(ASI) Col 76,66% dei consensi, Vladimir Putin viene confermato dall'elettorato alla Presidenza della Federazione Russa. Si tratta del suo quarto mandato, il secondo consecutivo, che in virtù della riforma dei termini di scadenza approvata nel 2008 (da quadriennale a sessennale), lo proietterà alla guida del Paese sino al 2024.
Il risultato era apparso piuttosto scontato alla luce del favore popolare di cui gode l'ex vicesindaco di San Pietroburgo e l'assenza di candidati di peso che potessero anche solo minimamente mettere in dubbio il trionfo del leader.
Come di consueto, al secondo posto, sebbene a distanza siderale dal vincitore, si è piazzato il candidato comunista, che per la prima volta dopo tanti anni non è lo storico leader Gennadij Zjuganov bensì l'imprenditore agricolo Pavel Grudinin, con l'11,8% dei consensi. Alle sue spalle, si sono attestati il solito Vladimir Zhirinovskij, leader del Partito Liberaldemocratico (ma in realtà, a dispetto del nome, fermo su posizioni piuttosto nazionaliste), e la candidata sostenuta dalla piattaforma di ispirazione liberale "Iniziativa Civica", ovvero la giornalista Ksenia Sobchak, volto noto della televisione russa, nonché figlia dell'ex sindaco di San Pietroburgo Anatolj Sobchak, ai tempi in cui lo stesso Putin era vicesindaco.
L'affluenza, pari al 67,53% degli aventi diritto, è tornata a crescere dopo il calo di 4,45 punti percentuali registrato nella precedente tornata del 2012 rispetto al 2008. Di fatto, due russi su tre hanno scelto di confermare Putin, sempre più "uomo forte" del Paese, ritenuto l'unico in grado di poter risollevarne le sorti. Tra i vari fattori storici, spicca infatti la capacità dimostrata tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila di ricostruire un tessuto socio-economico dilaniato nel caotico periodo immediatamente successivo alla dissoluzione dell'URSS. Si tratta di un elemento che ancora pesa molto sull'opinione pubblica russa, anche tra chi magari non ha molta fiducia nel governo Medvedev e spera che l'economia possa ricevere quella decisiva spinta riformatrice - anche in termini di welfare - che ancora deve compiersi appieno.
Tuttavia, tra i fattori più recenti che hanno sicuramente contribuito al successo di Putin, c'è proprio la ripresa economica dopo almeno un biennio di crisi e recessione, in seguito al crollo del prezzo internazionale del petrolio e alla caduta del rublo. La maggioranza dei russi ha così attribuito al suo presidente la capacità del sistema-Paese di rialzarsi, con un PIL tornato in crescita dell'1,5% già lo scorso anno (e previsto all'1,7% per quest'anno), e di consolidare la stabilità macroeconomica, come sottolineato anche dagli analisti della Banca Mondiale, tenendo sotto controllo l'inflazione, oggi ferma al 2,2%, mai così bassa in Russia nella storia post-sovietica.
Sul piano esterno, invece, la generale ostilità mostrata da Unione Europea e Stati Uniti, confermando le sanzioni commerciali ed insinuando ossessivamente interferenze russe in qualsiasi campagna elettorale nei Paesi occidentali, non ha fatto che compattare l'elettorato attorno a Vladimir Putin, considerato l'unico in grado di proteggere il Paese non solo dal terrorismo internazionale (intervento in Siria) ma anche da quello che - a torto o a ragione - viene percepito come un accerchiamento nei propri confronti.
La forte espansione della NATO verso Est tra il 1999 (con i primi ingressi di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca) e il 2017 (con l'ultimo ingresso del Montenegro), e gli stretti contatti tra il governo ucraino post-Maidan e l'establishment americano, proseguiti anche dopo l'arrivo di Trump alla Casa Bianca, hanno lasciato pochi dubbi ai russi, che, pur dividendosi su molti argomenti, sono tradizionalmente uniti nel percepire il clima ostile da parte occidentale e nel pretendere dalla propria leadership una risposta adeguata. Non è un caso che anche quel 23,34% che non ha votato il presidente riconfermato si è orientato in gran parte verso candidati come Grudinin e Zhirinovskij, che in politica estera accentuano - e non poco - le posizioni di Putin, spesso addirittura criticato per eccesso di diplomazia.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia