(ASI) Lo scorso 15 novembre, presso un albergo di Vienna, diversi partiti identitari ed euroscettici si sono incontrati per discutere di una piattaforma di cooperazione in vista delle elezioni europee della primavera prossima e per redigere un documento comune. Oltre al belga Vlaams Belang, al francese Front National, all’olandese Partij voor de Vrijheid (Pvv) e all’austriaco Freiheitliche Partei Österreichs (Fpö), era presente anche la Lega Nord.
Europa, euro, politiche commerciali e migratorie, allargamento, riforme demografiche e delle regole di Schengen sono stati i principali temi trattati durante quello che la stampa ha definito il meeting di Vienna. Ne abbiamo parlato con l’unico rappresentante della Lega presente, l’onorevole Lorenzo Fontana, capodelegazione del Carroccio in Europarlamento. Trentatreenne, veronese, ama da sempre - come scrive sul suo sito personale - “la gente e le tradizioni” della sua “terra veneta”. Fontana nell’intervista che segue ha inoltre dimostrato di essere persona schietta, poco incline al politically correct.
Onorevole Fontana, cosa accomuna la Lega agli altri movimenti del meeting di Vienna?
L’idea di Europa. Ovviamente rispetto al Front National francese della Le Pen e al Fpoe austriaco di Strache siamo diversi in politica interna, noi siamo indipendentisti e loro nazionalisti. Ma come loro pensiamo che l’Europa deve tornare ai popoli, difendere tradizioni e identità, affermare le proprie radici cristiane per allontanare da un lato i pericoli del relativismo laicista e dall’altro quelli del fondamentalismo islamico. La nuova Europa deve altresì riacquisire sovranità economica e monetaria, gestire con fermezza, sostenibilità e regole certe i flussi migratori. Sogniamo una confederazione d’Europa unita nel difendere Stati e macro-aree regionali dai processi della globalizzazione economica, vedi l’invasione del made in China, e rispettosa delle microeconomie locali, ad esempio nel settore agricolo. Proveremo a costruire un’Europa più indipendente dagli USA e quindi unita politicamente sui grandi temi come la politica estera, l’esercito comune e l’immigrazione, ma rispettosa delle diverse autonomie al suo interno.
Come risponde a un’accusa che viene spesso rivolta a movimenti come i vostri, ossia di essere populisti e xenofobi?
Da tempo tra i mass media e gli avversari politici è in voga un giochino furbo quanto fuorviante: modificare le parole per renderle negative. Ci definiscono populisti, in realtà siamo orgogliosamente popolari. Populista è colui che segue i bassi istinti e gli umori della gente e cambia idea a seconda dei sondaggi. La Lega invece da vent’anni sull’Europa, i trattati di Maastricht e Schengen dice le stesse cose. Sull’euro già nel 1999, in piena retorica “eurista”, denunciavamo i pericoli della moneta unica. E sia nel parlamento nazionale che in quello europeo abbiamo votato contro tutte le “euro-fesserie”. Noi abbiamo ideali, progetti e contenuti e li proponiamo, poi gli elettori decidono.
Quanto alla xenofobia?
C’è parecchia superficialità, per non dire ignoranza, in coloro che ci definiscono xenofobi. La Lega è per l’autodeterminazione dei popoli, quindi per definizione rispettosa e amante di tutte le culture e le etnie del mondo. Noi difendiamo solamente le nostre radici e identità dal pericolo sociale e culturale del multi-etnicismo all’interno della stessa comunità. Chiunque viva nelle grandi città europee sperimenta ogni giorno i danni di politiche troppo libertarie in merito, quindi sa cosa intendo dire. Noi siamo per l’immigrazione delle regole, sostenibile dal punto di vista sociale ed economico, dunque siamo per accogliere chi ha un lavoro e rispetta il nostro ordinamento. L’integrazione è un concetto che non va imposto, tantomeno teorizzato, se proprio fa il suo corso naturale. È una violenza imporlo, è un po' come se a casa tua ti obbligassero a fare entrare chiunque e a dargli ospitalità anche se non hai un letto e quindi rinunciare alla tua intimità. Far entrare tutti, magari clandestinamente, in nome di un falso sentimento di solidarietà è il vero razzismo. Personaggi come la Kyenge che alimentano i viaggi della falsa speranza - poi spesso terreno di morte, vedi strage di Lampedusa - sono involontari complici del nuovo schiavismo. Rispetto dei diritti umani è far entrare solo chi può vivere dignitosamente che, di conseguenza, non sarà un problema per lo Stato e la comunità che lo ospitano.
Lei ha affermato che siete stati i primi, vent’anni fa, a “denunciare i meccanismi poco democratici delle istituzioni europee” e inoltre che “bisogna riformare i trattati”. Eppure nel 2008, quando il testo del Trattato di Lisbona è stato sottoposto al voto del Parlamento, qui in Italia, lo hanno votato all’unanimità anche i deputati del Carroccio…
E rivendichiamo la scelta, perché fu una decisione politica perfettamente coerente alla nostra storia e a quanto tutt’ora asseriamo. Il Trattato di Lisbona diede un impulso al principio di sussidiarietà, quindi più potere ai popoli, anche attraverso l’aumento di potere nei processi decisionali dei parlamenti nazionali. Poi su certi temi, vedi immigrazione, anche quel Trattato va riformato, perché l'immigrazione è un fenomeno transnazionale e l’Europa non può lavarsene le mani.
Uno dei temi caldi di questi mesi un po’ in tutto il continente, non solo al meeting di Vienna, è il fallimento della moneta unica europea. Lei ritiene proficua e, soprattutto, realistica un’uscita dell’Italia dall’euro? In un’economia globalizzata può apparire poco percorribile questa ipotesi. Per l’Italia preluderebbe almeno due gravi scenari come la fuga di capitali verso Paesi con valute più forti e la crescita esponenziale dell’inflazione…
Anche chi sostiene questo ignora o è in malafede. Il centrosinistra quindici anni fa ci definiva ottusi, provinciali e triviali perché contrari all’illuminante futuro della moneta unica. I risultati si sono visti. Adesso lo stesso centrosinistra, che in realtà - alla faccia degli ideali dei loro elettori - è mondialista e per il grande capitale e la grande finanza, da un lato è costretto a darci ragione visti i dati e le cause insindacabili della crisi, tuttavia pur di difendere lo status quo che favorisce i suoi amici banchieri sostiene che ormai è troppo tardi e l’euro dobbiamo tenercelo. A parte che questa loro remissività al destino cinico e baro fa tristezza: l’uomo politico, ricordo, deve avere l'ambizione di cambiare lo status quo quand’esso non funziona; a parte questo, faccio presente che ci sono fior di economisti non allineati come Rinaldi, Bagnai e Borghi e premi Nobel come Krugman, che è di sinistra, che hanno spiegato in più riprese com’è possibile uscire dall’eurozona. Il professor Ross Mcleod, infine, sul Wall Street Journal scrive espressamente di una fase di transizione di tre anni.
Poco dibattuta è una delle cause della crisi economica, ossia il calo demografico, questione che ad esempio la Russia di Putin sta affrontando invece in modo incisivo. Quali politiche propone per incrementare un indice di natalità che, soprattutto in Italia, langue?
Bisogna incentivare le giovani coppie a fare figli ed è necessario perciò sostenere politiche per la famiglia, nucleo su cui da millenni si fonda la nostra civiltà. Come? Attraverso assegni familiari e sgravi fiscali agli adulti genitori e alle imprese che hanno dipendenti in maternità. Spesso le aziende sono timorose di assumere giovani donne proprio perché poi diventeranno madri, ma se una donna non lavora, non può far figli, ecco allora che si crea un circolo vizioso.
Esiste una convergenza tra i movimenti del meeting di Vienna anche sui cosiddetti temi sensibili? Da deputato europeo può dirci qualcosa sulla Risoluzione Estrela?
Sì, c’è piena sintonia su valori cristiani, distinzione tra laicità e laicismo e politiche per la famiglia tradizionale. Sulla vergognosa Risoluzione Estrela ci siamo battuti e il 9 dicembre il parlamento europeo l’ha affossata definitivamente grazie al decisivo lavoro politico della Lega Nord. Abbiamo sventato il pericolo di una risoluzione che avrebbe incentivato l’aborto, indebolendo l’opera degli obiettori di coscienza e delle associazioni sia laiche che religiose che sostengono le giovani donne incinte, e avrebbe chiesto agli Stati di insegnare l’educazione sessuale, anche gender, ai bambini senza il consenso dei genitori.
Sostenete che sia necessario arginare i massicci flussi migratori e che perciò vanno definiti accordi bilaterali con i Paesi da cui essi partono. Come è possibile siglare accordi di questo tipo con Paesi come la vicina Libia, in cui oggi sembra regnare il caos? Non è forse da attribuire in gran parte alla politica estera di alcuni Stati occidentali l’incremento nel Medio Oriente di guerre, povertà e infine emigrazione?
Ai tempi di Gheddafi il ministro Maroni fece l’accordo con la Libia e i risultati furono positivi. In politica estera, piaccia o meno, occorre realpolitik, si fa presto a fare le anime belle, ma poi appunto caduto Gheddafi si è visto che il dopo è pure peggio. Quanto alla povertà del Terzo Mondo, forse è in parte anche colpa dell’Occidente che col colonialismo ha depredato le risorse naturali di quei popoli, infatti la Lega da sempre dice: aiutiamoli a casa loro! Il che significa appunto fare in modo che sfruttino il loro territorio e le loro risorse. Certo è difficile, perché in quei Paesi manca ancora una cultura politica democratica e una gestione economica della cosa pubblica equilibrata e sostenibile. Quello che è certo è che l'Europa e l’Occidente, se proprio devono intervenire in soccorso, lo devono fare all’interno di questi Stati e non attraverso politiche migratorie sconsiderate. Altrimenti è il caos e creiamo un doppio danno: loro continuano a rimanere poveri e in miseria ci finiamo pure noi.
Dobbiamo aspettarci che alle prossime elezioni europee la Lega si schiererà al fianco degli altri movimenti intervenuti al meeting di Vienna?
Sì, c’è già un accordo in merito. Uniti per una nuova Europa dei Popoli e delle Regioni.
Federico Cenci - Agenzia Stampa Italia