(ASI) Sguardo intenso e serio, immagini che si susseguono sullo schermo. Poche battute, quelle tra Teraq Aziz, ministro degli esteri e vice primo ministro dell’Iraq sotto il governo Saddam Hussein, e Richard Butler, capo della Commissione Unscom per il disarmo dell’Iraq. Poche battute in grado di raccontare una storia, la storia “deviata” dalle 935 dichiarazioni false fatte dal governo statunitense di George W. Bush durante l’invasione, più volte contestata, nel territorio iracheno.
Una storia firmata, o meglio filmata, da padre Jean-Marie Benjamin con il suo “Teraq Aziz: l’altra verità”, proiettata in anteprima nazionale all’Ora Hotel Cenacolo di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, sabato 27 ottobre. Il documentario, aggiudicatosi il primo premio al “Silent River Film Festival” di Los Angeles, ripercorre con oggettiva storicità gli avvenimenti che hanno sconvolto l’Iraq dal 2001 al 2011, spiegandone i contorti meccanismi geopolitici che hanno messo letteralmente in ginocchio questa terra. Una finta democrazia importata con l’inganno della violenza. Non sono bastate le 221 dichiarazioni false dell’allora presidente statunitense George W. Bush e neanche le quattrocento mila tonnellate di uranio impoverito usate per bombardare l’Iraq, padre Benjamin, attendendo fino all’ultimo il momento giusto, ha saputo cucire tra loro fotogrammi di verità che narrano la realtà dei fatti.
Una verità condivisa anche da Hans Von Sponeck che, dopo essere stato coordinatore delle Nazioni Unite del progetto “petrolio per cibo” dal 1998 al 2001, decise di dimettersi. Queste le parole di Sponeck: “E' evidente che Washington vuole porre fine ai suoi undici anni di egoistica politica di contenimento del regime iracheno, per cercare di destituire Saddam Hussein e il suo governo con la forza. L'attuale politica di sanzioni economiche ha distrutto la società irachena causando la morte di migliaia di persone, giovani e vecchi. Ogni giorno ci sono le prove di questo nei resoconti di stimate organizzazioni internazionali come la Caritas, l'Unicef e Save the Children”.
Parole che suonano sibilline. Siamo nel 1991, quando le forze armate irachene entrano in Kuwait City. Saddam Hussein, contando nell’appoggio dell’Urss, azzarda troppo e non mette in conto il legame che unisce il Kuwait con Stati Uniti e Arabia Saudita. In novembre, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite elaborò la Risoluzione 678, che richiedeva al governo del Rais di abbandonare il Kuwait entro il 15 gennaio 1991, pena la possibile rappresaglia militare. Scoppiò, successivamente, quella che venne ribattezzata la “Guerra del Golfo”: il conflitto durò per la verità assai poco e nel febbraio del ‘91 Saddam Hussein accettò il cessate il fuoco incondizionato. Negli anni a seguire l’embargo e le sanzioni economiche imposte misero letteralmente il paese in ginocchio. Se prima, infatti, la popolazione irachena poteva vantare uno degli standard più alti di vita tra i paesi del medio oriente, ora è completamente devastata dalla fame. Racconta tutto questo e molto di più padre Benjamin con un’intervista a Teraq Aziz in grado di proiettare verso un imminente, poco promettente, futuro in Medio Oriente.
Elena Testi - Agenzia Stampa Italia
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