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La siccità in USA condiziona la fame dell’AFRICA

(ASI) L’area statunitense della Corn Belt (comprendente gli stati Iowa, Illinos, Indiana e porzioni di stati limitrofi), meglio nota come “cintura del mais” in quanto accoglie le maggiori coltivazioni di cereali, è investita nelle ultime settimane da un’ondata di siccità che sta mettendo in ginocchio la produzione stagionale.

Secondo il parere degli agronomi «questa è una fase cruciale nel ciclo di vita dei vegetali dal momento che siamo nel periodo dell’impollinazione e per il granturco coincide con la formazione dei granelli nelle pannocchie». L’elevate temperature che colpiscono le piante già stressate dalla carenza di piogge primaverili rischiano, pertanto, di far crollare la resa delle coltivazioni. Se a questo aggiungiamo che le scorte di cereali sono ai minimi livelli e che prima del nuovo raccolto diminuiranno ulteriormente, si potrebbero prevedere effetti nefasti per il comparto cerealicolo. Tuttavia, a preoccupare non è tanto un’annata di raccolto andata male, quanto le speculazioni finanziarie messe già in atto dagli speculatori e gli effetti fatali che queste potrebbero generare ai danni di quel miliardo di persone – secondo stime FAO – che giornalmente si trova costretto a fronteggiare la problematica della fame. Tale minaccia è altamente probabile se solo si pensa che la devastante crisi alimentare del biennio 2007-2008 sia stata causata proprio dalle speculazioni finanziarie sui prodotti agricoli posta in essere dall’abilità – per non dire incoscienza – dei trader che hanno trasformato, per la prima volta nella storia, le merci in patrimoni finanziari.

L’operazione descritta, consistita nell’intreccio del capitale speculativo con quello produttivo, non ha sicuramente rafforzato il sistema alimentare globale ma, viceversa, ha prodotto un drastico indebolimento e, conseguentemente, una eccessiva volatilità dei prezzi dei beni. Gli strumenti finanziari maggiormente utilizzati per speculare sull’andamento delle materie prime sono i derivati che, nati come mezzi di copertura dei rischi, si sono trasformati in strumenti della speculazione permettendo di scommettere sull’andamento di un dato prodotto o titolo finanziario.

Così, attraverso i derivati si potrebbe acquistare ad un prezzo pattuito “oggi” con la controparte, un quantitativo di un bene (es. grano) in una “data futura” con la conseguenza che se il prezzo del bene dovesse aumentare rispetto a quello precedentemente fissato, l’acquirente otterrebbe un guadagno, altrimenti una perdita. Ovviamente, tali gigantesche scommesse su un determinato bene influenzano pesantemente i prezzi, condizionandoli, e alterano il meccanismo della teoria dei mercati efficienti di matrice economica neoclassica che, com’è noto, basano il prezzo di un bene sull’autoregolamentazione dei mercati in cui si incontrano la domanda e l’offerta. Pertanto, se in passato – in cui vi erano maggiori controlli e una più pregnante regolamentazione finanziara – una siccità negli Stati Uniti provocava una diminuzione dell’offerta sui mercati, si aveva un aumento del prezzo del bene che, di conseguenza, produceva una riduzione della domanda per giungere così a un nuovo equilibrio. Tuttavia, dal momento che la speculazione ha stravolto questi meccanismi, una siccità potrebbe far ipotizzare agli investitori un aumento del prezzo dei beni e, di conseguenza, indurli ad investire ingenti somme sul loro acquisto, con l’immediato effetto di un aumento del prezzo superiore a quello dettato unicamente dai fondamentali e dalla realtà. Automaticamente, anche i piccoli investitori – indotti dall’aumento del bene – saranno incentivati ad investire e ciò procurerà un ulteriore aumento del prezzo che attrarrà ancora altri investitori producendo un’aspirale al rialzo. La perversione di tale meccanismo farà sì che sui mercati finanziari la domanda diventi una funzione crescente del prezzo del bene, completamente all’opposto di quanto postulato dalla teoria della domanda e dell’offerta. È, in buona sostanza, attraverso questo subdolo meccanismo che in tempi brevissimi aumentano in modo inesorabile e sconvolgente i prezzi delle commodity, e si generano delle bolle speculative che continuano a gonfiarsi enormemente rispetto ai valori che suggerirebbero i fondamentali. Ovviamente, colui che acquista quando i prezzi sono bassi e vende ai massimi è chi si trova in posizione di forza sui mercati finanziari disponendo di maggiori informazioni ed esperienza, come nel caso delle grandi banche di investimento e degli hedge fund. Tutto ciò, come è facile intuire, ha delle fatali ricadute sulle popolazioni dei sud del mondo che, destinando mediamente l’80% del loro reddito al fabbisogno alimentare, sarebbero letteralmente ridotte in brevissimo tempo alla fame se ci fosse un repentino aumento dei prezzi.

In definitiva, non occorre sperare solo che ritorni a piovere nella Corn Belt, ma anche che a livello internazionale si intraprendano serie e definitive misure di regolamentazione delle attività finanziarie.

Filippo Romeo Agenzia Stampa Italia

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