V.Q.: Egregio Sig. Aldo, intanto grazie dei aver accettato di esser intervistato. Posso chiederle dove abitava?
A.M: a Fiume, dietro il palazzo del Governo, in Via Buonarroti.
V.Q: Ho avuto modo di visionare la planimetria di Fiume in diverse occasioni. C'erano diversi viali... Si ricorda ad esempio di Viale Mussolini a Fiume?
A.M: Certo. Prima si chiamava Viale Mussolini, poi diventò Viale delle Camicie Nere. E lì vicino c’era Viale del Littorio, con campi da Tennis dove andavo a giocare. I bei tempi della mia giovinezza!
V.Q: La stazione dei treni di che epoca era?
A.M: Sicuramente d’epoca austroungarica, non successiva.
V.Q: Mi racconta un po’ del centro città?
A.M: Certamente. Il centro era Piazza Dante e Piazza Regina d’Elena, dove v’era un’ancora, come monumento (dentro un’aiuola) della prima nave da guerra italiana giunta a Fiume.
V.Q: E ricorda, ad esempio un'altra città, come... Pola, la regina dell'Istria?
A.M: Sì, Pola era un centro piuttosto piccolo, e i paesini erano parte integrante della città. Medolino mi è rimasta nel cuore, infatti agli anni ’60 ci sono tornato, come unica e seconda volta con la mia città. Sono stato anche a Pisino, quando passavo per il Monte Maggiore. Per viaggiare e andare in Jugoslavia ai fiumani non serviva il passaporto, bastava all'epoca solo un lasciapassare.
V.Q: Era per caso più conveniente comperare al di là del confine?
A.M: Sì, ma non molto. Fiume era un porto franco. Si comperava al di là del confine prodotti come latte, burro, carne. Le Mlecarize erano le donne che portavano il latte, da Mleca, che vuol appunto dir latte in lingua croata.
V.Q: Ricorda il 27 gennaio come festività celebrata in città?
A.M: No, non ricordo il 27 gennaio come giorno dell’annessione. Ricordo invece il 30 ottobre 1918, la giornata del referendum, ove la gente si espresse con un secco 99% per l’Italia.
V.Q: Com’era la sua vita?
A.M: I primi anni di vita, abitavo a Palazzo Modello, che era all’inizio del Corso (ora è il luogo del ritrovo degli italiani rimasti). Ricordo con piacere il Corso, la Torre Civica, Piazza Dante, di fronte al Molo Adamich.
V.Q: Che mestiere svolgeva suo padre?
A.M: Mio padre era funzionario, Vicesegretario del Comune, da lui dipendevano il servizio di Polizia e il Servizio Annonario. Era molto amico del Senatore Gigante, e del Podestà.
V.Q: E lei invece, che studi ha fatto?
A.M: Io a Fiume ho solo studiato fino al liceo, e in città erano presenti i licei: classico, scientifico e le scuole medie. Poi mi sono laureato a Milano e a Roma, in chimica. Sono andato via da Fiume nel 1941. Ho fatto l'esame di maturità, pensi, il 10 giugno 1940! Sono stato esortato ad andare, il giorno della prova, dai professori, ed è stato molto facile.
V.Q: Quindi è andato via dalla città nel 1941?
A.M: Sì, mi pare prima dell’arrivo dei tedeschi. Invece, dopo dell'arrivo degli slavi in città, sono andati via i miei genitori. Alcuni miei amici sono stati catturati e destinati ai lavori forzati, ma poi liberati. (Commozione nel citare i suoi amici, ndr).
V.Q: Parliamo di altre questioni. E’ vero, ad esempio, che durante il ventennio i nomi o i cognomi venivano italianizzati obbligatoriamente?
A.M: Mah, direi di no, affatto. Per esempio, lo –ich che è frequente in molti cognomi giuliani, istriani e dalmati, vuol dire figlio, come il Mac scozzese. Ricordo un amico di Lussinpiccolo che cambiò leggermente il cognome, ma perché così volle! Ah, Lussinpiccolo era più grande di Lussingrande…
V.Q: Ho visto molte foto della fisionomia cittadina, corrispondono? Ad esempio, il famoso grattacielo esisteva già prima della guerra?
A.M: Nel 1940 c’era già il grattacielo, all’inizio di Via Carducci. Finiva lì la pianura, e si saliva verso la montagna. La pianura continuava verso Abbazia. Ci andavo spesso lì, in bicicletta, erano circa 11 chilometri, per andare a trovare la ragazza. Era così bella Abbazia, fiorita tutto l’anno. Il clima cambiava completamente quando si faceva la curva per andare alle cave di Preluka. Non c’era più la bora, ma boschi, palme…
V.Q: Com’era la cultura dell’epoca?
A.M: La cultura dell’epoca era molto più liberale che nel resto d’Italia. La mentalità austroungarica era rimasta, particolarmente in quelli della mia generazione. L’etnia era completamente italiana. La gente sapeva il tedesco, e più vecchi l’ungherese. Io sono anche ebreo, come i miei genitori.
V.Q: Quindi lei era parte della comunità ebraica della città di Fiume? E cosa successe dal 1938 in poi?
A.M: Sì. Durante il ventennio, dal 1938, sono stato espulso dalla scuola, in quanto ebreo, e sono andato a studiare privatamente a Milano.
V.Q: In guerra, che scelta ha fatto? Con chi ha combattuto?
A.M: Mi sono unito con i partigiani, sono stato ferito e catturato dai tedeschi, e portato in campo di concentramento a Bolzano e poi a Vipiteno, perché gli americani avevano interrotto la strada per Auschwitz.
V.Q: E del Fascismo a Fiume, cosa ricorda? Viste le recentissime dichiarazioni di Berlusconi, lei, ebreo ed esule giuliano dalmata, che opinione ha?
A.M: Era tollerato. Mussolini non era né osannato né criticato. Io ero iscritto alla GIL e alla Legione Marinara. Ho visto di persona il Re d’Italia, ma mai il Duce. Era il giorno della consegna dell’incrociatore Fiume. Mussolini fino al 1938 non era male, visto poi quello che abbiamo avuto e quello che abbiamo oggi…
V.Q: Ricorda figure eccezionali della cultura fiumana, ad esempio, Mario Angheben?
A.M: No, ricordo Via Angheben, che era vicino a Palazzo Modello…
V.Q: Le altre città come Cherso, Lussino, Arbe? Ricorda se erano a prevalenza italiane?
A.M: L’etnia di tutte era italiana. Fiume avrà avuto 60-70.000 abitanti, Pola la metà. Ma non vorrei sbagliarmi.
V.Q: Zara?
A.M: A Zara andavo in villeggiatura, col traghetto da Fiume, con la famiglia d’estate…
V.Q: Va bene, grazie moltissime per la Sua disponibilità.
A.M: Grazie a lei.
V.Q: Arrivederci, alla prossima.
A.M: Arrivederci…
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia