(ASI) Bruxelles – Il legame fra Ucraina e Unione europea è più saldo che mai. Lo è oggi e lo sarà sempre più in futuro. Ma la strada verso la pace è lunga. C’è ancora molto da fare.
Il 9 febbraio il Capo dello Stato Volodymir Zelensky ha pronunciato un accorato discorso in occasione del Consiglio europeo straordinario convocato a Bruxelles. Assieme ai Primi ministri degli Stati membri, ad ascoltarlo c’erano il Presidente del Consiglio, Charles Michel, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il capo della diplomazia comunitaria, Josep Borrell e la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola.
I vertici europei hanno accolto Zelensky con tutti gli onori. Hanno ascoltato con attenzione le sue parole. Intensi applausi hanno a più riprese interrotto il suo intervento.
Un’orazione molto enfatica, apertasi con una rivelazione allarmante. I servizi segreti ucraini avrebbero intercettato “un dettagliato piano russo per ribaltare l’ordinamento democratico” in Moldavia. Obiettivo ultimo del Cremlino sarebbe il rovesciamento della Repubblica parlamentare guidata da Maia Sandu, prima presidente donna in carica dal dicembre 2020. Il paese proclamò l’indipendenza dall’Unione sovietica nel 1991, per poi aderire all’Onu l’anno successivo. Da allora, è membro delle principali organizzazioni internazionali quali la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale del commercio.
Dimostrazione, questa, delle intenzioni guerrafondaie di Vladimir Putin. Brame imperialiste che, a detta di Zelensky, non si fermano al controllo sulle ex repubbliche sovietiche: “Mosca ambisce a distruggere la libertà dell'Europa per divenirne il padrone autoritario”. Il presidente ha messo in guardia i colleghi dalle velleità dominatrici del Cremlino per cui il nostro continente non è altro che “un territorio ricco di risorse da conquistare e saccheggiare”.
Il Capo dello Stato ucraino ha citato due fra i più illustri padri fondatori dell’Ue, Robert Schuman e Jean Monnet, lodandone l’apporto indispensabile alla costruzione di una comunità libera, coesa. Alla luce dei drammatici avvenimenti odierni, tuttavia, è necessario aggiungere un nuovo principio fondante: “Se riuscirete a fornire all'Europa la sicurezza di cui ha bisogno i vostri nomi, colleghi miei, verranno incisi nella memoria storica accanto a quelli di Schuman e Monnet”.
Vi è un solo modo per irrobustire la tenuta dell’edificio comunitario: “Non è possibile immaginare un’Europa libera senza un'Ucraina libera”. Per Zelensky, l’esercito di Kyiv sta combattendo per i propri cittadini così come per i cittadini moldavi e per tutti gli europei che credono nella pace e nella democrazia. Sostenere la loro tenace lotta, quindi, significa proteggere il resto del continente dalle grinfie violente della classe dirigente moscovita.
È questo il messaggio chiave lanciato ai massimi vertici dell’Unione: i destini di Kyiv e Bruxelles sono irrimediabilmente intrecciati. E non è un caso se nel discorso ricorre spesso il riferimento in prima persona alla “nostra casa comune europea”.
Zelensky ha ringraziato i Primi ministri partecipanti al Consiglio per aver dato il via libera all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Una deliberazione storica, approvata in tempi velocissimi. Una decisione caratterizzata da marcati connotati securitari: “L'avvio dei negoziati per l'adesione incarna il solido pilastro della nostra sicurezza comune”.
Ma per il presidente resta ancora molto da fare per contrastare l’aggressione russa e indebolire l’apparato di guerra del Cremlino. È indispensabile, innanzitutto, liberare i territori ucraini illegittimamente occupati dal nemico. Il riferimento è ai nodi strategici della Crimea e di Sebastopoli, al pari delle quattro regioni orientali annesse l’anno scorso tramite un referendum giudicato illegale dalla comunità internazionale.
“Dobbiamo rafforzare le dinamiche della nostra cooperazione”: Zelensky ha ribadito ai colleghi la massiccia richiesta di assistenza militare sul campo. Ha menzionato, nello specifico, l’invio di artiglierie e munizioni, carri armati di ultima generazione, missili a lungo raggio, aerei all'avanguardia. Armamenti dalla spiccata portata offensiva, capaci di inasprire ulteriormente il livello dello scontro con Mosca. Un tema delicato, questo, su cui gli Stati membri non riescono a trovare una posizione univoca a Bruxelles.
E poi c’è la questione altrettanto divisiva delle sanzioni. Il presidente ha accolto con favore i nove pacchetti finora varati dall’Ue. Tuttavia, in seguito ai continui attacchi a obiettivi civili e infrastrutture strategiche, egli ha sollecitato il Consiglio a estendere le restrizioni all’industria dei missili e dei droni. Zelensky ha anche criticato la mancata penalizzazione del settore nucleare russo: “Ci sono passi ancora da compiere. Pensateci, la Russia sta minacciando una catastrofe nucleare. Ciononostante, il suo settore nucleare è al momento esente da sanzioni globali. È normale? Io ritengo di no”.
Infine, il presidente ha lanciato un forte appello affinché venga resa definitivamente giustizia: “I terroristi russi devono rispondere di ciò che hanno commesso”. Per Zelensky l’unica via da perseguire è l’istituzione di un tribunale internazionale ad hoc contro il crimine di aggressione. Colpisce, a tal proposito, il reiterato ricorso al termine “terrorista”. Il medesimo impiegato insistentemente dalla classe dirigente moscovita per screditare agli occhi dell’opinione pubblica le autorità di Kyiv.
“L'Ucraina non ha mai voluto questa guerra. Non l’ha mai cercata, non l'ha mai provocata. L’Ucraina ha sempre aspirato alla pace”: così si è congedato il Capo dello Stato. Nelle sue parole la speranza dell’ingresso di Kyiv in un’Europa unita, libera, pacificata.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia