(ASI) Perugia- Cari lettori ASI, dopo i primi tre excursus sulla nuova legge 219/2017, siamo giunti all’ultima parte delle nostre sintesi, intese come piccoli strumenti per aiutare i cittadini a districarsi tra nuovi e vecchi istituti giuridici spesso difficili da affrontare o gestire.
Al nostro esame sono rimasti gli ultimi tre articoli, anche se è il quinto, l’unico ad avere la necessità di essere illustrato, in quanto tratta di un argomento innovativo, anche se ben noto alla prassi clinica, ovvero la Pianificazione Condivisa delle Cure. L’art. 5 in questione prevede la possibilità di concordare i trattamenti sanitari quando la malattia evolve in una patologia cronica o invalidante o quando si caratterizza da un’inarrestabile evoluzione con prognosi infausta. In questi casi l’equipe medica è tenuta ad attenersi a quanto pianificato congiuntamente con il malato, qualora quest’ultimo non sia più in grado di esprimere il suo consenso o si trovi in una condizione d’incapacità.
Al secondo comma la legge elenca alcune garanzie per il malato o meglio, articola quelli che sono i criteri informativi cui i sanitari debbono attenersi per fornire un quadro adeguato sullo scenario che si presenta al loro assistito. Il medico deve informare, adeguatamente, circa il possibile evolversi della patologia in atto, quanto il malato possa attendersi in termini di qualità della vita, le possibilità cliniche d’intervenire e le cure palliative.
In seguito a questa pianificazione, la norma prevede l’espressione di un consenso anticipato da parte del paziente, rispetto a quanto proposto dal medico, ed indica i propri intendimenti per il futuro, compresa, dice la legge, l’eventuale indicazione di un fiduciario. Ebbene, questa previsione lascia un po’ perplessi, perché sembra un doppione del già previsto testamento biologico, ben regolato dalle DAT, che abbiamo visto nell’articolo precedente, terza parte della nostra carrellata. Perché il legislatore non ha semplicemente richiamato la possibilità di redigere le Disposizioni? Perché ricorrere ad un istituto ad hoc per la pianificazione delle cure, quando si tratta di risolvere problematiche assolutamente normali in occasione di malattie gravi o croniche? Una delle possibili risposte potrebbe essere data dal fatto che la legge abbia voluto istituire uno strumento più veloce ed agevole del testamento, anche se al comma 4 dell’art. 5 torna a prevedere la forma scritta per chi ne sia in grado e la video registrazione o i dispositivi idonei, per i malati con disabilità nella comunicazione.
Il documento che contiene la pianificazione delle cure deve essere inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. Non è un immodificabile, tanto è vero che può essere aggiornato in base all’evoluzione della malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.
La norma transitoria, in chiusura, prevede l’applicabilità delle disposizioni della legge 219/2017 a tutti i documenti atti ad esprimere la volontà dei disponenti in merito a trattamenti sanitari, depositati presso un notaio o presso il comune di residenza, prima dell’entrata in vigore della legge di cui ci occupiamo. La previsione è molto interessante in quanto, nell’ultimo decennio, il desiderio di regolare l’ultima fase della propria esistenza è stata molto avvertita dalla cittadinanza, che ha tentato, con scarso successo, anche di farsi nominare dall’autorità giudiziaria, amministratori di sostegno in anticipo. Tentativi falliti, posto che i giudici italiani non trovavano il conforto della legge, per poter approntare i rimedi richiesti dai malati in fieri o dai sani particolarmente previdenti. Fine.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia
Articoli precedenti.
Seconda parte: http://agenziastampaitalia.it/speciali-asi/speciale/37353-testamento-biologico-e-consenso-informato-habemus-legem-seconda-parte