Brexit: Londra cresce. Soros perde 1,5 miliardi. Milano debole. Merkel e Junker - “uscita o 'commissariamento' Regno Unito”

(ASI) La borsa di Londra ha chiuso in netto recupero la seduta di ieri. Questa notizia, non certo di poco conto in condizioni normali, suona come uno straordinario epitaffio per gli analisti, le élite europeiste e per l’alta finanza speculativa.
Non si è dunque concretizzata nessuna delle profezie apocalittiche che erano state fatte prima del referendum della settimana scorsa. Gli scenari, che vedevano nella migliore delle ipotesi una recessione di nove mesi, con la svalutazione del 20% della sterlina britannica, si sono invece rivelati assolutamente esagerati rispetto alla realtà. Quest’ultima oggi parla chiaro: Londra ha recuperato il 3,59% che, sommato alla chiusura in territorio positivo della seduta di martedì, ha di fatto consentito al Regno Unito di Gran Bretagna di recuperare in sole 48 ore oltre la metà delle perdite accusate nei giorni successivi al referendum. Il girono successivo alla Brexit infatti la borsa della City chiudeva con un ribasso del 3,9%; paradossalmente la miglior borsa europea. Già dalle sedute successive le perdite avevano iniziato a ridursi fino allo straordinario risultato di ieri. Anche la sterlina ha frenato la propria discesa nei confronti del dollaro e si è attestata su una svalutazione dell’8,1% stabile. Si tratta sicuramente del dato peggiore degli ultimi 30 anni, ma, con la ripresa della borsa di Londra, gli scenari per il recupero della sterlina sono tutt’altro che un ipotesi.

Borse europee in rialzo. Milano debole per veto tedesco e ripensamenti di Renzi

Sulla scia di Londra, tutte le principale borse europee sono tornate in rialzo. Parigi e Francoforte hanno chiuso in recupero rispettivamente del 2,6% e dell’1,75%. Quest’ultimo non è certo un risultato eccezionale, ma, a fronte delle perdite limitate dei giorni successivi allo shock della Brexit, la borsa di Francoforte ha recuperato buona parte delle perdite. Discorso diverso per piazza affari. Il giorno successivo alla Brexit, Milano era stata la peggior borsa europea avendo chiuso in ribasso del 12% con un trend negativo durato fino alla seduta di lunedì. Nella giornata di ieri Milano aveva chiuso in rialzo del 3,30%, mentre oggi il rialzo è stato più contenuto limitandosi al 2,20%. A limitare il rialzo nella giornata odierna, la debolezza dei titoli bancari in seguito al diniego della Germania di attuare migliorie al sistema economico europeo onde tutelare i risparmiatori. La proposta, in seguito al diniego della cancelliera tedesca Merkel che aveva affermato “non possiamo cambiare le regole ogni due anni”, ha perso l’immediato sostegno dell’Italia, che pure l’aveva formulata. La richiesta è stata abbandonata da Renzi, che dopo il parere negativo di Berlino, si era subito affrettato a dichiarare che “la questione della revisione delle regole U.E. non è all’ordine del giorno, e comunque si possono tutelare i risparmiatori anche con le regole vigenti”. L’atteggiamento confusionario, e il disconoscimento delle proprie iniziative da parte dell’Italia, unito alla percezione di un paese servo succube privo di mente propria, hanno spinto i mercati alla vendita dei titoli bancari italiani. Questi ultimi erano peraltro stati al centro del crollo della borsa della scorsa settimana accusando cali che andavano dal 25% di Bpm al 35% di Unicredit e Intesa San Paolo. Nella giornata odierna gli unici titoli del credito italiano a registrare un andamento positivo sono Unicredit (+2,5%) e Generali Assicurazione (+2,36%), e Mediobanca (+3,47%).

George Soros vittima del Brexit

Tra le più eccellenti vittime del Brexit, oltre a Piazza Affari, anche il magnate e filantropo internazionale George Soros. L’uomo che nel 1992 speculò contro la sterlina inglese determinandone l’uscita dalla SME (Sistema Monetario Europeo) e la svalutazione di oltre il 15% guadagnandosi l’appellativo di “giustiziere della Banca d’Inghilterra”; ha perso oltre 1,5 miliardi euro in seguito alla Brexit. Le perdite di Soros, paragonabili quasi al guadagno della “buona speculazione” del 1992, come egli stesso la definì, sono state determinate dall’eccessiva fiducia di quest’ultimo nella vittoria del “Remain”. George Soros, attivamente impegnato nella campagna per far rimanere il Regno Unito nella U.E., aveva infatti dato per certo l’esito del referendum, e non aveva dunque mantenuto il proprio patrimonio di liquidità in sterline inglesi. In seguito alla svalutazione della moneta britannica Soros ha finito per essere vittima del meccanismo che a suo tempo ideò e sfruttò per speculare sulla banca d’Inghilterra prima, e sulla Banca d’Italia poi, determinando la recessione economica dei due paesi nel quinquennio successivo.

Le reazioni politiche dell’ “Euro - Germania”

Sul piano politico l’Unione Europea, a trazione tedesca, teme ora l’effetto “contagio” della Brexit. I risultati positivi di Londra potrebbero infatti rischiare di creare un pericoloso effetto “ottimistico” tra gli euroscettici. Venendo a cadere l’effetto deterrente degli scenari apocalittici sul piano socio – politico ipotizzati in caso di uscita dall’eurozona, sia la cancelliera tedesca Merkel , che Jean Claude Junker, sono corsi ai ripari affermando – “Fuori significa fuori. LA Gran Bretagna ha deciso di uscire quindi uscirà. Non permetteremo speculazione per strappare ulteriori concessioni all’Unione Europea, ne accetteremo un contro referendum d’autunno per il rientro. Ci aspettiamo che il successivo governo britannico in carica ufficializzi l’uscita quanto prima”. Da parte sua la Gran Bretagna ha stabilito l’insediamento del successore di David Cameron entro il 9 settembre prossimo. Il primo provvedimento all’ordine del giorno per il nuovo capo del governo sarà appunto l’ufficializzazione della richiesta di uscita dalla U.E. “In caso contrario” – fano sapere da Berlino –“apriremo una procedura contro il Regno Unito sulla base della violazione dell’articolo 4 che stabilisce il principio “della leale cooperazione”. In tal caso invocheremo l’articolo 7 che stabilisce la “sospensione dei diritti” e “il mantenimento degli obblighi” con il “sistema delle decisioni a maggioranza” da parte degli altri 27 membri dell’Unione”. L’Euro – Germania ha fatto insomma sapere che, in caso di mancata o tardiva ufficializzazione dell’uscita britannica dalla U.E., scatterà il commissariamento del paese poiché, in base alle norme degli articoli invocati, la “perdita dei diritti” comporta la perdita di potere decisionale e propositivo all’interno dell’Unione, e la perdita del diritto di voto. In sostituzione del voto inglese voterebbero gli altri paesi membri prendendo di fatto decisioni al posto della Gran Bretagna che quest’ultima sarebbe tenuta ad osservare.

Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia

 
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