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Obama resiste alle pressioni di Netanyahu e della lobby filo-israeliana USA.

(ASI)Alle incognite di un attacco all'Iran continua a preferire un accordo raggiunto pacificamente per via diplomatica. “Obama evita di incontrarsi con il primo ministro israeliano Netanyahu”. Così titolavano l'11 settembre scorso alcuni media statunitensi (www.huffingtonpost.com), riferendosi al mancato meeting con il presidente USA insistentemente voluto, e quasi imposto, dall'omologo di Tel Aviv, forte del sostegno della potentissima lobby filo-israeliana come sempre particolarmente attiva prima delle elezioni presidenziali americane.

 Meraviglia, sconcerto e disappunto tra i nemici del presidente Obama, dunque, accompagnati da rinnovate accuse di essere “troppo duro con Israele e troppo poco con l'Iran” (Romney).  Non senza aggressioni verbali di sapore razzistico, come quella della cantante israelo-americana Madonna Ciccone, che non ha risparmiato al suo presidente l'appellativo di “musulmano nero”. Ben più grave della bonaria, per quanto infelice, battuta dell'allora presidente del Governo italiano, Silvio Benlusconi, che “scandalizzo” i democratici di mezzo mondo identificando Barak Obama con un signore “dal viso abbronzato”.

Tanto clamore per nulla, comunque, poiché un colloquio di Obama con Netanyahu ha ugualmente avuto luogo. Ma nel corso della loro conversazione telefonica di ieri la richiesta di un appoggio militare ad un'attacco israeliano contro la Repubblica Islamica dell'Iran, espressa da Netanyahu, almeno per il momento è stata respinta dal presidente USA – anche se ciò potrebbe avergli alienato parte del facoltoso elettorato ebraico (gli Ebrei in USA sono ca. 8 milioni). Ma è evidente che Barak Obama può fare a meno di questi voti interessati ed “estorsivi”. Egli, più che sugli elettori statunitensi di fede mosaica o sulle lobbies finanziarie, fa affidamento sul consenso sulla massa dei cittadini USA, sui poveri, sui discendenti degli aborigeni, sui desheredados, sui 40 milioni di “intoccabili” che la spietata logica del potere turbo-liberista vorrebbe lasciare senza assistenza sanitario-ospedaliera, perché non hanno i mezzi per pagarsela, sono un peso per lo Stato (Romney) e, come “aggravante”, non sono neanche bianchi. Ma – come soleva dire il Presidente Arafat, riferendosi alla sua amata Palestina – “il cambiamento viaggia con la demografia” e, nel 2012, per la prima volta negli USA le nascite di bambini non-bianchi (in primo luogo ispanici, afro-americani, orientali) hanno finalmente superato quelle dei bianchi. Dunque non è difficile prefigurare un futuro abbastanza prossimo, che vedrà una maggioranza non-bianca negli USA (come già in Gran Bretagna) detenere irreversibilmente il potere politico e, soprattutto, esprimere una qualificata classe dirigente – la nuova classe dirigente del Nord-America, al posto dell'attuale dominata dagli Yankies. E questo Obama lo ha ben compreso. A differenza di Netanyahu e i suoi fans, inclusa Madonna Ciccone.

Giulio Attardi – Agenzia Stampa Italia

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