di quattro cannoni, due fucili anticarro, due mortai pesanti e tre lanciamine di fabbricazione partigiana jugoslava Partrop.
I marò della Fulmine avevano preso la precauzione di allestire delle semplici opere difensive come fossati, nidi di filo spinato, trincee di breccia e terra secca, fortini con tetti di legno, rinforzati con travi e lamiere di metallo, dei depositi di munizioni e un piccolo ospedale da campo. Attorno al borgo di Tarnova una cerchia di dodici bunker e alcune case con funzioni di capisaldi, protetti da buchi, qualche barriera di filo spinato e alcune mine antiuomo che la neve profonda neutralizzava.
IL PIANO DI ATTACCO DELL'ESERCITO DI LIBERAZIONE JUGOSLAVO:
- La colonna della Brigata Kosovel nel tardo pomeriggio del 18 gennaio, con una temperatura di dieci gradi sotto lo zero, si incamminò da Otilica, e passando per Mala Strana, giunse a notte fonda nella selva di Tarnova, accerchiando il paese, mentre soffiava un vento fortissimo.
- Il 1° battaglione, comandato da Anrej Renar, si sarebbe diviso in due colonne a nord - est dell'abitato, dove i boschi vicini alle case in quel lato del paese, offrivano una maggiore protezione. La prima colonna da qui avrebbe attaccato seguendo la strada di Casali Nemci, mentre la seconda quella che scendeva da Rijavci. Il fine da raggiungere era quello di neutralizzare i bunker da 2 a 8, per questo il battaglione venne dotato d6i due cannoni da 47/32 e due da 20 mm, mortai 81, due Partrop ed un Piat che grazie alla vegetazione vicino all'abitato poterono essere fissate a 300 metri dalla linea difensiva dei marò della X.
- Al 2° battaglione venne dato il compito di attaccare da sud, dove si trovavano i bunkek da 9 a 11, tentando di bloccare, tagliando la strada, eventuali tentativi di ritirata dei marò verso Gorizia.
- Il 3° battaglione fungeva prevalentemente da riserva nei boschi a nord - ovest del paese, e solo un suo plotone sarebbe intervenuto subito in battaglia per neutralizzare il bunker 1, sito in posizione isolata a quota 813 (il borgo di Tarnova si trova invece più di in basso a 780 mt slm), mentre gli altri sarebbero entrati nella mischia alla fine dell'assalto eventualmente per finire il nemico o per dare manforte ai compagni.
IL PIANO A DIFESA DI TARNOVA DEL BATTAGLIONE FULMINE DELLA X MAS:
- La prima compagnia della Fulmine X Mas difendeva il settore nord dell'abitato, la seconda quello sud e i Volontari di Francia il lato occidentale del paese, cioè praticamente le spalle dei difensori.
- Per il resto si faceva affidamento alle fortificazioni difensive, come i bunker, il filo spinato, le buche, i muretti, alla migliore posizione strategica dei difensori e, al rapido arrivo di truppe fresche da Gorizia.
- Le cose andarono diversamente perché le comunicazioni e gli spostamenti furono resi difficoltosi dalla forte nevicate e dalle frizioni esistenti fra i comandi tedeschi - italiani e quelli della Decima e fra i comandi italiani e quelli degli slavi alleati dei Tedeschi.
LA BATTAGLIA HA INIZIO LA MATTINA DEL 19 GENNAIO 1945:
- Alle 5.50 del mattino, la brigata Kossovel aprì il fuoco sulle linee italiane, coprendo le spalle alle forze d'assalto. La reazione dei marò fu pronta e decisa, respingendo senza grossi problemi il primo assalto, causando gravi perdite alle forze slave, in virtù di un proiettile di un mortaio Brizia 45 mm che colpendo un deposito di esplosivo, causò molti morti e feriti. Gli attaccanti furono sorpresi dal tiro dei difensori che giungevano da alcune posizioni che le loro spie locali non avevano individuato. Così venne respinto facilmente anche un secondo attacco. I marò della Fulmine avevano individuato la direttrice principale dell' attacco nemico da nord - est.
- Alle 7.00, le prime luci del giorno permisero agli Slavi di migliorare il tiro, usando anche i cannoni contro le postazioni italiane, coprendo così efficacemente l'avanzata della fanteria d'assalto che espugnò i bunker 6-7 e uno sul lato nord. Gli Italiani si rifugiarono in case adiacenti la linea di fuoco che venivano usate come caposaldi. In questa fase i marò della seconda compagnia persero due ufficiali: il G.M. Giovagnorio e il G.M. Giombini.
- Alle 11.30 la radio del nucleo del battaglione Freccia distaccato presso il Fulmine riuscì a mandare il SOS a Gorizia per chiedere rinforzi, mentre continuava incessantemente il tiro anche con armi pesanti delle forze partigiane sulle linee italiane.
