(ASI) Budapest – Mentre si intensificano le offensive belliche alle porte dell’Europa, va in scena l’ennesimo scontro fra l’Ungheria di Viktor Orbán e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky. Questa volta, c’è di mezzo il settore finanziario.
La scintilla è scoppiata quando, nelle scorse settimane, Kyiv ha deciso di inserire nell’elenco degli “sponsor della guerra” la banca magiara OTP. Non un istituto qualsiasi, bensì la più grande banca commerciale ungherese, nonché uno dei gruppi più importanti in Europa centro-orientale.
La notizia è stata diffusa dal portale “War and Sanctions”, un vero e proprio archivio digitale che contiene la lista aggiornata di tutti gli individui e le imprese sanzionate in seguito all’invasione voluta da Vladimir Putin. Il sito – sostenuto dal Ministero degli Esteri e dall’Agenzia anticorruzione ucraini – mostra anche un elenco dettagliato delle società internazionali che continuano a operare in Russia nonostante le restrizioni occidentali.
Ed eccoci al punto dolente. Stando alle analisi del portale, infatti, OTP non ha mai abbandonato i suoi 2,2 milioni di clienti sparsi in oltre 1.850 città russe. Al contrario, il mantenimento in funzione delle filiali l’ha resa “una delle banche leader nel mercato russo dei servizi finanziari anche dopo l'invasione dell'Ucraina”.
Gli esperti hanno consultato i bilanci e si sono resi conto di quanto il regno di Putin sia fruttuoso per la banca magiara. Nel 2021, ad esempio, il profitto netto ha raggiunto i 37,6 miliardi di fiorini. Cifra che è pari al 7,6% del profitto totale registrato dal Gruppo OTP.
E non finisce qui. Il giornale ucraino “ZN,UA” sostiene che OTP offrirebbe ai combattenti moscoviti e alle loro famiglie condizioni più favorevoli e prestiti agevolati. Accanto a ciò, i siti Internet delle filiali russe definirebbero come semplice “operazione speciale” la guerra in corso. L’istituto ungherese avrebbe inoltre riconosciuto le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, annesse dal Cremlino tramite un referendum giudicato illegale da gran parte della comunità internazionale.
Da qui la deliberazione di inserire la banca magiara nella lista delle organizzazioni “sponsor della guerra”. Afferma in merito il portale ucraino: “OTP non solo riconosce ufficialmente le cosiddette repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, ma fornisce anche condizioni di credito preferenziali ai militari russi, ovvero li premia per i crimini di guerra commessi”.
Accuse gravissime, che hanno sin da subito scatenato l’irritazione di Budapest. Il ministro degli Esteri ha commentato: “Tale decisione è assolutamente ingiusta e non ha nulla a che fare con la realtà. OTP non ha violato alcuna norma ucraina o internazionale”. Secondo Péter Szijjártó, l’Ungheria confina con l’Ucraina e ha quindi tutto l’interesse di far tacere al più presto le armi. Il ministro ha poi ricordato che Budapest sta attivamente aiutando Kyiv nell’ospitare un milione di rifugiati e nel finanziare la ricostruzione di scuole e ospedali.
Eppure, il governo di Orbán non sembra affatto intenzionato a soprassedere. Così, la scorsa settimana lo stesso Szijjártó ha dichiarato inequivocabilmente che Budapest si opporrà all’erogazione di nuovi finanziamenti europei per la difesa ucraina finché OTP Bank non verrà depennata dalla lista nera di Kyiv. Il ministro, per di più, ha già annunciato il veto sull’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, attualmente in preparazione a Bruxelles.
Alla recente riunione informale dei membri Nato Szijjártó ha rincarato la dose, esprimendo la sua ferma contrarietà all’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza atlantica. “Dobbiamo dirlo chiaramente: l'adesione di un paese in guerra non può essere all'ordine del giorno”, ha sentenziato lapidario. Il ministro ha bollato come “un’illusione evidentemente irrealizzabile” la proposta di allargamento caldeggiata dal Segretario generale dell’organizzazione, Jens Stoltenberg.
È un complesso gioco di specchi fatto di provocazioni e ritorsioni, quello fra Budapest e Kyiv. Il presidente Zelensky non ha mai digerito l’atteggiamento ambiguo di Orbán dinanzi alle violenze quotidiane commesse dal Cremlino. Il Primo ministro magiaro, conscio dell’eccessiva dipendenza dall’energia e dalle materie prime moscovite, ha sempre detto di voler mettere al primo posto l’interesse nazionale, scatenando peraltro l’irritazione delle cancellerie europee.
Nel bel mezzo dei combattimenti, ciò rischia di mettere a repentaglio la stabilità dell’Ue in un momento quantomai cruciale per la sopravvivenza dei tradizionali equilibri di potere.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia