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(ASI) Sono giorni concitati per il premier turco Recep Tayyip Erdogan. Dopo la repressione poliziesca di giugno, rimasta impressa nella memoria della comunità internazionale, il Premier sta riconfermando una linea militaresca che stavolta potrebbe avere delle serie ripercussioni nel lungo periodo.

La Turchia, da trenta anni impegnata in trattative di inclusione nell'Unione Europea, sembra subìre sempre di più il dirottamento dal rispettto dei diritti umani.

Nella giornata del 9 settembre ad Antakia la polizia ha ucciso un manifestante di 22 anni, colpito mortalmente in testa da un lacrimogeno.

La vittima, Ahmet Atakan, stava manifestando per chiedere un processo per gli organi di polizia rimasti totalmente impuniti dopo la repressione del governo dello scorso giugno.

Nelle giornate di sangue susseguitesi dal 28 maggio scorso, conosciute come scontri di Gezi Park, si sono contati sei morti e circa 4mila feriti fra le vittime della brutalità della polizia.

La difesa da parte degli abitanti del quartiere Gezi di Istanbul del proprio parco, condannato al disboscamento per il progetto di un centro commerciale, ha generato così un effetto domino di manifestazioni contro il governo che da allora non si sono mai fermate.

In particolare, la manifestazione del 9 settembre chiedeva giustizia per l'assassinio di un ragazzo di soli 14 anni, Berkin Elvan, colpito da un lacrimogeno dalla polizia mentre era in strada per andare a comprare il pane per una vicina.

Ahmet Atakan, la giovane vittima, si era unito al dissenso degli studenti del Politecnico del Medio Oriente di Ankara, impegnati anche sul fronte della difesa del bosco del proprio campus, minacciato di essere abbattuto per la costruzione di un'autostrada.

L'inizio dell' anno scolastico in Turchia ha infatti dato nuova linfa ai movimenti giovanili che chiedono il rientro della nazione negli standard democratici e laici.

L'obiettivo dei movimenti è rioccupare Gezi Park quanto prima per riprendere la lotta contro il governo.

La Turchia dei giovani contesta anche l'impronta religiosa di Erdogan, leader del partito islamista AKP, impegnato in una nuova islamizzazione della nazione.

Dalla mezzanotte del 10 settembre è entrata infatti in vigore la contestata legge anti-alcol, che vieta la vendita di alcolici dalle 10 di sera alle 6 del mattino, e nel raggio di 100 metri da scuole e moschee.

Dagli scontri di Gezi Park Erdogan ha vietato ogni dissenso di piazza, sdradicando ogni anelito di manifestazione con cariche di idranti, pallottole di gomma, gas lacrimogeni.

Nonostante il suo mandato di governo sia inaccettabile per una parte della nazione, Erdogan ha tutta l'intenzione di inaugurare una stagione di forza anche in politica estera.

Erdogan ha schierato blindati e truppe al confine con la Siria, lungo 900 chilometri, per confermare il suo appoggio alla linea interventista di Stati Uniti ed Israele per un attacco al Presidente Bashar al Assad.

Erdogan è impegnato da tempo nella lotta contro Assad, avendo foraggiato il Fronte dei ribelli Al Nusra, ed ha confermato la linea intrepresa con la mobilitazione delle forze armate turche.

Sul Monte Kal il premier sta costruendo una base militare in un punto cardine dello scacchiere siriano, fra la Russia e la Siria, di fronte alla formazione delle flotte interessate.

L'attenzione turca dovrà restare vigile anche sul fronte dell'Iraq, dove i guerriglieri del PKK del passato leader Abdullah Ocalan, impegnati nella pacificazione fra la popolazione curda e la Turchia, accusano il premier di non aver rispettato i patti.

Circa 3mila guerriglieri curdi del PKK hanno interrotto lo spostamento dal Kurdistan turco all'Iraq, denunciando un “inganno” politico da parte della Turchia.

I guerriglieri del PKK a marzo avevano infatti concordato con la Turchia un trasferimento nelle sedi in Iraq, in cambio del rilascio di prigionieri politici e dell'innalzamento degli standard democratici per la popolazione curda.

Ma nulla di tutto questo è stato realizzato da Erdogan.

Maria Giovanna Lanotte – Agenzia Stampa Italia

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