- Alle 14.00 un Piat in dotazione alla Kossovel riuscì a distruggere il bunker difensivo n.5. Ilg
- Alle 15.00 il fuoco degli assalitori momentaneamente diminuì, perché i cannoni si erano guastati. Restavano in dotazione però alle forze partigiane i Piat, i Partrop e i mortai che si erano dimostrati efficaci contro le fortificazioni italiane.
- Alle 18.00 il bombardamento dell'EPLJ cessa per una fitta nebbia scesa e l'inizio di una forte nevicata. Continua però l'accerchiamento di Tarnova.
- Alle 21.00 il tentativo di un drappello di tre marò, di liquidare una postazione di tiro nemica, viene bloccata sul nascere dal fuoco di accerchiamento.
- Alle 22 le forze slovene iniziarono un forte lancio di segnali luminosi e razzi per chiamare probabilmente i rinforzi.
- Alle 24.00, compresa la difficoltà slava, i marò della Fulmine contrattaccarono a sorpresa con successo momentaneo, riconquistando i bunker 6 e 7 all'estremo lato orientale del paese di Tarnova.
I marò della Fulmine contavano alla fine della prima giornata 12 morti (2 ufficiali e 10 fra sottufficiali, graduati e soldati), mentre i feriti erano 25 ( 2 ufficiali e 23 tra graduati e marinai feriti). Ad essere colpiti soprattutto la prima e la seconda divisione, mentre la terza dei Volontari di Francia subì solo azioni di disturbo.
La situazione al finire del primo giorno era in sostanziale parità.
I COMBATTIMENTI DEL 20 GENNAIO 1945
- Il contrattacco italiano, scatenò intorno alle 4.30 la reazione del battaglione Kosovel con le restanti armi pesanti ancora funzionanti.
- Alle 6.30, grazie alla copertura dei mortai, dei Piat e dei Partrop, i partigiani riescono a distruggere i bunker 6 e 7 e a impossessarsi delle case limitrofe che erano usate come caposaldi dai marò della X Mas.
- Alle 10.00 caddero in mano jugoslava anche i bunker 3 e 4, così la Fulmine fu costretta ad arretrare la linea difensiva fino al paese. Questo fu interpretato dagli Jugoslavi come un segno di cedimento degli Italiani e decisero di tentare il colpo di grazia, lanciando all'attacco il 3° battaglione di riserva che era nel bosco a nord - ovest di Tarnova.
- Ma, intorno alle 12.00 l'attacco jugoslavo non ebbe l'esito sperato e ci fu una nuova battuta di arresto a causa della forte resistenza dei marò che, soprattutto dal margine occidentale del paese, travolse i soldati dell'EPLJ.
- Alle 14 del 20 gennaio, il comando partigiano decise di gettare nella mischia della battaglia anche il 2° battaglione per cercare di aggirare, isolare e distruggere con l'esplosivo le postazioni nemiche.
- Dopo accesa battaglia, alle 18.00 il 2° battaglione partigiano era riuscito a conquistare solo il bunker n. 11, in virtù del fuoco di sbarramento dei Volontari di Francia che venne attaccato da est dal 1°battaglione jugoslavo, sul fianco sinistro.
- Alle 20.00 gli Jugoslavi riuscirono a conquistare i bunker 8 e 9 e i difensori furono costretti ad asserragliarsi nella osteria del paese ed in alcune abitazioni. Quando una casa veniva incendiata dal nemico, i difensori si spostavano in una abitazione adiacente, combattendo casa per casa.
- Alle 22.00, il comandante della Fulmine Bini, visto il ritardo dell'arrivo dei rinforzi, l'esaurimento dei viveri e delle munizioni, si trovò costretto a ordinare il ritiro delle truppe dal paese, autorizzato via radio dal comando di divisione a Gorizia, per tentare di salvare i superstiti, al gravoso prezzo dell'abbandono dei feriti gravi.
- Alle 23.30, la maggior parte dei marò si radunarono nel comando di battaglione al centro del paese di Tarnova, per riuscire, grazie al favore della notte e della nebbia, a sfondare le linee degli accerchianti e raggiungere la strada verso Gorizia. L'ordine di ritirata non venne recepito da tutti i gruppi dei resistenti, perché affidato alle staffette, così alcuni drappelli di marò rimasero a resistere isolati in due bunker e in alcune case laterali e periferiche, nella parte meridionale del paese. Gli Italiani rimasti nel paese, conoscendo la truce fine che avrebbero fatto in mano ai partigiani jugoslavi, resistevano ad oltranza anche senza munizioni con dell' esplosivo, realizzando bombe a mano artigianali.
La situazione era eroica, ma allo stesso tempo drammatica. I combattenti da ambo le parti che lottavano ferocemente senza esclusioni di colpi, col nucleo centrale dei marò che cercava (riuscendoci) a sfondare le linee nemiche verso occidente, i resistenti disperati al lato meridionale del paese e, infine, il lamento dei feriti prima che incitavano i commilitoni a mettersi in salvo e a tornare a prenderli o a finirli per non cadere nelle mani nemiche, poi trucidati e, infine, il silenzio della scia dei morti lasciati dagli attaccanti ogni nuova casa occupata nel paese. Ogni tanto il fuoco cessava da parte degli attaccanti, con nuovi inviti alla resa che venivano disattesi.
- Alle 24.00, il 2° battaglione jugoslavo conquistò anche il bunker 12 e il 10. Resistevano in mano agli Italiani solo il comando di battaglione e tre case.
21 GENNAIO 1945: I MARÒ DI BINI ABBANDONANO TARNOVA
- Alle 2.30 del 21 gennaio 1945, la Fulmine abbandonò Tarnova mettendosi delle tute mimetiche bianche ricavate con le lenzuola trovate nelle case del paese . Ma, un drappello di uomini della 1° compagnia, al comando del T.C. Stefano Balassa, attardandosi nella ritirata, fu scoperto dai nemici e dovette rifugiarsi in una abitazione e resistere ad oltranza in attesa dei soccorsi, nonostante il ferimento del proprio ufficiale. Al loro fianco, in una casa attigua, resistevano alcuni uomini della 2° compagnia al comando del G.M. Minervini che già circondati nel momento dell'ordine di ritirata, non lo ricevettero e continuarono a resistere ad oltranza. Il G.M.Valbusa per non finire in mano ai partigiani si suicidò con la sua pistola di ordinanza.
- Alle 6.00 di mattina, i partigiani della Kosovel si resero conto di aver conquistato il paese, perciò posti alcuni battaglioni per controllare i residui fuochi di resistenza, cominciarono a depredare tutto quello che trovavano di utile nelle case di Tarnova, a uccidere i feriti, fucilare i prigionieri ed alcuni abitanti del paese rei di aver collaborato con le forze italiane.
- Alle 6.30 di mattina, gli 83 uomini della Fulmine al comando di Bini, sulla strada di Gorizia, incontrarono un reparto motorizzato tedesco Metz, così il comando di divisione informato, poté mandare un autocarro a riprendere i superstiti.
- Alle 10.30, mentre i tedeschi raggiungevano Tarnova abbandonata in fretta e furia dai partigiani jugoslavi, i marò poterono raccontare ai commilitoni quello che era successo. I Tedeschi trovarono i 48 uomini dei G.M. Minervini e Balassa ancora a resistere nelle loro posizioni (avevano avuto intanto 13 feriti, di cui 5 gravi e 8 lievi) e i prigionieri fucilati lungo la strada verso Gargaro.
In totale la battaglia di Tarnova, combattuta con onore da ambo le parti costò 50 morti per gli italiani e 33 per gli Jugoslavi. Il computo dei feriti, invece, era di 42 per gli italiani e di 71 per gli slavi.
Entrambi gli schieramenti rivendicano la vittoria della battaglia, entrata nella mitologia nazionalista sia Slovena che Italiana: gli Jugoslavi (con l'ausilio dei partigiani italiani comunisti garibaldini) perché hanno occupato momentaneamente il paese, gli Italiani per la riconquista di Tarnova, insieme alla 4 divisione motorizzata tedesca, i battaglioni Sagittario e Valanga della X Mas che hanno poi messo in fuga il nemico e soccorso i capisaldi ancora resistenti a Tarnova, arginando i Titini che solo a maggio poterono entrare in Gorizia, abbandonata il 30 di marzo dalla Decima Mas su ordine del governatore provinciale del Reich che non gradiva la loro presenza Rahn, non prima di rendere omaggio al monumento dei caduti della Prima Guerra Mondiale, deturpato dagli slavi collaborazionisti dei nazisti con la compiacenza delle autorità germaniche - austriache.
A Tarnova, i ragazzi della Decima combatterono in condizioni molto difficili, lasciati soli e non soccorsi dalle forze germaniche; Borghese aveva dato loro l'ordine di resistere ad oltranza e di non fare avanzare gli Jugoslavi in Venezia Giulia,
difendendo le città italiane
anche dalla furia dei germanici in ritirata. Nella politica del Terzo Reich, c'era invece l'idea di trasformare la costa adriatica settentrionale in una area annessa all'Austria e per fare ciò i Tedeschi si avvalevano anche di forze slave loro alleate anti italiane come i Dobromanci sloveni, gli Ustascia croati e i Cetnici serbi che combattevano per il Reich e che le autorità tedesche non volevano e potevano inimicarsi.
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia
Nella foto, le bare dei caduti della Fulmine a Tarnova nel Duomo di San Leonardo a Conegliano Veneto (TV) il 14 febbraio 1945 - ( Foto Archivio C. Pansarasa).
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